CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 marzo 2019, n. 8591
Accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro – Contratti di lavoro autonomo ex art. 2222 cc – Comunicazione di cessazione della collaborazione
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Roma, pronunciando in sede di reclamo ex art. 1, comma 58, legge n. 92 del 2012, ha confermato il rigetto della domanda con cui M. M. aveva chiesto l’accertamento, nei confronti della società L.I., della natura subordinata del rapporto di lavoro svoltosi attraverso una serie di contratti di lavoro autonomo ex art. 2222 cod. civ. e, previa qualificazione della comunicazione di cessazione della collaborazione quale licenziamento orale, l’annullamento del recesso datoriale.
2. La Corte di appello ha ritenuto, in sintesi:
– che la configurabilità quale licenziamento della comunicazione relativa alla scadenza del termine posto al contratto di collaborazione professionale a partita IVA presuppone la configurabilità inter partes di un rapporto di lavoro subordinato;
– che a tale opzione interpretativa non poteva pervenirsi in quanto, avuto riguardo alle “emergenze probatorie, documentali e testimoniali acquisite sia nella fase monitoria che in quella di opposizione”, l’appellato aveva adempiuto l’onere della prova, che su di lui incombeva ex art. 2697 cod. civ.;
– che, alla stregua di tali risultanze, il M. aveva svolto attività di consulenza e di collaborazione in favore della società appellata, senza doversi conformare a precisi ordini e/o direttive impartitegli dai vertici della stessa”; le prestazioni erano “a fattura”, del tutto svincolate l’una dall’altra e prive di un disegno complessivo ed unitario datoriale di soggezione economica e funzionale alla società appellata;
– che, per altro verso, ove si dovessero qualificare i contratti come di lavoro subordinato a termine, il recesso operato ante tempus dall’ultimo contratto del 2013 non potrebbe comportare l’operatività dell’art. 18 Stat. lav. invocata dal lavoratore.
3. Per la cassazione di tale sentenza il M. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, cui si aggiunge (con la rubrica di sesto motivo) la riproposizione delle questioni di merito rimaste assorbite. La società L.I. ha proposto ricorso incidentale autonomo, affidato ad un motivo, e ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo, cui ha resistito il M. con controricorso.
4. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., omessa pronuncia; violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 47 e 48, I. n. 92 del 2012, anche in relazione all’art. 24 Cost. ed ai principi di difesa, del contraddittorio e del diritto al giusto processo (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.).
Ci si duole del passaggio argomentativo in cui la Corte territoriale ha ritenuto che non potesse farsi ricorso al c.d. rito Fornero nell’ipotesi di impugnazione della comunicazione datoriale di recesso dal rapporto qualificato tra le parti quale consulenza professionale a partita Iva, omettendo di considerare che tale qualificazione era stato oggetto di contestazione sin dal primo atto introduttivo del giudizio e che la comunicazione del 26 novembre 2013, pur non rappresentando in sé un formale atto di licenziamento, era stata impugnata con la specifica procedura giudiziaria di cui alla legge n. 92 del 2012, in quanto connessa alla domanda concernente la qualificazione del rapporto di lavoro quale subordinato, stante la fittizia configurazione del rapporto quale consulenza professionale.
2. Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.), nonché omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), in relazione all’opportunità di un provvedimento di rimessione al primo giudice, previa ordinanza di mutamento del rito. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. nonché dell’art. 156 cod. proc. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Violazione dell’art. 4, comma 3 d.lgs. 150 del 2011, dell’art. 1, commi 47 e segg. I. n. 92 del 2012 e dell’art. 354 cod. proc. civ. nonché nullità della sentenza di appello e del procedimento (art. 360 n 4 cod. proc. civ.), in relazione alla mancata rimessione al Tribunale di Roma, quale primo giudice, della controversia introdotta con il rito speciale, previa ordinanza di mutamento del rito.
Ci si duole del passaggio motivazionale in cui la Corte territoriale, a fronte di un ricorso depositato il 25 novembre 2016 secondo c.d. rito Fornero, aveva ritenuto che le domande con esso formulate non fossero percorribili secondo il rito speciale.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., nonché dell’art. 132, comma 2, cod. proc. civ. (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla richiesta di ammissione delle prove orali sulle circostanze dedotte a sostegno della subordinazione (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.). Nullità del procedimento (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.).
Si lamenta l’omesso esame di alcuni profili specificamente dedotti nel reclamo e precisamente che il ricorrente non era assegnatario di uno specifico e temporaneo incarico, bensì di una posizione di coordinamento stabile all’interno della struttura in cui era stato inserito, dedicata all’emissione dei bandi per i finanziamenti regionali gestiti dalla società convenuta, al pari di altri dipendenti stabilmente assunti con qualifica di quadro. Si rappresenta che sin dal ricorso introduttivo erano stati elencati gli elementi costitutivi dell’inserimento stabile nell’organizzazione della società convenuta e che nell’atto di reclamo si era denunciata l’incompleta escussione dei testimoni in maniera specifica e articolata in ordine a tutti i profili dedotti. Si sostiene che la sentenza avrebbe violato l’art. 2697 cod. civ. per non avere considerato che gli oneri del ricorrente non potevano essere assolti senza la previa ammissione delle prove orali, nonché l’art. 115 cod. proc. civ. per avere mancato di considerare le specifiche istanze istruttorie già inutilmente formulate con il ricorso in opposizione e reiterate fase di reclamo, incorrendo altresì nella violazione dell’art. 132 cod. proc.
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2222 e 2229 cod. civ.(art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.(art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.). Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti(art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) con riguardo agli indici sussidiari della subordinazione individuati dal giurisprudenza.
Si assume che, mancando la specifica precisazione in sentenza delle risultanze istruttorie, la pronuncia era incorsa in motivazione apparente. Il ricorso reca la trascrizione delle prove testimoniali per cui risulterebbe, ad avviso del ricorrente, la sussistenza di un vincolo di soggezione al potere direttivo, organizzativo e di vigilanza della società F. s.p.a., poi divenuta S.L. s.p.a. e infine L.I. s.p.a.
5. Con il quinto motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 69-bis d.lgs. n. 276 del 2003 (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Violazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.).
Il ricorrente deduce di non essere mai stato iscritto in un albo professionale e che la propria posizione ricadeva nell’alveo applicativo dell’art. 69-bis citato, introdotto al fine di eliminare l’utilizzo elusivo di collaborazioni rese da titolari di partite IVA.
Deduce che gli ultimi due contratti stipulati con L.I. ricadevano nel periodo di vigenza della predetta disposizione e che nulla aveva statuito la Corte di appello al riguardo.
6. Il ricorso incidentale autonomo della soc. L.I. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 16 bis, comma 1, d.l. n. 179 del 2012 per avere la Corte territoriale rigettato l’eccezione preliminare di parte reclamata con cui era stata riproposta in appello la questione della nullità del ricorso in opposizione per mancata osservanza dell’obbligo di deposito telematico ex art. 16-bis, norma che riguarda i procedimenti di nuova instaurazione a partire dal 30 giugno 2014.
7. Il motivo del ricorso incidentale condizionato di L.I. verte sulla statuizione del giudice di appello con cui era stata respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda di reintegra/riammissione nel posto di lavoro, trattandosi di società in house. La ricorrente incidentale denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) consistente nella “strumentalità” di F. s.p.a. (e parimenti di L.I.) rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico proprio dell’ente pubblico controllante.
8. Assume carattere pregiudiziale l’esame del ricorso incidentale autonomo di L.I. La questione posta è quella di stabilire se l’atto di impulso della fase dell’opposizione sia da considerare proposto da una “parte precedentemente costituita”, poiché l’art. 16-bis, co. 1, richiede che in tal caso gli atti processuali e i documenti di parte siano depositati “esclusivamente con modalità telematiche”. Il motivo è infondato, come già ritenuto da questa Corte con la recentissima sentenza n. 2930 del 2019 in altra analoga fattispecie.
8.1. Ritiene il Collegio che, in considerazione dei testuali contenuti nell’art. 1, co. 51 e 53, L. 92/2012, il passaggio alla seconda fase richieda una specifica costituzione in giudizio. Difatti, il ricorso in opposizione deve contenere i requisiti di cui all’art. 414 cod. proc. civ. e deve essere depositato dinanzi al Tribunale (art. 51, primo comma); le modalità di costituzione dell’opposto sono delineate a norma e con le decadenze previste dall’art. 416 cod. proc. civ. (art. 53, primo comma). Si tratta di adempimenti che ricalcano quelli della fase introduttiva del giudizio di primo grado nel rito del lavoro. Pertanto, nel c.d. rito Fornero, il giudizio di primo grado, pur articolandosi in due fasi procedimentali, richiede per l’introduzione della seconda fase un’autonoma costituzione in giudizio delle parti. Alla stregua dei tali considerazioni, non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 16-bis, co. 1, d.l. 179/2012 cit..
9. I primi due motivi del ricorso principale del M. attengono ad affermazioni contenute nella sentenza impugnata che risultano prive di qualsiasi effetto preclusivo o pregiudizievole per la parte, posto che la Corte territoriale ha esaminato nel merito il reclamo e lo ha deciso non in base a ragioni di rito, di talché i passaggi argomentativi censurati non hanno lo scopo di sorreggere la decisione, già basata su altre decisive ragioni, restando così improduttivi di effetti giuridici e non suscettibili di censura in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 11160 del 2004, 10420 del 2005). I due motivi sono pertanto inammissibili.
10. Venendo all’esame del secondo e del terzo motivo del ricorso principale, che riguardano la ratio deciderteli che sorregge la decisione, consistente nel difetto di prova della natura subordinata del rapporto di lavoro, innanzitutto va rilevato che la Corte di appello è pervenuta a tale conclusione sulla base di un accertamento che, seppure condotto dal giudice di primo grado, è stato condiviso dal giudice di appello, che ha altresì dato conto di avere esaminato “le emergenze probatorie, documentali e testimoniali acquisite sia nella fase monitoria che in quella di opposizione”, concludendo che da queste non poteva trarsi alcun diverso convincimento.
10.1 In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (v. da ultimo, Cass. 22598 del 2018).
10.2. Nel caso in esame, la sentenza non è mancante o meramente apparente in quanto, seppure in modo conciso, essa ha dato conto delle ragioni della conferma della pronuncia resa in sede di opposizione, peraltro già conforme a quella resa in sede di cognizione sommaria, mentre era onere di parte ricorrente indicare, nel ricorso per cassazione, le motivazioni rese nei provvedimenti delle precedenti fasi del giudizio, specificamente condivise dal giudice di appello, nonché le critiche mosse con l’atto di gravame, onde evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice del reclamo aveva, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali. Tale onere non risulta assolto dal ricorrente per cassazione.
11. Per quanto attiene alla denuncia di vizio di violazione di legge, a prescindere dalla inammissibile promiscuità delle censure riportate nella rubrica dei due motivi, il ricorso nel suo complesso verte sulla ricostruzione operata dalla Corte di merito del materiale probatorio. Sotto l’apparente veste dell’error in iudicando, il ricorso tende a contestare la ricostruzione della vicenda accreditata dalla sentenza impugnata. In proposito, giova ribadire che il vizio di falsa applicazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n.7394 del 2010, n. 8315 del 2013, n. 26110 del 2015, n. 195 del 2016). E’ dunque inammissibile una doglianza che fondi il presunto errore di sussunzione – e dunque un errore interpretativo di diritto – su una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a fondamento della decisione, alla stregua di una alternativa interpretazione delle risultanze di causa.
12. In ordine al quinto motivo, va premesso che l’art. 69-bis (Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo), prevede, al primo comma, una presunzione relativa circa la riconducibilità delle prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’IVA a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente. Tuttavia, ai fini della operatività di tale presunzione occorre che ricorrano almeno due delle condizioni specificamente indicate nella norma (durata complessiva della collaborazione superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi; corrispettivo derivante da tale collaborazione costituente più dell’80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi; postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente). Al secondo e al terzo comma sono poi previste delle situazioni in presenza della quali la presunzione di cui al primo comma non opera e tra queste le prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni. Incidentalmente, va pure rilevato che la disposizione di cui all’art. 69-bis è stata successivamente abrogata dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, continuando ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore dello stesso decreto.
12.1. Tanto premesso, occorre innanzitutto rilevare che il ricorrente, rimasto soccombente anche nella fase dell’opposizione, non ha denunciato un’omessa pronuncia su motivi di appello (in ipotesi) proposti al giudice del reclamo e non esaminati in tale sede. La questione, se introdotta correttamente in primo grado e riproposta al giudice del reclamo, avrebbe dovuto costituire oggetto di censura di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ..
12.2. In ogni caso, poiché la presunzione può operare solo in presenza di allegazione e dimostrazione dei requisiti richiesti dalla disposizione, non risulta che tale onere sia stato adempiuto dal M., in quanto lo stesso quinto motivo di ricorso nulla riferisce al riguardo.
13. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale condizionato proposto dalla L.I., società in house dalla Regione Lazio.
14. Stante la reciproca soccombenza, le spese del giudizio di legittimità sono compensate tra le parti.
15. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte sia del ricorrente principale sia della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale autonomo, assorbito l’incidentale condizionato. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 ottobre 2022, n. 29981 - La prescrizione dei crediti del lavoratore non decorre in costanza di un rapporto di lavoro formalmente autonomo, del quale sia stata successivamente riconosciuta la natura subordinata con…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2019, n. 25805 - Qualora sia accertato la natura subordinata dei contratti di collaborazione, ed il datore di lavoro abbia adempiuto alla procedura di cui all'art. 1, commi 1202 e ss., della legge n. 296 del…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 524 depositata l' 11 gennaio 2023 - Il credito al trattamento di fine rapporto, se, in effetti, è esigibile soltanto con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, matura (ed è, come tale, certo nell’an e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 agosto 2022, n. 25508 - Ai fini della individuazione della c.d. natura giuridica del rapporto, il primario parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato o escluso anche mediante il…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 01 ottobre 2019, n. 24480 - Ai fini dell'individuazione della natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 novembre 2020, n. 24389 - Ai fini dell'individuazione della natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…