CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 novembre 2021, n. 36888
Tributi – IVA – Aliquota agevolata per i sussidi tecnici e informatici destinati a disabili – Condizioni – Disabilità motoria – Autocertificazione personale del soggetto disabile – Illegittimità
Osserva
La Società E.L.U. s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento, emesso per l’anno d’imposta 2008 ai fini IVA e II.DD., con il quale venivano contestati i presupposti per l’applicabilità del regime Iva agevolato previsto dalla tabella A, parte II del DPR 633/72 in relazione alla cessione di prodotti asseritamente volti al soddisfacimento delle esigenze di portatori di disabilità (essenzialmente vasche da bagno con apertura frontale o laterale) e recuperava a tassazione la maggiore Iva secondo l’aliquota normale del 20% in quanto non era stata certificato dagli acquirenti, la condizione di disabilità.
La Commissione Tributaria Provinciale di Bologna rigettava il ricorso. La contribuente impugnava la decisione e la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia, con sentenza n. 996/09/15, depositata il 11.5.2015, accoglieva l’appello.
La CTR riteneva che nei casi di sussistente disabilità motoria, in presenza di certificazioni mediche specialistiche già rilasciate da parte del medico specialista dell’ASL di appartenenza, la condizione poteva essere autocertificata personalmente dal disabile ai fini dell’aliquota agevolata.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza, con un motivo.
La contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1. La contribuente ha eccepito, nel controricorso, l’inammissibilita del motivo unico di ricorso dell’agenzia fiscale. Deduce che la questione della insufficienza dell’autocertificazione ai fini del riconoscimento dell’aliquota agevolata non era contestata nella motivazione dell’avviso di accertamento, che anzi l’aveva ritenuta idonea.
La questione era stata proposta dall’Agenzia delle Entrate irritualmente solo nella sede processuale; il giudice aveva quindi pronunciato oltre l’oggetto “cristallizzato” del processo ossia “oltre i limiti della domanda”. L’ultrapetizione era stata censurata con tre motivi di appello, non esaminati dalla CTR.
L’eccezione è inammissibile trattandosi di vizio del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), che avrebbe dovuto costituire oggetto di impugnazione mediante proposizione di specifico motivo di ricorso incidentale condizionato per evitare che si formasse il giudicato implicito sulla questione processuale (Cass. 9108/2012).
Il giudicato implicito in materia processuale risponde al criterio ordinante dell’esame logico delle diverse questioni che il Giudice deve compiere per passare all’esame del merito secondo una sequenza decisionale diretta a precludere, una volta passato all’esame delle questioni di merito, la ripresa dell’esame di questioni processuali logicamente pregresse.
La ricorrenza del vizio di omessa pronuncia, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, va esclusa quando, in difetto di statuizione espressa, la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 19 giugno 2018, n. 16164; Cass. sez. 1, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. sez. 1, 11 settembre 2015, n. 17956; Cass., 08/03/2007, n. 5351, in un caso in cui la S.C. ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame).
La esclusione della configurabilità di un vizio di “omessa pronuncia” ex art. 112 c.p.c., è chiaramente significativa del fatto che la sentenza che ha pronunciato sul merito ha fornito implicitamente risposta – pur senza statuire espressamente sul punto – alla questione processuale presupposta, e ciò indipendentemente dalla eventuale impugnativa rivolta contro le argomentazioni della sentenza che sorreggono la statuizione che decide sul merito. Il che è a confermare che la inscindibilità tra questione processuale presupposta e questione di merito dipendente non impedisce di potere ravvisare un duplice oggetto (processuale e di merito) e quindi due autonome statuizioni (implicita ed esplicita) ciascuna delle quali specificamente impugnabile onde evitare la preclusione di un successivo riesame.
Non può ritenersi, infatti, che solo una statuizione espressa sulla questione processuale onera la parte della relativa impugnazione. Il Giudice è tenuto a conoscere delle questioni presupposte ed a pronunciare su di esse. La pronuncia sul merito implica, sempre, la decisione della questione pregiudiziale in rito presupposta, espressamente o implicitamente; al contrario la pronuncia sulla questione pregiudiziale “implicata” bene può essere definita indipendentemente dall’esito, di accoglimento o rigetto, della pronuncia sulla questione di merito dipendente. Quest’ultima potrebbe, infatti, ricevere diversa valutazione da parte dei giudici nei vari gradi del giudizio ma ciò non impedisce di affermare che, se la questione di merito ha avuto ingresso ed ha costituito oggetto del giudizio, in tanto ciò si è potuto verificare in quanto la questione in rito preliminare è stata comunque risolta (implicitamente) in senso sfavorevole (in questo senso da ultimo Cass. 6762/2021; Cass. 20315/2021).
L’esistenza di un rigetto implicito in relazione al vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado impugnata porta ad escludere che il Giudice abbia inteso percorrerre la via più breve per la definizione del giudizio, optando per la scelta della “ragione più liquida”, ossia trascurando “deliberatamente” di prendere in esame ogni altra questione, incluse quelle processuali.
2. Con il motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del DPR 445/2000, dell’art. 2 del DM 14.3.1998, dell’art. 39 della legge 448/98 e dell’art. 49 della legge 445/2000, 2696 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Lamenta che la CTR aveva affermato il diritto all’applicazione dell’Iva agevolata nei confronti del cedente di beni destinabili a persone con disabilità, ritenendo sufficiente che l’acquirente attesti con autocertificazione il proprio stato fisico.
La censura è fondata.
Ai sensi dell’art. 2, comma 9, del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, l’aliquota IVA agevolata del 4% si applica anche ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Con il D.M. 14 marzol998 sono state individuate le condizioni e le modalità per l’applicazione di tale agevolazione; in particolare, si considerano sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso all’informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio.
Con tale ultima disposizione il legislatore ha inteso estendere le agevolazioni già previste per gli ausili in senso stretto anche a prodotti di comune reperibilità che possono migliorare l’autonomia delle persone con disabilità (cfr. risoluzione n. 57/E del 3 maggio 2005).
Con decreto del Ministro delle finanze del 14 marzo 1998, da ultimo modificato dall’art. 29-bis del decreto legge 16 luglio 2000, n. 76 e dall’articolo 1 del decreto ministeriale 7 aprile 2021 (in vigore dal 4 maggio 2021), sono state individuate le condizioni e le modalità per l’applicazione dell’agevolazione in esame.
In particolare, l’articolo 1 del citato d.m. 14 marzo 1998 prevede che l’aliquota del 4 per cento si applica “Alle cessioni e importazioni dei sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104”.
Il successivo articolo 2, al comma 1 precisa che “Si considerano sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio”. L’Articolo 2 comma 2 recita: I soggetti portatori di handicap, ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento, per le cessioni dei sussidi tecnici ed informatici effettuate direttamente nei loro confronti producono il certificato attestante l’invalidità funzionale permanente rilasciato dalla unità sanitaria locale competente e la specifica prescrizione autorizzativa rilasciata dal medico specialista della azienda sanitaria locale di appartenenza dalla quale risulti il collegamento funzionale tra il sussidio tecnico ed informatico e la menomazione di cui sopra.
3. La documentazione prevista nel precedente comma è prodotta al cedente anteriormente all’effettuazione della cessione ovvero all’ufficio doganale all’atto della presentazione della dichiarazione di importazione.
A fronte del chiaro dettato della norma deve escludersi, come erroneamente ha fatto la CTR che si possa applicare all’acquisto del prodotto l’aliquota agevolata del 4% solo sulla base di una disabilità motoria autocertificata personalmente dal disabile.
In materia di IVA, le norme che prevedono aliquote agevolate costituiscono un’eccezione rispetto alle disposizioni che stabiliscono quelle ordinarie in via generale” (natura) che deve essere riconosciuta a detta “disposizione” siccome attributiva, di un vero e proprio “beneficio” tributario, per effetto dell’applicazione di una aliquota IVA minore della ordinaria (Cass.7124/2003; Cass. 14904/2001).
Questa Corte ha più volte affermato che il soggetto che emette la fattura è responsabile dell’IVA dovuta, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Eventuali dichiarazioni rilasciate dal cessionario o dal committente che indichino l’applicazione di particolari aliquote agevolate non libera il cedente delle sue responsabilità nei confronti dell’erario.
Il termine «autocertificazione », assume infatti un preciso significato giuridico di dichiarazione formale con valore sostitutivo di atto di notorietà resa nei confronti della pubblica amministrazione con particolari formalità e con assunzione di responsabilità in caso di falsità delle dichiarazioni rese, concernente stati, qualità personali o fatti di cui il contribuente sia a diretta conoscenza.
L’ordinamento giuridico riconosce al cittadino il diritto di comprovare determinati fatti, stati o qualità personali attraverso dichiarazioni rese alla Pubblica Amministrazione in sostituzione delle normali certificazioni ma non anche ai privati.
Il ricorso deve essere, pertanto accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla CTR dell’Emilia anche per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia anche per le spese.
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