CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 novembre 2021, n. 43602

Reati tributari – Omesso versamento di ritenute e Iva – Procedura di concordato preventivo – Ammissione – Scriminante dell’omesso versamento – Esclusione – Necessità del provvedimento del tribunale

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 14 maggio 2019, il Tribunale di Lanciano, all’esito di giudizio abbreviato, condannava C. A. D.M. D.B. alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 1 e mesi 4 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole di più episodi (capi A, B, C e D) dei reati di cui agli art. 10 bis e 10 ter del d. lgs. n. 74 del 2000, a lui contestati perché, in qualità di legale rappresentante della società “S.S. V.L. s.r.l.”, ometteva di versare le ritenute scaturenti dalla autoliquidazione della dichiarazione mod. 770 (capi A e D), nonchè l’Iva dovuta in base alle dichiarazioni annuali (capi B, C e D), con riferimento gli anni di imposta 2014, 2015 e 2016. Con sentenza del 22 gennaio 2021, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rideterminava la pena a carico dell’imputato, riconosciute le attenuanti generiche, nella misura di mesi 8 di reclusione, confermando nel resto la decisione del Tribunale.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello abruzzese, D.M. D.B., tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.

Con il primo motivo, la difesa eccepisce il difetto di motivazione della sentenza impugnata, avendo la Corte di appello omesso di argomentare in ordine agli effetti, sotto il profilo penale, della falcidiabilità del credito Iva, il quale, come avvenuto nel caso di specie, può essere oggetto dal gennaio 2017 di transazione fiscale ai sensi dell’art. 182 ter della legge fall., il che comporta l’esclusione della responsabilità della legale rappresentante della società, essendo la transazione fiscale ancora in itinere e avendo la società aderito alla cd. rottamazione ter di cui all’art. 3 del decreto legge n. 119 del 2018.

Né la Corte territoriale si sarebbe pronunciata sugli effetti incongrui che derivano dal mancato coordinamento tra norme tributarie ordinarie, che consentono la rateizzazione per il pagamento dell’iva, e quelle penali tributarie, che invece prevedono un reato omissivo istantaneo, il quale si perfeziona alla scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, essendo del tutto irrilevante la rateizzazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, incidendo tale corto circuito tra norme sulla sussistenza dell’elemento soggettivo.

Con il secondo motivo, è stato appunto censurato il giudizio sulla configurabilità dei reati sotto il profilo soggettivo, rilevandosi che la ” V.L. ” è una società di calcio che ha militato a lungo nei campionati di serie C, disputando anche la serie B per 4 anni consecutivi, fino alla stagione 2015-2016, dopodiché ha cessato la propria attività sportiva a livello professionistico, non iscrivendosi al campionato di Lega Pro, depositando nel 2017 istanza di concordato preventivo; questo epilogo societario non ha più consentito all’imputato di proseguire con il pagamento dei ratei dell’Iva e con i pagamenti delle ritenute, venendo egli, con la richiesta di ammissione alla procedura concorsuale, privato di ogni autonomia di azione, agendo nella condizione di cd. “spossessamento attenuato” che caratterizza, secondo la dottrina, la posizione dell’imprenditore il quale, pur conservando la gestione dell’impresa, perde la sua autonomia operativa. Di qui l’assenza del dolo del ricorrente, dovendo egli rispettare le regole della procedura concorsuale attivata, almeno fino alla data del 25 maggio 2018, data in cui il concordato non è stato omologato per la mancata approvazione dei creditori.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

1. Iniziando dal primo motivo, deve osservarsi che, già nel giudizio di primo grado, la difesa ha sollevato il tema dell’accesso alla definizione agevolata del debito tributario da parte della società amministrata dall’imputato e già in quella sede il Tribunale (con motivazione che è stata poi molto più sinteticamente ripresa dalla Corte di appello) ha rilevato come sia rimasta indimostrata l’eventuale ammissione alla procedura da parte dell’organo accertatore, e ciò sia rispetto alla transazione fiscale, sia con riferimento alla cd. “rottamazione ter”.

È stata in tal senso richiamata la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 6591 del 26/10/2016, dep. 2017, Rv. 269146), secondo cui, in tema di reati tributari, va esclusa la configurabilità del delitto di omesso versamento delle ritenute d’imposta dovute e certificate, in presenza di una transazione fiscale concordata ai sensi dell’art. 182-ter della legge fallimentare, ove omologata prima della consumazione del reato coincidente con la data di scadenza prevista per il versamento omesso, circostanza questa non verificatasi nel caso di specie, per cui il riferimento alla tematica della cd. falcidiabilità del credito Iva non appare pertinente, essendo precisato nello stesso ricorso che la procedura di transazione fiscale che legittimerebbe tale meccanismo “è ancora in itinere”, per cui non risultano ancora prodotti gli effetti invocati dalla difesa. Né infine appare ravvisabile una distonia del sistema normativo rispetto al fatto che la richiesta di adesione alla cd. rottamazione ter non dispieghi effetti estintivi rispetto alla fattispecie delittuosa di omesso versamento dell’iva, non essendo affatto irragionevole la diversità di regime tra la disciplina penale, volta a sanzionare una condotta omissiva istantanea, che si consuma alla scadenza del termine per il versamento dell’iva, e la procedura amministrativa di recupero dell’imposta evasa, che non elide il disvalore penale della condotta già realizzata, ma che può eventualmente rilevare ai fini della (non) operatività della confisca, ai sensi dell’art. 12 bis comma 2 del d. lgs. n. 74 del 2000 (“la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario”), fermo restando che, ove a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, vi sia stato il pagamento integrale del debito, lo stesso, in base all’art. 13 del d. lgs. n. 74 del 2000, rende non punibile l’autore del reato, nel caso in cui l’estinzione del debito avvenga prima dell’apertura del dibattimento, per cui deve concludersi che il legislatore ha già calibrato adeguatamente le possibili interferenze tra disciplina penalistica e disciplina amministrativa, senza dare luogo a situazioni di possibili incertezze.

Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva.

2. Ad analoga conclusione deve pervenirsi rispetto al secondo motivo. Ed invero, quanto alla rilevanza della domanda di concordato preventivo, le due conformi sentenze di merito, in maniera pertinente, hanno richiamato la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 13628 del 20/02/2020, Rv. 279421 e Sez. 3, n. 49795 del 23/05/2018, Rv. 274199), secondo cui, in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omesso versamento di Iva di cui all’art. 10 ter del d.lgs. n. 74 del 2000, non assume rilevanza, né sul piano dell’elemento soggettivo, né su quello della esigibilità della condotta, la mera presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, la quale non impedisce il pagamento dei debiti tributari che vengano a scadere successivamente alla sua presentazione, ma prima dell’adozione di provvedimenti da parte del Tribunale, essendosi in tal senso precisato che, per la configurabilità dell’elemento soggettivo del reato, è sufficiente, stante la struttura del delitto, che è omissivo proprio a consumazione istantanea, la consapevolezza di omettere il versamento dell’imposta dovuta sulla base della dichiarazione annuale presentata dall’obbligato, a prescindere dagli intendimenti e dalle condotte successive del debitore, posto che ciò che determina la configurabilità del reato è quanto emergente dalla dichiarazione annuale e l’inadempimento alla scadenza dell’obbligazione tributaria dalla stessa risultante.

La procedura di concordato preventivo scrimina dunque il reato di omesso versamento sia dell’iva che delle ritenute solo quando, a seguito della presentazione dell’istanza di ammissione al concordato, sia intervenuto un provvedimento del Tribunale che abbia vietato, o comunque non autorizzato, come invece richiesto dall’interessato, il pagamento dei debiti tributari, essendo in tal caso configurabile la scriminante dell’adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo dell’autorità di cui all’art. 51 cod. pen. Tutto ciò non è avvenuto nella vicenda in esame, nella quale peraltro non vi è stata neanche l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, per cui anche in tal caso non vi è spazio per l’accoglimento della censura difensiva, non essendovi stata alcuna ragione ostativa al pagamento del debito tributario.

Il giudizio sull’integrazione del delitto contestato, sia sul versante oggettivo, sia sotto il profilo soggettivo, non presta quindi il fianco alle censure difensive, ripropositive di temi già adeguatamente affrontati nelle due decisioni di merito.

3. In conclusione, stante l’infondatezza delle doglianze sollevate, il ricorso proposto nell’interesse di C. A. D.M. B. deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.