CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 novembre 2018, n. 30676
Illegittimità del licenziamento – Reintegra del dipendente – Improprio utilizzo dei permessi concessi per ragioni di assistenza a familiare disabile e fruizione di congedo per malattia fittizia – Circostanze di fatto non idonee a sostenere l’addebito – Concetto di “assistenza” un significato più ampio rispetto alla semplice e materiale accudienza del soggetto disabile
Fatti di causa
La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 5855/2016 aveva accolto il reclamo proposto da R.A. avverso la sentenza con la quale il tribunale di Roma, in sede di procedimento ex lege n. 92/2012, aveva rigettato la domanda della R. diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento a lei intimato da R.D.S. spa; accogliendo il reclamo la corte aveva condannato quest’ultima a reintegrare la dipendente ed a pagare una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità.
La corte romana aveva ritenuto che le contestazioni mosse alla R., sostanzialmente consistenti nell’aver impropriamente utilizzato i permessi a lei concessi per ragioni di assistenza alla madre disabile e nell’aver usufruito di congedo per malattia risultata fittizia, fossero infondate in quanto le circostanze di fatto non erano risultate idonee a sostenere l’addebito dovendosi annettere al concetto di “assistenza” un significato più ampio rispetto alla semplice e materiale accudienza del soggetto disabile e dovendosi altresì escludere valenza alla circostanza che la lavoratrice fosse uscita di casa nel giorno in cui era stata sottoposta ad un intervento chirurgico e fosse quindi in congedo per malattia, attesa la mancata prova della incompatibilità della uscita con la infermità dedotta.
R.D.S. spa proponeva ricorso avverso detta decisione affidandolo a 11 motivi, cui resisteva con controricorso la R., anche depositando successiva memoria.
Ragioni della decisione
1) Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione (ex 360 n. 3 c.p.c) dell’art. 42 D.Igs n. 151/2001, dell’art. 24 comma 2 lett. b) legge n. 183/2010 e dell’art. 4 I.n. 53/2000.
Si duole la società dell’errore in cui è incorsa la corte territoriale nel ritenere eliminato il requisito della convivenza in quanto l’eliminazione avrebbe riguardato materia differente ( permessi ex lege 104/92 per genitori di figlio con handicap).
Il motivo risulta inconferente in quanto, pur avendo la corte richiamato normativa non direttamente afferente alla fattispecie in esame, ha peraltro correttamente individuato nell’art. 33 comma 3 della legge n. 104/92 la regola giuridica cui riferirsi per valutare i diritti della lavoratrice e le condizioni cui gli stessi sono legati. Ha infatti valutato , alla luce della suddetta normativa, la esistenza delle condizioni di assistenza cui assoggettare il riconoscimento del diritto vantato.
2) Con il secondo motivo è dedotta la nullità della sentenza (ex art. 360 n. 4 c.p.c.) per omessa pronuncia sulla eccezione di giudicato inerente la carenza di attività assistenziale dalle ore 21 alle 24 del 12.9.2014. Rileva la società che la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione svolta in sede di reclamo sulla circostanza accertata dal tribunale.
Se pur il motivo possa ritenersi ammissibile, essendo privo del riferimento al contenuto esatto della eccezione sollevata ( non è sufficiente il mero richiamo alle pagine della memoria), lo stesso sarebbe comunque infondato, in quanto la Corte territoriale ha chiarito , basando su questo la decisione, che la lavoratrice nelle giornate oggetto della contestazione aveva comunque dedicato il proprio tempo ad attività riconducibili in senso lato al concetto di assistenza , non potendo essere, quest’ultimo, interpretato in modo restrittivo limitatamente alla sola attività di accudimento . L’eccezione di giudicato ed il motivo inerente risulta quindi ininfluente rispetto al decisum.
3)- Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) quali l’art. 2697, 2729, e 2730 c.c. artt. 112, 115, 116, e 230 c.p.c. in materia di valutazione delle prove.
Il motivo è diretto a censurare la valutazione del materiale probatorio esaminato dalla corte . Come già in molte occasioni affermato “l”esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata ( ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016). Il motivo risulta inammissibile.
4)- Con il quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) per la violazione dell’art. 18, commi IV e V I.n. 300/70, non avendo, la corte fatto riferimento al concetto di fatto materiale quale elemento integratore della fattispecie da considerare ai fini del licenziamento. In conseguenza di ciò, se pur ritenuto illegittimo il licenziamento, avrebbe dovuto comunque ritenere sussistenti i fatti materiali ( anche se privi di rilievo giuridico) e quindi applicare le tutele di cui al comma 4 dell’art. 18 richiamato.
Questa corte ha avuto occasione di chiarire che “L’ insussistenza del fatto contestato”, di cui all’art. 18, comma 4, st.lav., come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. b), della I. n. 92 del 2012, fattispecie cui si applica la tutela reintegratoria cd. attenuata, comprende sia l’ipotesi del fatto materiale che si riveli insussistente, sia quella del fatto che, pur esistente, non presenti profili di illiceità. (Cass. n. 29062/2017; conf. Cass. n. 13383/2017; Cass.n. 12102/2018; Cass.n. 14192/2018). Il motivo è da rigettare.
5) Con il 5, 6 e 7 motivo la società denuncia il vizio di motivazione (ex art. 360 n. 5 c.p.c.) per aver la corte omesso l’esame di un fatto decisivo oggetto di discussione , quale la mancata assistenza alla madre nei tre giorni in contestazione.
I motivi risultano inconferenti in quanto, come sopra già evidenziato, il decisum della corte è centrato sulla circostanza che la lavoratrice nelle giornate oggetto della contestazione aveva comunque dedicato il proprio tempo ad attività riconducibili in senso lato al concetto di assistenza , non potendo essere, questo, interpretato in senso restrittivo limitatamente alla sola attività di accudimento . Alcun rilievo assumono quindi le censure di mancata assistenza peraltro veicolate in modo improprio attraverso il vizio denunciato rispetto al quale non si evidenzia alcuna decisività.
6) Con l’ottavo motivo la società denuncia il vizio di motivazione (ex art. 360 n. 5 c.p.c.) per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, consistito nella elezione fittizia residenza finalizzata al godimento dei congedi straordinari.
Val la pena premettere che non risulta chiaro, non essendo stata riportata la contestazione originaria nel corpo del ricorso, se tale circostanza sia interna alla vicenda addebitata. Peraltro, il motivo contiene una serie di deduzioni ed elementi di fatto attinenti al giudizio di merito che non possono formare oggetto del giudizio di legittimità. Il motivo è inammissibile.
7) Con il nono motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( ex art. 360 n. 3 c.p.c.) quali gli artt. 2697, 2729, e 2730 c.c. degli artt. 112, 115, 116 e 230 c.p.c., in materia di valutazione delle prove ed attendibilità dei testi .
Come già sopra rilevato in relazione al terzo motivo “In esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata ( ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016).
Anche tale motivo risulta inammissibile.
8) Con il decimo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) quali gli artt. 2697, 2729, e 2730 c.c. degli artt. 112, 115, 116 e 230 c.p.c., in relazione al giorno della malattia. Violazione dell’art. 18 I.n. 300/70.
La società lamenta la errata valutazione della insussistenza del fatto legato alla circostanza che la lavoratrice fosse uscita nel giorno di congedo per malattia ( e ciò anche con riferimento alla tutela riconosciuta ex art. 18 comma 4 (e non 5) I.n. 300/70).
Il motivo è inammissibile con riguardo alla valutazione della compatibilità della malattia con la uscita di casa, già esaminata dal giudice del merito ed estranea alla valutazione del giudice di legittimità.
Deve poi essere richiamato quanto detto con riferimento al 4″ motivo ed alla natura del fatto contestato : “L’ insussistenza del fatto contestato”, di cui all’art. 18, comma 4, st.lav., come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. b), della I. n. 92 del 2012, fattispecie cui si applica la tutela reintegratoria cd. attenuata, comprende sia l’ipotesi del fatto materiale che si riveli insussistente, sia quella del fatto che, pur esistente, non presenti profili di illiceità.
Il motivo è infondato.
9) Con l’ultimo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) quali l’art. 33 I.n. 104/92, art. 4 I.n. 53/2000 e art. 42 Dlgs n. 151/2001.
Con tale motivo la società contesta l’interpretazione data dalla corte territoriale alla natura delle cure ed assistenza necessarie ad integrare il diritto di fruire dei permessi a ciò diretti.
La Corte territoriale ha valutato in concreto la riferibilità delle attività svolte dalla lavoratrice, come accertate nel giudizio, alla cure ed assistenza della madre disabile anche considerando ed escludendo l’utilizzo dei permessi e congedi ” in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza” . Ha pertanto tenuto presenti i criteri interpretativi del concetto di assistenza come integrato dagli orientamenti del giudice di legittimità (Cass. n. 29062/2017). Ogni differente valutazione atterrebbe al merito del giudizio non consentita in sede di legittimità.
Il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 5.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 ottobre 2021, n. 28606 - In tema di congedo straordinario ex art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, che l'assistenza che legittima il beneficio in favore del lavoratore deve comunque garantire al familiare…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 giugno 2020, n. 12032 - La fruizione abusiva dei permessi previsti dall'art. 33, co. 3, della legge n. 104/92 si realizza soltanto ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al…
- CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 2235 depositata il 25 gennaio 2023 - E' legittimo il licenziamento del lavoratore che utilizzi i permessi di cui alla legge 104 per fini compensativi. Il lavoratore che presti assistenza ad un familiare disabile ha…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 7306 depositata il 13 marzo 2023 - In tema di permessi per assistenza ai genitori disabili ove manchi del tutto un nesso causale tra l'assenza dal lavoro e l'assistenza al disabile, non può riconoscersi un uso del…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 marzo 2019, n. 8310 - Licenziamento per indebita fruizione dei permessi ex art. 33, L. n. 104 del 1992 - Il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che non si avvalga del permesso previsto dal citato art.…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 luglio 2019, n. 19580 - Costituisce giusta causa di licenziamento l'utilizzo da parte del lavoratore che fruisca di permessi ex lege n. 104 del 1992 per attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, violando…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: i dati tratti da server non c
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 7475 deposi…
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…