CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 luglio 2018, n. 20013

Rapporto di lavoro – Sussistenza del vincolo di subordinazione – Collaborazione coordinata e continuativa senza uno specifico progetto – Presunzione di subordinazione ex art. 69, D.Lgs. n. 276/2003

Fatti di causa

Il Tribunale di Milano respingeva la domanda proposta da M.L.C. nei confronti di T.P. s.r.l. e delI’Inps intesa a conseguire il riconoscimento della intercorrenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata nel periodo ottobre 2002-dicenhbre 2006 in relazione ad un rapporto di lavoro intercorso fra le parti, non qualificato da collaborazione a progetto. Il Tribunale, rilevata la mancata stipulazione fra le parti di tale tipologia di contratto, e richiamate le risultanze della esperita attività istruttoria, aveva escluso che fosse ravvisabile nella fattispecie scrutinata, il prospettato vincolo della subordinazione.

Detta pronuncia veniva riformata dalla Corte distrettuale che dichiarava la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, dal 24/10/03 al 29/12/2006; condannava quindi, la società al pagamento dei contributi previdenziali maturati dal 30/6/2004 – essendo prescritti quelli relativi al periodo anteriore – sino alla conclusione del rapporto.

L’iter motivazionale percorso dalla Corte distrettuale verteva, in estrema sintesi, sulle seguenti argomentazioni:

a) insussistenza di alcun progetto, programma o fase di lavoro come richiesto dagli artt. 61 e 62 d. Igs. n. 276/2003;

b) conseguente applicabilità dell’art. 69 comma 1 del citato d.Igs. 2003, alla cui stregua i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell’art. 61 comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto;

c) definizione in ogni caso del quadro istruttorio nel senso della coordinazione e della continuità della prestazione resa dalla ricorrente nella qualità di coordinatrice responsabile del cali center gestito dalla società.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la s.r.l. T.P. affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’intimata.

L’Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 69 d. Igs. n. 276/2003 e dell’art. 2222 c.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.

Deduce l’erroneità dell’opzione interpretativa seguita dai giudici del gravame i quali, nell’afferma re l’automatica conversione del contratto di collaborazione non sostenuto dal progetto, in contratto di lavoro subordinato, hanno ritenuto che la norma di cui all’art. 69 del citato decreto legislativo, abbia introdotto una ipotesi di presunzione assoluta in ordine alla qualificazione, in termini di subordinazione, del rapporto di lavoro, piuttosto che di presunzione relativa, come invece desumibile dalla lettura coordinata del primo e secondo comma dell’art. 69 cit. nonché dell’art. 62 d. Igs. n. 276/2003.

2. Il motivo è infondato.

E’ principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che va qui ribadito, quello in base al quale in tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della l. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (vedi ex plurimis, Cass. 17/8/2016 n. 17127, Cass. 21/6/2016 n. 12820).

E’ stato infatti ritenuto che il combinato disposto di cui agli art. 61-69 d.lgs. cit., palesi l’intenzione del legislatore delegato di vietare, in armonia con la finalità enunciata dall’art. 4, comma 1, lett. c), nn. 1-6, I. n. 30/2003 (e fatte salve le specifiche eccezioni ivi previste e poi trasfuse nell’art. 61, commi 1-3, d.lgs. n. 276/2003), il ricorso a collaborazioni coordinate e continuative che non siano riconducibili a uno o più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso, allo scopo di porre un argine all’abuso della figura della collaborazione coordinata e continuativa, in considerazione della frequenza con cui giudizialmente ne veniva accertata la funzione simulatoria di rapporti di lavoro subordinato. Questo è l’intendimento che ha mosso il legislatore, come desumibile dalla relazione introduttiva alla legge delega n.30/2003 che espressamente richiama l’esigenza di esentare dalla disciplina generale del lavoro dipendente, solo le collaborazioni “senza vincolo di subordinazione e aventi ad oggetto un progetto o un programma di lavoro o una fase di esso”.

Nell’ottica descritta è stato quindi affermato che l’art.69 ha introdotto una vera e propria disposizione sanzionatoria per il caso di mancata riconducibilità del rapporto coordinato e continuativo ad uno specifico progetto o programma, disponendo tout court che il rapporto “è considerato” di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’origine, tipica dei casi di c.d. “conversione” del rapporto ope legis (quali ad es. le fattispecie interpositorie o di illegittima apposizione del termine finale di durata al contratto di lavoro).

Alla stregua delle suesposte considerazioni la censura va, pertanto, respinta.

3. Col secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 69-84 d. lgs. n.276/2003 e dell’art. 11 disposizioni sulla legge in generale in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.

Viene rimarcato, in fatto, che il rapporto inter partes era sorto in data 2 aprile 2002, anteriormente, dunque, all’entrata in vigore del d. Igs. n. 276/2003. In diritto si osserva che l’art. 86 di detto compendio normativo – secondo cui le collaborazioni coordinate e continuative sorte anteriormente sono soggette alla disciplina previgente non oltre un anno dalla entrata in vigore del provvedimento – era stato dichiarato incostituzionale con sentenza n. 399 del 2008.

Si deduce, quindi, che, espunta dall’ordinamento la disposizione considerata, il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa intercorso fra le parti, in quanto sorto anteriormente alla entrata in vigore del citato decreto legislativo, resta assoggettato al pregresso regime normativo, in conformità al principio della irretroattività delle norme di legge, ai sensi dell’art. 11 disp. att. c.p.c.

3. Il motivo è fondato.

Come affermato da questa Corte in un recente arresto (vedi Cass. 4/1/2018 n. 90), l’art. 86 comma 1 del decreto legislativo n. 276 del 2003, dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 399 del 5 dicembre 2008, dettava un regime transitorio per quei contratti di collaborazione coordinata e continuativa che, validamente conclusi nel regime antecedente il decreto legislativo n. 276 del 2003 fossero proseguiti successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso. La norma transitoria prevedeva infatti che “le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente, che non possono essere ricondotte a un progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla loro scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

Termini diversi, comunque non superiori al 24 ottobre 2005 (così modificato dall’art. 20 comma 1 del d.lgs. 20 ottobre 2004 n. 251 il testo originario che limitava ad un anno l’ulteriore proroga), di efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente potranno essere stabiliti nell’ambito di accordi sindacali di transizione al nuovo regime di cui al presente decreto, stipulati in sede aziendale con le istanze aziendali dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.”

Il giudice delle leggi, nella citata pronuncia, ha ritenuto irragionevole la scelta del legislatore di limitare l’ultrattività della precedente disciplina ed ha evidenziato che, in tal modo, la norma contraddice la sua stessa ratio (volta ad aumentare… i tassi di occupazione e … promuovere la qualità e la stabilità del lavoro), e sacrifica interessi che le parti avevano regolato nel rispetto della disciplina dell’epoca, determinando l’effetto della perdita del lavoro a danno di soggetti che, pur avendo instaurato rapporti di lavoro autonomo prima della sua entrata in vigore, nel pieno rispetto della disciplina all’epoca vigente, si trovino penalizzati senza un motivo plausibile.

Così ricostruito il quadro normativo si deve conseguentemente affermare che la disciplina del lavoro a progetto dettata dagli artt. 61 e seg. del d.lgs. n. 276 del 2003, in ossequio al principio tempus regit actum, e nel rispetto dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, trova applicazione ai contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore restando salva la validità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati antecedentemente e protrattisi successivamente alle modifiche apportate con il citato decreto legislativo.

4. Assorbito il terzo motivo – formulato ex 360 n. 5 c.p.c. in relazione al non corretto rilievo relativo alla insussistenza degli elementi qualificativi in termini di subordinazione, del rapporto di lavoro inter partes – la sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello designata in dispositivo la quale, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, procederà allo scrutinio della fattispecie devoluta, alla luce del principio di diritto in base al quale la disciplina del lavoro a progetto dettata dagli artt. 61 e ss. del d.lgs. n. 276 del 2003, in ossequio al principio “tempus regit actum ” e nel rispetto dell’art. 11 disp. prel. c.c., trova applicazione ai contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore, restando salva la validità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati antecedentemente e proseguiti successivamente alle modifiche apportate con il citato d.lgs.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.