CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 maggio 2021, n. 14875
Tributi – Contenzioso tributario – Appello – Omessa comunicazione alle parti della data di trattazione della controversia – Comunicazione tramite Pec – Onere di prova della consegna – Attestazione della segreteria della CTR – Illegittimità – Ricevuta di accettazione della PEC dal sistema e attestazione di consegna nella casella del destinatario – Necessità
Fatti di causa
Il contenzioso trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento alla società N.P.S. s.r.l. di un avviso di accertamento relativo a IRES, IRAP ed IVA per l’anno 2004 relativamente alla contabilizzazione di operazioni inesistenti.
L’avviso è stato impugnato sia per vizi formali (omesso motivazione, nullità per avere recepito acriticamente i contenuti del processo verbale di constatazione redato dalla Guarda di Finanza) che per la violazione delle regole relative alla ripartizione dell’onere della prova.
La Commissione tributaria provinciale di Livorno ha accolto il ricorso ritenendo fondate, nel merito, le contestazioni della ricorrente in punto di mancata prova della inesistenza delle operazioni.
La CTR della Toscana ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate ritenendo l’avviso di accertamento adeguatamente motivato “per relationem” al verbale di constatazione e, nel merito, affermando l’assolvimento, da parte dell’Amministrazione, dell’onere della prova delle presunzioni idonee a giustificare la pretesa tributaria rispetto alla quale, invece, la contribuente non aveva offerto la prova contraria.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente articolando sette motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
All’esito dell’udienza pubblica del 27.11.2019 è stata disposta l’acquisizione del fascicolo del giudizio di merito.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza e del procedimento di appello in riferimento all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. in relazione al combinato disposto degli artt. 31 e 61 d.lgs. n. 546 del 1992 per l’omessa comunicazione alle parti della data di trattazione della controversia in appello.
La contribuente eccepisce, in particolare, di non avere ricevuto la comunicazione di fissazione dell’udienza con conseguente nullità dell’intero giudizio.
Il secondo motivo contiene la censura di nullità della sentenza p causa dell’inammissibilità dell’appello per mancata specificità dei motivi e conseguente violazione degli artt. 342 cod. proc. civ. e 53 d.lgs. n. 546 del 1992 con riferimento all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4 cod. proc. civ..
Il vizio discenderebbe dalla mancata esposizione, nell’atto di gravame di merito, di una critica specifica rispetto alle analitiche argomentazioni esposte nella sentenza di primo grado.
Il terzo motivo attiene alla nullità della sentenza ex art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. per non avere la CTR pronunciato l’inammissibilità dell’appello in ragione della genericità dei motivi di appello dell’Agenzia.
Con il quarto motivo viene eccepita la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973 , 54 d.P.R. n. 633 del 1972, 2697, 2727 e 2729 cod. civ. con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ..
La CTR ha fatto malgoverno dei criteri di ripartizione dell’onere della prova in tema di detrazioni di fatture ritenute afferenti ad operazioni inesistenti nel quale caso spetta all’Amministrazione fornire la prova degli elementi posti a sostegno della propria tesi; una volta assolto tale onere, ricade sul contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza delle operazioni contestate.
Con il quinto motivo viene eccepita la violazione degli artt. 113 e 132 cod. proc. civ., nonché dell’art. 111, comma 6 Cost. con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. per essere la motivazione della sentenza della CTR affetta da vizi di insufficienza, apparenza e contraddittorietà con particolare riguardo ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 132 cod. proc. civ. che impone, in ogni caso, al giudice di merito di illustrare in termini comprensibili l’iter logico seguito per pervenire alla decisione.
Il sesto motivo riguarda il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ. avendo omesso la CTR di considerare le allegazioni (documentalmente provate) addotte dalla contribuente nel ricorso introduttivo del giudizio e non contestate dall’Amministrazione.
Si tratta di allegazioni non contestate e, pertanto, pienamente provate.
Infine, con il settimo motivo (formulato in via subordinata con riferimento al testo dell’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ. antecedente alla riforma di cui all’art. 54 d.l. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012) si denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo in ordine alle argomentazioni esposte nella motivazione della sentenza di primo grado.
Nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. depositata per l’udienza del 27.11.2019 il settimo motivo è stato abbandonato, sebbene ne sia stata affermata la rilevanza ai fini dell’esame del quinto motivo di ricorso in punto di vizio complessivo della motivazione della sentenza.
E’ fondato il primo motivo di ricorso.
Dall’acquisizione del fascicolo del giudizio di merito, non è risultata la prova dell’avvenuta rituale comunicazione della data di trattazione della causa all’udienza del 23.9.2013 davanti alla CTR di Firenze, sezione di Livorno.
Allo scopo di contrastare l’eccezione di omessa comunicazione sollevata con il primo motivo, l’Agenzia controricorrente ha dapprima segnalato l’omessa prova della circostanza dedotta dalla ricorrente e, comunque, fatto riferimento alla prova della comunicazione della data di trattazione, giusta attestazione della Segreteria della CTR di avvenuta consegna al difensore della N.P.S. che aveva presentato le controdeduzioni all’atto di appello dell’Amministrazione.
Risulta dalla visione della documentazione presente nel fascicolo acquisito che la comunicazione dovrebbe essere avvenuta tramite posta elettronica certificata presso lo studio del dott. M..
Tuttavia, manca agli atti sia la ricevuta di accettazione della PEC generata dal sistema, sia l’attestazione di consegna nella casella del destinatario.
La documentazione prodotta consiste nella copia di un’attestazione della Segreteria che autocertifica l’esito “positivo” della comunicazione via PEC.
Fotocopia, peraltro, oggetto di disconoscimento espresso con la memoria depositata per l’udienza del 27.11.2019 originariamente fissata davanti a questa Corte (punto 4.1.2. a pag. 5 dell’atto).
Preliminarmente deve osservarsi che non può porsi a carico della parte che eccepisce la mancata effettuazione di un adempimento, quale la comunicazione di una data di udienza, l’onere della prova negativa di tale fatto.
Inoltre, occorre considerare che, in tema di comunicazioni e notificazioni a mezzo PEC, la norma in base alla quale, nel caso di specie è stata eseguita la comunicazione è quella di cui all’art. 16, comma Ibis, del d.lgs. n. 546 del 1992 come inserito dall’art. 39, comma 8, lett. a), n. 2), del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. Ili del 2011.
Si tratta di norma applicabile “ratione temporis” in quanto successivamente abrogata dal d.lgs. n. 156 del 2015 che ha introdotto l’art. 16bis d.lgs. n. 546 del 1992.
Ulteriormente, si osserva che le regole tecniche per l’utilizzo della posta elettronica nell’ambito del processo tributario per le comunicazioni di cui all’art. 16, comma Ibis, del d.lgs. n. 546 cit. sono contenute nel D.M. del 26.4.2012 del Ministero delle Finanze il cui art. 7 così recita:“la comunicazione per via telematica di cui al presente decreto, si intende perfezionata al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario, la ricevuta di avvenuta consegna e produce gli effetti di cui agli articoli 45 e 48 del C.A.D. 2. La comunicazione di cui al comma 1 si considera eseguita per l’ufficio di segreteria della Commissione tributaria, al momento dell’invio al proprio gestore che risulta attestato dalla relativa ricevuta di accettazione; per il destinatario al momento in cui il documento, informatico è reso disponibile nella casella di posta elettronica certificata da parte del suo gestore”.
Ciò analogamente a quanto avviene nel il processo civile ordinario giusta le modifiche apportate dall’art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 221 del 2012 per effetto del quale “le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano, per via telematica, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario e la trasmissione del documento informatico, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all’ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. n. 68 del 2005, il cui art. 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la cd. ricevuta di avvenuta consegna (RAC), che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario” (Cass. sez. 1, 22 dicembre 2016, n. 26773; conforme Cass. sez. 1, 26 novembre 2018, n. 30532).
Anche nel processo tributario, pertanto, la comunicazione via PEC, nel regime dell’art. 16, comma Ibis citato, si deve intendere perfezionata con le medesime modalità.
Non può ritenersi, alla luce della documentazione agli atti, sussistente, a carico della ricorrente, l’onere della allegazione o della prova della circostanza negativa idonea a vincere la presunzione di conoscenza che si crea solo per effetto della generazione della ricevuta di accettazione di ricevuta e consegna (cfr. Cass. sez. L., 21 febbraio 2020, n. 4624).
La conseguenza della mancata prova della comunicazione della data di udienza di trattazione davanti alla CTR è quella della nullità della sentenza.
Peraltro, nel caso specifico, l’eccezione di omessa comunicazione è stata formulata con la contestuale indicazione dell’attività processuale “pregiudicata” consistita nella mancata possibilità di chiedere un differimento della predetta udienza per depositare la motivazione della sentenza di assoluzione della legale rappresentante della N.P.S. la cui motivazione è stata depositata il 2.12.2013, ovvero dopo la trattazione della causa in appello.
Costituisce arresto assolutamente pacifico quello secondo cui “nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs n. 546 del 1992, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall’art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata” (Cass. sez. 6-5, 11 luglio 2018, n. 18279; conformi Cass. sez. 6-5-, 29 gennaio 2016, n. 1786, Cass. sez. 6-5, 14 maggio 2013, n. 11487).
La conseguenza della nullità della sentenza, non necessariamente, è quella della retrocessione del processo alla CTR, laddove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa solo una questione di diritto.
Tanto in applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo che preclude la possibilità di adottare decisioni che comportino l’allungamento dei tempi processuali, senza che al diritto di difesa o al rispetto del contraddittorio derivino precise utilità.
In tal senso, questa Corte si pronuncia sin da Cass. sez. 5, 30 dicembre 2014, n. 27496 ove è stato affermato che “nel processo tributario, la trattazione dell’appello in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte, costituisce una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successiva, ma non determina la retrocessione del processo alla commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio“.
Si tratta dell’applicazione della regola secondo cui sono tassativi i casi di rimessione del processo al primo giudice di cui all’art. 59 d.lgs. n. 546 del 1992; casi fra i quali non è inclusa l’ipotesi in esame.
Il principio, è stato precisato, vale nel caso del giudizio di legittimità a condizione che non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa solo una questione di diritto (Cass. sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27837).
Nel caso di specie le questioni sottoposte alla cognizione della Corte non sono di “mero diritto” ma implicano accertamenti di fatto.
Così, in primo luogo, la valutazione dell’incidenza della sentenza penale della quale si è detto in precedenza che, pur non spiegando autonoma efficacia nel processo tributario, può essere valutata come elemento di prova da parte del giudice tributario con conseguente apprezzamento di merito.
Analogamente, per quanto riguarda le sollecitazioni provenienti dal terzo e dal sesto motivo di ricorso che attengono, rispettivamente, alla ripartizione dell’onere della prova per la detrazione di fatture relative ad operazioni inesistenti e di idoneità delle prove raccolte per ritenere assolto detto onere a carico dell’Amministrazione ed all’omesso esame delle circostanze fattuali indicate nel ricorso introduttivo e riportate alle pagg. 26-29 del ricorso, potenzialmente idonee a contrastare l’accertamento della Guardia di Finanza.
Si tratta di profili fattuali per i quali è necessario l’accertamento di merito rimesso alla CTR.
Il ricorso va dunque accolto con riferimento al primo motivo, previo assorbimento degli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR Toscana, sez. di Livorno, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Toscana, sez. Livorno, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.