CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 giugno 2018, n. 16956
Rapporto di lavoro – Contratto a termine – Collegamento tra l’assunzione del lavoratore e le esigenze di carattere straordinario – Sussistenza – Accertamento
Fatti di causa
1. Con sentenza in data 9 maggio 2012 la Corte di Appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato la nullità della clausola appositiva del termine “ai sensi della vigente normativa, per esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”, di cui al contratto di lavoro stipulato per il periodo 3.7.2002 – 30.9.2002 tra A.P. e Poste Italiane Spa, nonché la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con condanna della società alla riammissione in servizio ed al pagamento di una indennità, in applicazione dell’art. 32 della I. n. 183 del 2010, pari a 4 mensilità di retribuzione, oltre accessori.
2. Avverso tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, cui non ha resistito il lavoratore benché ritualmente intimato presso la cancelleria della Corte di Appello di Roma ove il difensore del P. aveva eletto domicilio.
3. Nell’adunanza camerale del 26 settembre 2017, all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha ritenuto l’opportunità di trattare la causa in pubblica udienza.
Ragioni della decisione
1. I motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati.
Il primo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto sull’assunto che, nonostante la Corte territoriale abbia – a giudizio dell’istante – “correttamente applicato” l’art. 23 della I. n. 56 del 1987 in luogo del d. Igs. n. 368 del 2001, avrebbe poi errato a ritenere autorizzata la stipulazione dei contratti a termine solo nella sussistenza concreta di un collegamento tra l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze di carattere straordinario richiamate per giustificare l’autorizzazione.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge per avere la sentenza impugnata ritenuto generica la clausola appositiva del termine, senza tenere conto del riferimento agli accordi sindacali.
Il terzo mezzo lamenta insufficiente motivazione in ordine alla idoneità della compresenza, in seno al contratto, di più ragioni, fra esse non incompatibili, a costituire elemento di sufficiente specificazione delle esigenze sottese al contratto.
Con il quarto motivo parte ricorrente, nel caso si dovesse ritenere applicabile il d.Igs. n. 368 del 2001, sostiene che sarebbe stato onere della controparte provare l’estraneità dell’assunzione rispetto alle esigenze individuate nel singolo contratto.
Il quinto motivo, infine, denuncia insufficiente motivazione e violazione di norme processuali per avere la Corte territoriale ritenuto la mancanza di prova in ordine alle ragioni dichiarate per l’assunzione a termine.
2. Il ricorso non può trovare accoglimento.
Il primo motivo muove da un presupposto errato e cioè che alla fattispecie di un contratto a tempo indeterminato intercorso con Poste Italiane Spa per il periodo 3.7.2002 – 30.9.2002 sarebbe applicabile l’art. 23 della I. n. 56 del 1987, quando secondo pacifica giurisprudenza di questa Corte “l’art. 74, comma 1, CCL 11 gennaio 2001 per il personale non dirigente di Poste italiane s.p.a., stabilisce il 31 dicembre 2001 quale data di scadenza dell’accordo, onde i contratti a termine stipulati successivamente a tale data non possono rientrare nella disciplina transitoria prevista dall’art. 11, d.lgs. n. 368/2001, e sono interamente soggetti al nuovo regime normativo di cui agli artt. 1 ss., d.lgs. n. 368/2001” (ex multis: Cass. n. 25558 del 2015; Cass. n. 20441 del 2015). Vero è che anche la Corte territoriale ha condiviso tale errata prospettiva ma, poi, ha effettuato in concreto una valutazione della causale giustificativa addotta dalla società a fondamento dell’assunzione a termine con una indagine in fatto che è coerente anche con le prescrizioni imposte dal d.Igs. n. 368 del 2001.
Infatti rileva la Corte di Appello di aver “espressamente invitato la società appellata a dimostrare la situazione in atto presso la Filiale Napoli (…) nel periodo interessato al contratto a termine per cui è causa, concedendo un ampio termine, ma l’appellata ha vanificato tale opportunità”; nella sentenza impugnata si aggiunge che “la società … non ha offerto alcuna allegazione valevole a dimostrare che la completa ed estesa ristrutturazione e organizzazione aziendale avesse reso necessario, in attesa della definizione ultimativa del riassetto in corso di attuazione … più in generale non ha saputo fornire elementi utili a comprovare, avuto riguardo al territorio interessato, il livello e la consistenza del riassetto e/o delle assenze asseritamente in atto”.
Il secondo e terzo motivo risultano inammissibili per inconferenza rispetto al decisum, atteso che i giudici d’appello hanno considerato l’apposizione del termine illegittima non per genericità della clausola bensì per carenza di prova.
Infondato è il quarto mezzo, atteso che per la giurisprudenza di questa Corte l’onere probatorio di provare la sussistenza delle ragioni legittimanti l’apposizione del termine grava interamente sul datore di lavoro (tra tante: Cass. n. 2279 del 2010; Cass. n. 3325 del 2014; Cass. n. 5255 del 2017);
Parimenti le censure contenute nel quinto motivo, infine, investendo pienamente l’accertamento di un fatto – ricorrenza in concreto della causale – compiuto dal giudice di merito, non risultano meritevoli di accoglimento.
Infatti, per pacifica giurisprudenza di legittimità, la doglianza che lamenta la mancata ammissione di mezzi istruttori ed il mancato esercizio dei poteri officiosi è sussumibile nell’ambito del vizio di motivazione, di cui deve avere forma e sostanza (Cass. n. 16997 del 2002; Cass. n. 15633 del 2003) e può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione su di un fatto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 11457 del 2007; Cass. n. 4369 del 2009; Cass. n. 5377 del 2011); né, al riguardo, appare pertinente il richiamo alla facoltà del giudice di richiedere chiarimenti al teste o di esercitare i propri poteri istruttori officiosi, posto che la prima facoltà presuppone l’ammissibilità dei capitoli di prova così come formulati ed entrambe restano comunque circoscritte dall’ambito delle allegazioni ritualmente dedotte dalle parti.
In definitiva le censure in esame, trascurando tali principi e mancando di enucleare il fatto controverso e decisivo anche secondo il previgente testo dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., prospettano una diversa ricostruzione della vicenda storica in ordine alla sussistenza fattuale della causale giustificativa, così scivolando “sul piano dell’apprezzamento di merito, che presupporrebbe un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in punto di fatto, incompatibili con il giudizio innanzi a questa Corte Suprema” (in termini: Cass. n. 16346 del 2016).
3. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto; nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’intimato.
Poiché il ricorso per cassazione risulta nella specie notificato in data 8 maggio 2013 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 novembre 2019, n. 28889 - Licenziamento di un addetto al casello autostradale per emissione di falsi rapporti di mancato pagamento - Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 5194 depositata il 20 febbraio 2023 - Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 marzo 2021, n. 7680 - Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 18372 depositata il 27 giugno 2023 - Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 ottobre 2020, n. 22438 - Nel rito del lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli atti processuali dai…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6354 depositata l' 8 marzo 2024 - Nel rito del lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…