CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 gennaio 2022, n. 2356
Tributi – Contenzioso tributario – Accoglimento parziale del ricorso del contribuente – Appello dell’Amministrazione finanziaria – Sentenza di annullamento dell’intero atto – Ultra petita partium – Nullità della sentenza
Fatti di causa
1. Con la sentenza n. 45/01/12 del 19/03/2012, la Commissione tributaria regionale dell’Umbria (di seguito CTR) accoglieva l’appello principale di Marco S. e rigettava l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Perugia (di seguito CTP) n. 114/07/09, con la quale erano stati accolti parzialmente, previa riunione, i ricorsi del contribuente, titolare della ditta individuale Autotrasporti S.M., nei confronti di due avvisi di accertamento concernenti IRPEF, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2003 e 2004.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, con gli atti impositivi l’Ufficio riteneva, per quanto ancora interessa in questa sede, che le fatture emesse dalla società russa P. T. erano generiche e palesemente sospette, con la conseguenza che: i) le cessioni dalle stesse prefigurate dovevano ritenersi svolte in Italia, con conseguente inadempimento, a fini IVA, dell’obbligo di fatturazione di cui all’art. 17, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 concernente il regime della cosiddetta inversione contabile o reverse charge; ii) le operazioni sottese alle fatture dovevano, pertanto, ritenersi inesistenti, con conseguente indeducibilità dei relativi costi;
1.2. La CTR accoglieva l’appello principale di M. S. e rigettava l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate evidenziando che: a) il quadro probatorio complessivo era del tutto incerto; b) dovevano, pertanto, prevalere le ragioni del contribuente in base alla stessa previsione dell’art. 17, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, che «introduce l’istituto dell’inversione contabile (reverse charge) agli obblighi relativi alle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti»; c) «è infatti evidente che le operazioni contabili compiute da soggetti non residenti devono essere valutate in relazione al grado di affidabilità degli Stati in cui i medesimi hanno sede. Ed è notorio, oltre che dimostrato dallo studio prodotto in atti, che il grado di affidabilità fiscale dei paesi dell’est europeo sia quanto mai esiguo»; d) «l’unicità dell’operazione vale infatti di per sé ad escludere la possibilità di un diverso trattamento fiscale per le imposte dirette e per l’imposta sul valore aggiunto, come si afferma nell’appello principale del contribuente, che deve essere conseguentemente accolto», con rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate.
2. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3. M. S. resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ., con la quale chiedeva l’interruzione del giudizio in ragione del proprio sopravvenuto fallimento.
Ragioni della decisione
1. Va pregiudizialmente evidenziato che il fallimento di una delle parti non costituisce causa di interruzione del giudizio di cassazione, posto che in quest’ultimo, in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (Cass. n. 27143 del 15/11/2017; Cass. n. 7477 del 23/03/2017; Cass. n. 17450 del 17/07/2013; Cass. n. 8685 del 31/05/2012; Cass. n. 14786 del 05/07/2011; Cass. n. 21153 del 13/10/2010; si veda anche Cass. n. 15928 del 08/06/2021).
1.1. Ne consegue che l’intervenuto fallimento di M. S. non determina l’interruzione del presente giudizio, che può, dunque, essere definito.
2. Sempre in via pregiudiziale, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dal controricorrente e concernente la notifica del ricorso oltre il termine previsto dalla legge.
2.1. L’eccezione è infondata.
2.2. La sentenza impugnata è stata depositata in data 19/03/2012 e, non essendo stata notificata all’Agenzia delle entrate, il termine per la sua impugnazione applicabile ratione temporis è di un anno e quarantasei giorni (considerando che il ricorso originario è stato proposto in data 13/10/2008 e, quindi, anteriormente al 04/07/2009 e che il periodo di sospensione feriale dei termini processuali era allora fissato dal 01/08/2012 al 15/09/2012).
2.3. Il termine di impugnazione, pertanto, va a scadere il giorno 04/05/2013, che cade di sabato, con conseguente proroga del termine medesimo al 06/05/2013 ex art. 155, quinto comma, cod. proc. civ., applicabile ai giudizi iniziati in data successiva al 01/03/2006.
2.4. Orbene, il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate è stato notificato a mezzo posta proprio il giorno 06/05/2013 e, quindi, tempestivamente, l’ultimo giorno utile.
3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
3.1. La difesa erariale evidenzia che, a fronte di un onere probatorio gravante sul contribuente, la sentenza impugnata si rivela contraddittoria in quanto, pur sottolineando gli elementi indiziari dedotti dall’Ufficio (genericità delle indicazioni riportate in fattura, assenza di un contratto sottostante e di idonea documentazione, impossibilità di comprendere la prestazione eseguita dalla società russa, presenza di un quadro probatorio incerto, esiguo grado di affidabilità dei Paesi dell’Europa dell’Est), che avrebbero dovuto indurre il giudice di appello a ritenere la oggettiva inesistenza delle prestazioni fatturate, ha concluso in senso differente, valorizzando circostanze irrilevanti (operazioni bancarie di prelievo di denaro contante per pagamenti esteri, effettività del trasporto della merce a destinazione).
3.2. Il motivo è inammissibile.
3.3. La difesa erariale, pur richiamando l’erronea applicazione della regola dell’onere della prova, propone chiaramente una censura motivazionale, come ribadito anche in ricorso, all’esito dell’elencazione delle ragioni a sostegno della medesima.
3.4. Ne consegue che, non essendo stata denunciata alcuna violazione di legge, ogni riferimento alle regole di ripartizione dell’onere della prova è ultroneo e, pertanto, inammissibile.
3.5. Per il resto, è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per il quale spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
3.6. Nel caso di specie, la CTR, a fronte del materiale probatorio acquisito e in presenza di un quadro probatorio che ha definito incerto, ha legittimamente valorizzato gli elementi indiziari offerti dalla controricorrente rispetto a quelli indicati dall’Agenzia delle entrate, compiendo, pertanto, una valutazione di merito incensurabile in sede di legittimità, avendo il giudice di appello dato conto – con valutazione logica e niente affatto contraddittoria – delle ragioni che lo hanno indotto a concludere per l’esistenza delle operazioni contestate (pagamenti effettuati all’estero da parte della società contribuente, effettivo trasporto della merce in Romania attraverso la Serbia ed il Montenegro, reale esistenza della società di trasporto russa che avrebbe posto in essere il traino della merce).
3.7. L’Agenzia delle entrate, pertanto, finisce inammissibilmente con il contrapporre la propria valutazione dei fatti a quella diversa fornita dal giudice di appello, il quale ha compiuto un legittimo accertamento di merito, indipendentemente dal soggetto su cui gravi l’onere probatorio.
4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 17, 21 e 35 ter del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che, quand’anche si ritenga che le operazioni di trasporto siano state effettivamente compiute, le stesse sarebbero state effettuate in Italia e non già all’estero, con conseguente applicazione della disciplina del reverse charge e violazione degli obblighi di autofatturazione.
4.1. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi e si pone in contrasto con l’accertamento di fatto compiuto dalla CTR.
4.2. Come chiarito con riferimento alla trattazione del motivo che precede, la CTR ha accertato che le prestazioni rese dal trasportatore russo all’estero (il quale ha agevolato il trasporto delle merci dall’Italia alla Romania attraverso la Serbia e il Montenegro) sono effettive e non inesistenti, sicché non v’è spazio per ritenere che le operazioni siano state svolte in Italia, con conseguente applicazione del regime del reverse charge e violazione dell’obbligo di autofatturazione, come ritenuto dall’Agenzia delle entrate.
5. Con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione degli artt. 112 e 346 cod. proc. civ., dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR annullato integralmente l’accertamento anche con riferimento alle ulteriori riprese, sebbene i motivi di appello riguardino esclusivamente la deducibilità dei costi di trasporto relativi alle fatture rilasciate dalla P. T..
5.1. Il motivo è fondato.
5.2. La lettura dell’atto di appello, integralmente trascritto dalla ricorrente ai fini dell’autosufficienza del ricorso, evidenzia chiaramente che la questione devoluta alla CTR riguarda unicamente la deducibilità dei costi (appello del contribuente) e la debenza dell’IVA (appello dell’Agenzia) relativa alle fatture rilasciate dalla P. T..
5.3. Ne consegue che la statuizione con la quale la CTR annulla l’accertamento impugnato in accoglimento del ricorso originario va chiaramente ultra petita partium e determina la nullità della sentenza impugnata in parte qua.
6. In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente limitatamente alle riprese diverse da quelle concernenti le fatture emesse da P.T..
6.1. La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese relative a tutti i gradi del giudizio.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta parzialmente l’originario ricorso del contribuente nei limiti di cui in motivazione; dichiara interamente compensate tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.
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