CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 giugno 2018, n. 16954
Rapporto di lavoro – Personale del Comparto Ministeri – Svolgimento di mansioni aggiuntive rispetto a quelle di autista – Prova della prevalenza qualitativa e quantitativa delle mansioni superiori
Fatti di causa
1. La Corte di Appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale di Cremona che aveva rigettato il ricorso, ha accolto la domanda proposta da E.Z. nei confronti del Ministero della Giustizia e, ritenuto provato lo svolgimento, a far tempo dal maggio 2006, di mansioni proprie della fascia retributiva F2, ex posizione economica B2, superiore rispetto a quella di inquadramento dell’appellante, ha condannato il Ministero al pagamento delle conseguenti differenze retributive.
2. La Corte territoriale ha premesso in punto di fatto che la documentazione prodotta era sufficiente a provare lo svolgimento di mansioni aggiuntive rispetto a quelle di autista, perché con ordini di servizio n. 1249/2006 e n. 130/2009 lo Z. era stato assegnato al Casellario giudiziale ed incaricato di collaborare all’attività di sportello, relativamente alla ricezione, alla stampa e alla consegna dei certificati, nonché a quella di «ricerca sui vecchi registri cartacei per l’espletamento di istruttorie relative alle richieste di certificazione».
3. Il giudice di appello ha ritenuto detti compiti riconducibili alla posizione economica B2 del C.C.N.I. 5/4/2000, riservata ai dipendenti che «provvedono sulla base di istruzioni alla ricerca e alla ordinata presentazione, anche a mezzo dei necessari supporti informatici, dei diversi dati per la formazione degli atti attribuiti alla competenza delle professionalità superiori». L’attività di istruttoria svolta, infatti, presupponeva una professionalità maggiore rispetto a quella propria del profilo di inquadramento, comportante l’assegnazione a mansioni semplici, quali il reperimento, il riordino e l’elementare classificazione di fascicoli, atti e documenti.
4. La Corte ha aggiunto che anche nella vigenza del C.C.N.L. 14/9/2007 per il personale del Comparto Ministeri, con il quale le posizioni economiche B1, B2 e B3 erano state accorpate nella 2a area, l’attività svolta doveva essere ricondotta al profilo professionale intermedio, riservato ai lavoratori preposti allo svolgimento di un’attività preparatoria di tipo valutativo, estranea alla professionalità del profilo base, comportante la cura di «semplici attività di segreteria quali compilazione di modulistica, schedari e bollettari». Anche il C.C.N.I. de! 29 luglio 2010 aveva confermato che la fascia retributiva FI doveva essere riservata al personale addetto a compiti di tipo operativo, mentre l’attività istruttoria e valutativa andava ricondotta al profilo professionale della fascia retributiva superiore.
5. Il giudice di appello ha evidenziato, infine, che era stata provata la prevalenza qualitativa e quantitativa delle mansioni superiori rispetto a quelle di autista ed ha rilevato che non era stato contestato dal Ministero lo svolgimento quotidiano dell’attività presso il Casellario dalle ore 9:30 alle 12:30, vale a dire per la maggior parte della giornata lavorativa.
6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla base di un unico motivo, articolato in più punti e illustrato da memoria ex art. 378 cod. proc. civ., al quale non ha opposto difese E.Z., rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso denuncia con un unico motivo «violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 e del C.C.N.L. 16/2/1999». Il Ministero rileva, in sintesi, che la Corte territoriale ha ritenuto fondata la domanda sebbene non fosse stato provato lo svolgimento di mansioni riconducibili alla posizione economica B2 delineata dal C.C.N.L. richiamato in rubrica ed al C.C.N.I. 5/4/2000. Lo Z., infatti, conducente di automezzi speciali, aveva svolto compiti riconducibili al profilo professionale dell’ausiliario che, sulla base di quanto previsto dall’art. 24 del C.C.N.L 2000, provvede a fornire indicazioni al pubblico ed al reperimento, riordino nonché alla elementare classificazione di fascicoli atti e documenti anche mediante l’uso di strumenti tecnici. Aggiunge il ricorrente che con la sottoscrizione del C.C.N.L. 14 settembre 2007 non è più ipotizzabile lo svolgimento di mansioni superiori all’interno della medesima area, atteso che ogni dipendente è tenuto a svolgere tutte le attività strumentali e complementari rispetto a quelle inerenti il profilo attribuito. Precisa che nel nuovo sistema di classificazione previsto dal C.C.N.L 29/7/2010 ai conducenti di automezzi è stata attribuita la posizione economica FI e si è previsto che gli autisti possono svolgere anche le mansioni proprie dell’operatore giudiziario, quando non impegnati nello svolgimento dei compiti propri del profilo. Rileva, inoltre, il Ministero che lo Z., come attestato nella nota del 30.3.2011 sottoscritta dal Presidente del Tribunale, si è limitato all’inserimento materiale dei dati nel sistema informatico nonché alla stampa dei certificati, attività questa riferibile alla posizione economica B1 posto che tutti i dipendenti, ad eccezione di quelli dell’area A, sono tenuti ad avvalersi nell’espletamento delle mansioni delle strumentazioni informatiche in dotazione all’ufficio.
2. Il ricorso è inammissibile.
Nello storico di lite si è evidenziato che la Corte territoriale, in relazione ad entrambi i periodi che vengono in rilievo (vigenza del CCNL Comparto Ministeri per il quadriennio 1998/2001 e del CCNI 5.4.2000; vigenza del CCNL Comparto Ministeri 14.9.2007 per il quadriennio 2006/2009 e del CCNI 29.7.2010), ha fondato la decisione sulle declaratorie dei profili professionali contenuta nei contratti integrativi applicabili ratione temporis e, accertate le mansioni di fatto svolte dallo Z., le ha ricondotte al profilo B2 del CCNI 2000 ed alla posizione economica F2 del CCNI 2010, valorizzando principalmente la formazione dei certificati del casellario giudiziale, implicante attività istruttoria di tipo valutativo, estranea alle mansioni esclusivamente operative del profilo di inquadramento.
Il ricorso, pur denunciando nella rubrica la violazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 e del CCNL 16.2.1999 nonché, nello sviluppo del motivo, del CCNL 14.9.2007 e del CCNI 5.4.2000 e 29.7.2010, svolge considerazioni non specificamente riferibili al decisum, perché si limita ad insistere sulla riconducibilità delle mansioni svolte dallo Z. al profilo di appartenenza, ma non indica le ragioni per le quali la Corte territoriale, che ha proceduto alla comparazione dei profili e ad individuare gli elementi caratterizzanti le diverse professionalità, avrebbe errato nell’interpretazione delle declaratorie contrattuali.
Anche in relazione alla fungibilità delle mansioni all’interno dell’area il motivo non censura in modo specifico la motivazione della sentenza impugnata che, dopo avere dato atto della flessibilità che caratterizza il nuovo sistema di classificazione del personale, individua, comunque, un «profilo professionale intermedio», del quale richiama i tratti salienti ed al quale riconduce l’attività di formazione dei certificati, diversa dalla mera «compilazione di modulistica, schedari e bollettari».
Il Ministero ricorrente afferma in modo assertivo che il nuovo sistema di classificazione professionale è fondato sulla unicità dei profili nell’ambito di ciascuna area, sulla rilevanza solo economica del sistema di progressione e sulla giuridica impossibilità di configurare lo svolgimento di mansioni superiori ma non indica le disposizioni del CCNL rilevanti ai fini della decisione (vengono richiamate solo le clausole del CCNI), né precisa con chiarezza le ragioni di erroneità della sentenza impugnata perché, da un lato, sembra affermare la totale fungibilità fra tutti i profili all’interno dell’area, anche se originariamente riconducibili ai livelli B1, B2 e B3 (pag. 11 e 12), dall’altro insiste sulla fungibilità fra le sole mansioni di operatore giudiziario e quelle di conducente di automezzi (pag.13), non decisiva ai fini di causa perché la Corte territoriale ha ricondotto i compiti affidati allo Z. alla professionalità propria dell’assistente giudiziario.
Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. fra le tante Cass. nn. 15952/2007, 17125/2007, 4036/2011, 17330/2015, 1274/2018), sicché, anche qualora il ricorrente lamenti la violazione di norme di legge o di disposizioni dettate dai contratti collettivi nazionali di lavoro non è sufficiente l’indicazione delle norme che si assumono violate ma è necessario che il ricorrente specifichi «in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione» (Cass. n. 24298/2016).
2.1. Il motivo, inoltre, invoca indistintamente il contratto collettivo nazionale e quello integrativo ma, quanto a quest’ultimo, non trascrive nel ricorso le clausole rilevanti; non precisa se, quando e da chi il CCNI è stato prodotto; non individua le norme sull’ermeneutica contrattuale violate dalla Corte territoriale.
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (Cass. 19.3.2004 n. 5565; Cass. 22.9.2006 n. 20599; Cass. 5.12.2008 n. 28859; Cass. 19.3.2010 n. 6748; Cass. 25.6.2013 n. 15934; Cass. 14.3.2016 n. 4921).
Inoltre, poiché a detti contratti non si estende il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001, valgono gli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., per cui il ricorrente è tenuto a depositarli, a fornire precise indicazioni sulle modalità e sui tempi della produzione nel giudizio di merito, a trascrivere nel ricorso le clausole che si assumono erroneamente interpretate dalle Corte territoriale (si rimanda, fra le più recenti, a Cass. nn. 7981, 7216, 6038, 2709, 95 del 2018).
2.2. Il motivo, poi, è manifestamente inammissibile nella parte in cui censura l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito e denuncia «insufficiente motivazione». L’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012 convertito in legge n. 134/2012, applicabile alla fattispecie in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata il 12.6.2013, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, il che si verifica solo allorquando il fatto, se esaminato, avrebbe determinato con certezza un esito diverso della controversia.
Le Sezioni Unite di questa Corte, nell’individuare la natura ed i limiti del vizio in parola, hanno evidenziato che affinché la censura possa essere esaminata è necessario che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente indichi il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. Hanno, inoltre, aggiunto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. n. 8053/2014).
Nel caso di specie il motivo è formulato senza il necessario rispetto degli oneri sopra indicati e si limita a sollecitare una lettura delle prove offerte diversa da quella fatta propria dal giudice del merito, il che esula dai limiti del giudizio di legittimità.
2.3. Non pertinenti sono i rilievi svolti nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. perché la Corte territoriale ha solo condannato il Ministero a corrispondere ex art. 52, comma 5, d.lgs. n. 165/2001 le differenze retributive conseguenti allo svolgimento di fatto di mansioni superiori e non ha riconosciuto il diritto all’inquadramento nella qualifica superiore.
3. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità giacché E.Z. è rimasto intimato.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 in quanto la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla sulle spese.
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