CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 luglio 2022, n. 23543
Tributi – Accertamento – Società cooperativa fittizia – Qualificazione di società a ristretta base sociale – Presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili – Onere di prova contraria
Fatti di causa
1. Dalla sentenza impugnata risulta che:
– la Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, con tre sentenze nn. 82/03/13, 90/03/12, 91/03/12, tutte emesse in data 24/01/2012, accolse parzialmente i ricorsi proposti da A.M., nella qualità di legale rappresentante di F.C.S. Onlus a r.l., avverso gli avvisi di accertamento Irpef, Iva ed Irap in rettifica del reddito di lavoro autonomo per gli anni di imposta, rispettivamente, 2005, 2007, 2006;
– l’Agenzia delle entrate, propose distinti appelli avverso tali sentenze, con identici motivi, ai quali controdeduceva A.M. che, proponeva appello incidentale per i capi delle tre sentenze a lui sfavorevoli;
– la CTR, riunì i procedimenti per connessione oggettiva e soggettiva.
2. La Commissione tributaria regionale delle Marche (di seguito, «CTR»), con la sentenza di cui in epigrafe, ha rigettato gli appelli dell’Agenzia delle entrate ritenendo, con riguardo ai primi due motivi di appello, che la pretesa impositiva non poteva essere legittimata dalla presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili della società a ristretta base e che, con riguardo al terzo motivo di appello, l’indicazione del beneficiario dei prelievi bastasse a liberare il contribuente dall’onere di prova contraria. La CTR ha, invece, accolto in parte gli appelli incidentali proposti dal contribuente riconoscendo non imputabili a reddito, ai fini Irpef, alcuni importi relativi a movimentazioni bancarie (€ 750,00 per l’anno 2005, € 780,00 anno 2006, € 147,00 per l’anno 2007) e non dovuta l’imposta Irap per gli anni 2005, 2006, 2007.
3. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso in cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo cui ha resistito con controricorso A.M..
4. A.M. ha proposto ricorso successivo avverso la stessa sentenza, affidato ad otto motivi.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va considerato che il ricorso successivo di A.M. vale ricorso incidentale, atteso che, per il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione (che, nel caso di specie, riguarda il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate) benché tutte le altre impugnazioni dovrebbero essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, perciò, con l’atto contenente il controricorso, tale ultima modalità non è essenziale, di tal che il ricorso successivo al primo si converte in ricorso incidentale indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante (cfr., Cass., 14/01/2020, n. 448).
1.1. Con l’unico motivo di ricorso principale, l’Amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 47, del d.P.R. 31/12/1986 n. 917, per aver la CTR erroneamente escluso l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili dei soci di società a ristretta base, là dove ha ritenuto che «[…] l’Ufficio al fine di provare la qualità di dominus e socio di fatto in capo al contribuente al fine di imputargli redditi di partecipazione si era tenuto non solo a provare la qualità predetta in capo al contribuente ma anche a fornire una sorta di prova negativa sull’essenza di altri soci di fatto in relazione potenzialmente a ogni abitante del pianeta».
1.2. A conforto della doglianza, la ricorrente principale ha trascritto in ricorso la copia integrale dell’avviso di accertamento per evidenziare una serie di fatti, a suo dire pacifici e incontestati, dai quali l’Ufficio aveva desunto non solo la ristretta base della cooperativa ma anche la distribuzione di utili occulti al socio di fatto M. e cioè: 1) il fatto che il reddito di partecipazione alla cooperativa F., accertato in capo al contribuente M., traeva origine dalle risultanze delle indagini bancarie sui conti correnti intestati ai coniugi, A.M. e R.B., soci di F.C.S.; 2) il fatto che la Cooperativa F. aveva venduto al prezzo di € 3.000 un “suv” Toyota del valore commerciale di € 19.000, acquistato appena sei mesi prima, emettendo fattura n. 18 del 25/06/2007, quale sostanziale forma di distribuzione di utili al socio; 3) che alcuna attività di gestione era stata compiuta da persone diverse dai coniugi M./B.; 4) l’effettuazione di pagamenti di debiti sociali con mezzi finanziari propri nonché l’utilizzazione di mezzi finanziari sociali per finalità personali.
1.3. Il ricorso principale è fondato.
1.4. Dall’insieme delle tali argomentazioni poste base della sentenza qui impugnata, ciò che emerge è che la CTR ha ritenuto mancante il presupposto necessario per far scattare la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili e, cioè, la sussistenza di una società a ristretta base azionaria o familiare.
1.5. Il ragionamento della CTR non risulta corretto per le seguenti considerazioni
1.6. Dagli elementi posti a base della decisione qui gravata e dagli ulteriori emergenti dagli atti di causa, e non contestati, si desume che nella specie si tratta di una società cooperativa con moglie (R.B.) e marito (A.M.) “tiranni” rispetto ad un pluralità di soci palesi pressoché figurativi (v. dichiarazioni rese da R.B. – coniuge di A.M. ed anche legale rappresentante e Presidente della cooperativa – circa la sua gestione diretta all’attività della cooperativa con l’apporto del M., e circa la sostanziale estraneità degli altri soci alla gestione effettiva della stessa cooperativa).
1.7. Inoltre, la qualità della compagine sociale – costituita in forma di coopertiva – incide sul meccanismo di distribuzione degli utili differenziandosi da quello ordinario delle società di capitali. Ed invero, per le società cooperative, in linea generale, la distribuzione dei dividendi assume un significato limitato laddove, in luogo dei dividendi, si utilizza più frequentemente l’istituto del ristorno quale modalità tipica di retrocessione dell’eccedenza dei ricavi, rispetto ai costi derivanti dalla gestione mutualistica con addebito diretto al conto economico delle somme relative (art. 2545-quater cod. civ. secondo cui almeno il 30% degli utili netti annuali deve essere destinato al fondo di riserva legale ed un ulteriore quota del 3% ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione). Va considerato, altresì, che l’articolo 4, comma 6, della legge 59/1992 prevede che lo statuto possa stabilire particolari condizioni a favore dei soci sovventori per la ripartizione degli utili e che, comunque, il tasso di remunerazione non può essere maggiorato in misura superiore al 2% rispetto a quello stabilito per gli altri soci.
1.8. Posto, dunque, che per le società cooperative non c’è una distribuzione di utili/dividendi come nelle società di capitali, ma un complesso sistema di accantonamenti/reinvestimenti/ristorni e considerata la chiamata in correità fiscale effettuata dalla B. nei confronti del marito, ciò è quanto basta per fondare l’azione fiscale nei confronti del M. sul quale gravava l’onere di prova contraria.
1.9. Per soddisfare tale onere, è principio pacifico che non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente – come ha fatto il M. – la mancanza di base azionaria ristretta della società, dovendosi contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi (cfr., Cass., Sez. 5, 19/12/2019, n. 33976) in quanto accantonati o reinvestiti (cfr., Cass., Sez. 5, 20/12/2018, n. 32959).
2. Passando all’esame del ricorso incidentale di A.M., esso deve essere disatteso in tutti i suoi otto motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., la nullità della sentenza per carenza motivazione là dove, in violazione dell’art. 32 del d.P.R. 29/09/1973 n. 600 e 51 del d.P.R. 26/10/1972 n. 633, non ha considerato che «[…] il difetto di autorizzazione alle indagini finanziarie veniva censurato non percepire l’inutilizzabilità o l’impossibilità di acquisire dei dati nei confronti del M. visto che l’autorizzazione era stata rilasciata in relazione alla cooperativa F., bensì per sostenere che tali dati sebbene utilizzabili ai fini di attribuzione dei redditi del ricorrente, non avevano valore di presunzione legale […] ma valore di presunzione semplice non assistita dei requisiti di cui all’articolo 2729 cod. civ. ».
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’«omesso esame di una circostanza rilevante ai fini del giudizio», riguardante il fatto che l’estensione dell’autorizzazione a “qualsiasi rapporto” non poteva estendersi ad A.M. nella sua qualità di consigliere di c.d.a. della F. Coopertiva Sociale Onlus a.r.l.
2.3. Con il terzo, si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 36-bis e 51 del d.P.R. 26/10/1972 n. 633 e del D.M. 31/10/1974, nella parte in cui i giudici di appello, recependo acriticamente l’operato dell’Ufficio, hanno rigettato il motivo di appello con cui si contestava l’applicazione dell’aliquota iva del 20% sul volume d’affari, dovendosi invece applicare, come aliquota prevalente, quella delle operazioni esenti e di fatto dello 0%, stante l’assoluta ed incontestata prevalenza di operazioni esenti, ex art. 10 d.P.R. n. 633 del 1972 che rientrano nella determinazione del volume di affari ex art. 20 del d.P.R. n. 633 del 1972 e costituisce, unitamente alle altre, operazioni rilevanti ai fini Iva, in quanto relativi allo svolgimento dell’attività professionale del contribuente.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’«omesso esame su fatto decisivo e controverso del giudizio», riguardante la «circostanza che il volume di affari del dottor M. fosse costituito in prevalenza da operazione esenti come emerge dal p.v.c. c della GDF del 12/02/2010, dagli avvisi di accertamento e dagli appelli incidentali».
2.5. Il quinto motivo è articolato sotto più profili di censura. Il primo profilo (“V.I”) riguarda la violazione di legge e segnatamente degli artt. 32 d.P.R. 29/09/1973 n. 600 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, imputandosi alla CTR di aver errato nel rirenere non giustificate alcune operazioni bancarie [«(versamenti in contanti 23/11/2005 di euro 6.500,00 asseritamente rinvenuto in casa, prelevamento con assegno “a me medesimo” in data 28/04/2006, versamento in due rate a tale L. per investimenti la prova dei quali ha affidato a certificazione di indagine penale ancora in corso e che investe la certezza del fatto storico)»]. Il secondo profilo (“V.II”), riguardante la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost., in riferimento all’art. 360, n. 4) cod. proc. civ., riguarda l’asserita omessa motivazione sul perché i giudici di appello hanno inteso ritenere non giustificate le operazioni specificamente indicate dal contribuente. Il terzo profilo di censura (“V.III”), articolato in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’omesso esame del fatto decisivo riguardante le giustificazioni fornite dal contribuente.
2.6. Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente incidentale deduce, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. la violazione e la falsa applicazione degli articoli 7 e 12 della legge del 27/07/2000 n. 212, 36 del d.lgs. 31/12/1992 n. 546, laddove la CTR ha rigettato l’eccezione di nullità degli avvisi di accertamento formulata nei ricorsi introduttivi per gli anni 2005, 2006 e 2007, perché privi di motivazione.
2.7. Con il settimo motivo di ricorso incidentale, A.M. denuncia, in riferimento all’art. 360, n. 4), cod. proc. civ., la nullità della sentenza per carenza di motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 12 l. n. 212 del 2000.
2.8. Con l’ottavo motivo, articolato in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., si denuncia l’omesso esame del fatto decisivo e controverso riguardante la violazione dell’art. 12 l. n. 212 del 2000, per l’insussistenza di effettive esigenze di indagine per accedere ai locali professionali.
3. Il primo motivo di ricorso incidentale è infondato.
3.1. Come è evidente dalla lettura della sentenza impugnata, nella specie non ricorrono quelle ipotesi di anomalia motivazionale che si tramutano in violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attinenti all’esistenza della motivazione in sé che si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico,” nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., Sez. U., 11/03/2014 nn. 8053 e 8054).
3.2. La CTR ha negato ogni fondamento alla censura del M. evidenziando, in primis, che l’autorizzazione alle indagini bancarie era stata documentalmente autorizzata dal comandante regionale della Guardia di finanza in relazione a “qualsiasi rapporto intrattenuto dal M.”; inoltre, ha correttamente affermato l’estensibilità delle indagini finanziarie anche i conti correnti dei soci di una società sottoposta a controllo «se, sulla base di presunzioni semplici tali conti appaiono riconducibili e quindi utilizzati dall’impresa per compiere evasioni di imposta.»; infine, ha altrettanto correttamente ritenuto che anche la mancanza di autorizzazione «non preclude l’utilizzabilità dei dati acquisiti atteso che detta autorizzazione attiene ai rapporti interni alla pubblica amministrazione e che in materia tributaria non vige il principio dell’utilizzabilità della prova ritualmente acquisita salvi i limiti derivanti di eventuali preclusioni di carattere specifico«».
3.3. E’ evidente, dunque, che la motivazione resa non incorre affatto nella denunciata nullità, avendo dato conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico giuridico compiuto per ritenere sufficiente nei confronti del socio l’autorizzazione, rilasciata per lo svolgimento delle indagini bancarie nei confronti della società.
4. Il secondo motivo di ricorso incidentale è inammissibile. E’ principio pacifico che l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”, anche laddove riferite – come nella specie – alla motivazione della sentenza, che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate. (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., 26/01/2022, n. 2268).
5. Il terzo motivo è inammissibile.
5.1. La CTR, sulla censura di appello riguardante l’aliquota Iva applicata nella misura del 20% sul volume di affari, ha risposto che a tale rilievo «che peraltro interessa solo indirettamente al socio, deve opporsi che l’Ufficio in difetto di elementi utili (non forniti dal contribuente, addirittura inosservante dell’obbligo di fatturazione e registrazione delle operazioni imponibili ed esenti, nonché dell’obbligo di presentazione delle dichiarazioni annuali Iva) a discernere nell’ambito dei compensi del M. – medico generico convenzionato con il SSN lavoratore autonomo in campo sanitario – quali accertate sulla scorta delle indagini finanziarie, la natura imponibile o esente delle singole prestazioni, ha correttamente applicato l’aliquota lin prevalenza applicato da applicare nella misura del 20%». Ha, altresì, evidenziato la genericità del motivo di appello ( “basi di argilla”) là dove assume che il volume di affari sarebbe costituito “per la quasi totalità” da operazioni esenti, senza specificazione alcuna.
5.2. Col ricorso in Cassazione il ricorrente incidentale imputa alla CTR l’error in iudicando sull’applicazione dell’aliquota Iva (art. 51 d.P.R. n. 633 del 1972), (ri)chiedendo, in realtà, una nuova valutazione del giudizio in fatto con il quale la CTR ha affermato la prevalenza delle operazioni imponibili e non di quelle esenti. Siffatta censura, che riguarda l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., rimanendo esterna al tipico vizio di sussunzione di cui allo specifico parametro di censura evocato ed inerendo ad una valutazione del giudice di merito sottratta al sindacato di legittimità (Cass., Sez. 1, 13/10/2017, n. 24155; Cass., Sez. 3, del 30/04/2018, n. 10320; Cass., Sez. 5, 25/09/2019, n. 23851; Cass., Sez. 1, 14/01/2019, n. 640; Cass., Sez. 1, 05/02/2019, n. 3340).
6. Anche il quarto motivo di ricorso non si sottrae al sindacato di inammissibilità.
6.1. E’ principio assolutamente pacifico che l’omesso esame di documenti, riconducibile al vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia ricorre solo nel caso in cui questi si rivelino idonei a fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo od estintivo del rapporto giuridico in contestazione, tanto da condurre ad una pronunzia diversa; ed invero, l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo, sicché, in tale paradigma, non è inquadrabile la censura di cui al quarto mezzo afferente non ad un “fatto storico”, ma a questioni ed argomentazioni difensive afferenti all’applicabilità dell’Iva al 20% sulle operazioni ritenute non giustificate.
7. Il primo profilo di censura del quinto motivo di ricorso incidentale è inammissibile. Il ricorrente censura quella parte della sentenza che, nel ritenere ingiustificate, da parte del contribuente, le movimentazioni bancarie ha affermato, che «[…]tutte le altre operazioni sono state correttamente ritenute prive di giustificazione e tale apprezzamento va qui confermato in quanto il ricorrente ha dedotto generica causale ovvero ha prodotto documentazione inidonea (versamenti in contanti 23/11/2005 di euro 6.500,00 asseritamente rinvenuto in casa, prelevamento con assegno “a me medesimo” in data 28/04/2006, versamento in due rate a tale L. per investimenti la prova dei quali ha affidato a certificazione di indagine penale ancora in corso e che investe la certezza del fatto storico)». Il ricorrente imputa, cioè, alla CTR di aver fatto un “uso distorto” dell’art. 32 d.P.R. cit., in quanto se avesse ritenuto sufficiente l’indicazione del beneficiario dei prelevamenti per superare la presentazione del citato articolo – come la stessa CTR affermato nella prima parte della sentenza – risultavano giustificate sia le operazioni di prelevamento che di versamento, ritenute prive di giustificazione, sia quelle non esaminate espressamente dalla sentenza stessa ed espressamente individuate per le singole annualità nelle memorie illustrative dei procedimenti riuniti (vedi pagina 19 del ricorso dove il ricorrente indica i singoli atti prodotti nei gradi di merito). Non v’è chi non veda, alla semplice lettura del motivo, che esso si risolve in una censura di merito in ordine al giudizio di fatto compiuto dal giudice di merito circa la mancanza di giustificazione delle singole operazioni bancarie.
7.1. Stessa sorte hanno gli ulteriori profili di censura (“V.II” e “V.III”), non sussitendo alcuna ipotesi di anomalia motivazionale sotto il profilo di motivazione parvente, avendo i secondi giudici adeguatamente dato conto dell’iter logico seguito per ritenere non giustificate le movimentazioni bancarie di cui trattasi, né sussistendo l’omesso esame di un fatto storico decisivo e controverso nei termini indicati innanzi ai paragrafi n. 4 e n. 6.1.
8. Il sesto mezzo deve essere rigettato.
8.1. La CTR ha rigettato l’eccezione di A.M., affermando che l’obbligo di motivazione resta soddisfatto tutte le volte che l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e quindi di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeautur, richiamando, all’uopo la giurisprudenza di questa Corte (il rinvio è a «Cass., 14700/2001 e 1209/2000»).
8.1. Alcun errore può essere imputato alla CTR considerato l’orientamento assolutamente pacifico di questa Corte secondo cui l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando, in ragione della necessaria trasparenza e della possibilità di un immediato controllo dell’attività della pubblica amministrazione, pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva in punto di “an” e di “quantum debeatur”, mediante la chiara e puntuale indicazione delle operazioni – nella specie movimentazioni bancarie – in base alle quali è sorta la pretesa fiscale a fine di consentire un adeguato esercizio del diritto di difesa del contribuente (ex plurimis, v. Cass., Sez. 5 13/05/2021, n. 12853; Cass., Sez. 5 – , 07/06/2022, n. 18187). E stato, altresì soggiunto che all’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di valutare le osservazioni del contribuente, no v’è un corrispondente l’obbligo di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (v. Cass., Sez. 6-5, 31/03/2017, n. 8378).
9. Il settimo e l’ottavo motivo di ricorso risultano inammissibili per le stesse ragioni esplicitate ai paragrafi n. 4 e n. 6.1. 10. In conclusione, il ricorso principale dell’Agenzia dell’entrate va accolto mentre il ricorso incidentale di A.M. va interamente rigettato. La sentenza impugnata va cassata in relazione all’accoglimento del ricorso principale con rinvio alla CTR della Marche, in diversa composizione, che è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale dell’Agenzia dell’entrate. Rigetta il ricorso incidentale di A.M.. Cassa la sentenza impugnata in relazione all’accoglimento del ricorso principale e rinvia alla CTR della Marche, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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