CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 dicembre 2019, n. 34553
Lavoratore di pubblica utilità – Assegno per il nucleo familiare – Difetto di legittimazione passiva della Regione – Non sussiste – Amministrazione regionale destinataria della pretesa creditoria del lavoratore – Rapporto giuridico previdenziale in materia di lavori socialmente utili e di lavori di pubblica utilità – Non gravano sull’ente utilizzatore gli oneri per il pagamento dell’assegno
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Locri, che aveva accolto la domanda di F.F. e condannato la Regione Calabria al pagamento della somma di € 2.386,08, dovuta a titolo di assegno per il nucleo familiare maturato nell’anno 2005, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione e condannato in sua vece il Comune di Ardore, ossia l’ente presso il quale la F. era stata impiegata in lavori di pubblica utilità;
2. la Corte territoriale ha premesso che nel giudizio di primo grado il Comune era stato chiamato in causa ex art. 107 cod. proc. civ., perché vi era contestazione circa l’individuazione dell’unico obbligato e pertanto, configurandosi un’ipotesi di litisconsorzio necessario, anche in fase di impugnazione le cause dovevano essere decise unitariamente;
3. il giudice d’appello, esaminate le convenzioni stipulate dal Ministero del Lavoro con la Regione Calabria e da quest’ultima con gli enti utilizzatori, ha ritenuto che l’obbligo di corrispondere agli LPU il corrispettivo dell’attività svolta, comprensivo anche dell’assegno per il nucleo familiare, fosse stato trasferito dalla Regione al Comune, il quale si era obbligato ad effettuare la prestazione, e pertanto il pagamento doveva essere domandato al Comune, unico soggetto legittimato;
4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Comune di Ardore sulla base di tre motivi, ai quali la Regione Calabria ha opposto difese con tempestivo controricorso;
5. F.F. ha notificato ricorso incidentale adesivo, egualmente contrastato con controricorso dalla Regione;
6. hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. il Comune di Ardore e F.F..
Considerato che
1. il primo motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. ed articolato in più punti, denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché per «violazione del principio dispositivo – eccesso di potere – mancanza di terzietà del giudice – violazione art. 344 c.p.c. – falsa applicazione dell’art. 107 c.p.c.»;
1.1. sostiene il Comune di Ardore che l’appello della Regione Calabria doveva essere dichiarato inammissibile per mancanza del requisito della specificità dei motivi ed a tal fine fa leva sulla «mancanza di corrispondenza tra l’oggetto della sentenza e l’oggetto dell’appello», in quanto nell’impugnazione la Regione aveva fatto riferimento alla domanda di rivalutazione monetaria dell’assegno mensile mentre la F. con il suo ricorso aveva chiesto la condanna dell’ente al pagamento dell’assegno per il nucleo familiare;
1. 2. aggiunge che la Regione Calabria aveva proposto l’impugnazione nei confronti della sola F., sicché la Corte territoriale, in assenza di domanda, non poteva ordinare l’integrazione nei confronti del Comune di Ardore né tantomeno condannare l’ente municipale al pagamento;
2. la seconda censura del ricorso principale denuncia, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione perché il giudice d’appello avrebbe omesso «di censurare passaggi fondamentali della prima sentenza», di valutare gli argomenti sviluppati nelle memorie difensive del Comune e della F. per contrastare l’eccepita carenza di legittimazione passiva della Regione, di esaminare la documentazione dalla quale emergeva che (‘obbligazione gravava sulla Regione Calabria e che l’utilizzatore aveva la qualità di semplice delegato al pagamento;
3. infine con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., il ricorrente principale si duole della violazione della l.r. n. 4/2001, art. 2, dell’art. 6 della convenzione stipulata dal Ministero del lavoro e dalla Regione Calabria, degli artt. 1, 8, 9, 12 della convenzione sottoscritta dalla Regione e dagli enti utilizzatori, degli artt. 331, 102, 103, 434, 414, 324, 332 cod. proc. civ.;
3.1. riprendendo argomenti già sviluppati nei precedenti motivi il Comune insiste nel sostenere che la Regione «ha sostituito se stessa all’INPS quale ente gestore delle somme da erogare ai LPU, divenendo così il soggetto tenuto all’erogazione degli assegni»;
4. la ricorrente incidentale denuncia, con un unico motivo, la violazione degli artt. 342, 434, 414 cod. proc. civ., e rileva che, a fronte di un appello che argomentava su una prestazione diversa da quella oggetto di causa e ritenuta dovuta dal Tribunale, l’impugnazione doveva essere dichiarata inammissibile per difetto della necessaria specificità ;
5. sono infondate le eccezioni di tardività delle impugnazioni, principale ed incidentale, sollevate dalla difesa della Regione Calabria, perché il ricorso principale risulta proposto nel rispetto del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 325, comma 2, cod. proc. civ., che inizia a decorrere dalla data di conoscenza legale della decisione, ossia dal momento in cui il procedimento di notificazione si perfeziona nei confronti del destinatario con la ricezione dell’atto (Cass. n. 9258/2015);
5.1. nel caso di specie la notifica della sentenza, seppure richiesta il 14 agosto 2014, si è perfezionata nei confronti del Comune di Ardore solo il 25 agosto, data in cui il plico è stato ritirato presso l’Ufficio Postale dal procuratore domiciliatario, e pertanto si deve ritenere tempestiva la notifica del ricorso per cassazione, richiesta il 24 ottobre 2014, ultimo giorno utile, giacché, per il principio della scissione degli effetti, non rileva, ai fini della tempestività dell’impugnazione, la data in cui l’atto perviene al destinatario;
6. quanto al ricorso incidentale adesivo, notificato nel rispetto del termine di cui al combinato disposto degli artt. 371, 370 e 369 cod. proc. civ., è applicabile il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui «l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale» (Cass. S.U. n. 24627/2007 e Cass. S.U. n. 18049/2010; negli stessi termini fra le più recenti Cass. n. 5876/2018);
7. il primo motivo del ricorso principale, nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 434 cod. proc. civ., è inammissibile, perché formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., che valgono anche nei casi in cui il ricorrente denunci un error in procedendo, rispetto al quale questa Corte è giudice del «fatto processuale», in quanto l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);
7.1. il Comune ricorrente sostiene che l’appello della Regione Calabria doveva essere ritenuto inammissibile per difetto della necessaria specificità, ma riporta nel ricorso solo stralci minimi del gravame, non sufficienti per valutare ex actis la fondatezza della censura, non lo produce in questa sede né fornisce indicazioni in merito all’allocazione dell’atto nel fascicolo di parte o d’ufficio;
8. il motivo è, poi, infondato nella parte in cui censura l’ordinanza di integrazione del contraddittorio dell’11 maggio 2012, giacché la chiamata del terzo iussu iudicis ex art. 107 cod. proc. civ. determina una situazione di litisconsorzio necessario “processuale”, non rimuovibile per effetto di un diverso apprezzamento del giudice dell’impugnazione, il quale deve provvedere all’integrazione ex art. 331 cod. proc. civ. nel caso in cui la sentenza non sia stata impugnata nei confronti di tutte le parti (cfr. fra le più recenti Cass. n. 9131/2016 e Cass. n. 21381/2018);
9. parimenti inammissibile è la seconda censura;
a seguito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ad opera del d.l. n. 83/2012, applicabile ratione temporis alla fattispecie in quanto la sentenza gravata è stata pubblicata il 4 dicembre 2013, è denunciabile unicamente l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti ed il vizio motivazionale rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, “in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. S.U. n. 8053/2014);
10. è, invece, fondato il terzo motivo del ricorso principale;
la Corte territoriale, nel dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria, si è posta in contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoga, ricostruito il quadro normativo e valutate le convenzioni stipulate dalla stessa Regione con il Ministero del Lavoro, ha individuato nell’amministrazione regionale «la destinataria della pretesa creditoria del lavoratore il quale ritenga che in aggiunta all’emolumento a lui spettante dovessero essere corrisposti gli assegni per il nucleo familiare», evidenziando che nell’ambito del rapporto giuridico previdenziale in materia di lavori socialmente utili e di lavori di pubblica utilità sull’ente utilizzatore non gravano gli oneri per il pagamento dell’assegno, al di fuori di quelli relativi all’assicurazione obbligatoria presso l’INAIL e per la responsabilità civile verso i terzi nonché di quelli attinenti all’importo integrativo per le ore eccedenti (Cass. n. 6181/2016; cfr. anche Cass. n. 13595/2016 e Cass. n. 17369/2017);
11. il Collegio intende dare continuità a detto orientamento, perché gli argomenti prospettati dalla Regione Calabria sono stati già valutati nella motivazione delle pronunce sopra richiamate, alla quale si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., ed il controricorso non aggiunge considerazioni ulteriori che possano indurre a ripensare il principio espresso;
12. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame, da condurre nel rispetto del principio di diritto richiamato al punto 10;
13. il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile in quanto, al pari del primo motivo dell’impugnazione principale e per le medesime ragioni, è formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.;
14. alla Corte territoriale è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
15. le condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 sussistono limitatamente al ricorso incidentale adesivo dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri motivi. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso ed al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso incidentale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
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