CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 agosto 2018, n. 21264
Cessione del ramo di azienda – Inquadramento – Presunto diritto all’inquadramento superiore
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 16828/2010, ha respinto la domanda proposta da A.I. la quale – premesso di essere stata dipendente della S. spa con la qualifica di impiegata di quarto livello dal 1974 all’agosto 1994, di essere stata poi assunta senza soluzione di continuità dalla T.I. spa con inquadramento dapprima nel livello D (con mansioni di impiegato esperto) e dall’1.9.2002 nel V livello (con mansioni di assistente ad attività specialistiche) e che in data 16 settembre 2006, per effetto della cessione del ramo di azienda “S.C.R.” era transitata nella ITS S.M.S. spa – aveva chiesto accertarsi: a) la illegittimità della cessione del ramo cui era stata assegnata; b) il diritto all’inquadramento superiore; c) il riconoscimento dei danni subiti.
2. La Corte di appello di Roma, con la pronuncia pubblicata il 16.6.2014, in parziale riforma della sentenza di prime cure ha dichiarato l’illegittimità del trasferimento della I. e ha condannato la T.I. spa a ripristinare immediatamente il rapporto di lavoro, reintegrandola in servizio nelle medesime mansioni già svolte o in mansioni ad esse equivalenti, nonché a corrisponderle le differenze retributive tra quanto percepito dalla data della cessione e quanto spettante a parità di inquadramento, ai dipendenti della T.I. spa.
3. La Corte di merito, a fondamento del decisum, ha rilevato che: 1) era inammissibile l’eccezione di inammissibilità della originaria domanda riproposta dalla società e fondata sull’ipotizzata sussistenza di un comportamento concludente di acquiescenza agli effetti della cessione derivante dalla mancata impugnazione della stessa per oltre tre anni, in quanto tale eccezione, respinta dal Tribunale con espressa statuizione, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica impugnazione con appello incidentale; 2) le risultanze istruttorie non consentivano di ritenere legittima l’operazione di cessione per il brevissimo intervallo di tempo intercorso tra la ristrutturazione e la cessione che non consentiva di conferire, al ramo ceduto, una struttura dotata di apprezzabile autonomia organizzativa ed economica e per la sostanziale assenza dell’indicazione di qualsiasi criterio, conforme ai principi di buona fede e correttezza, di come sia stata effettuata la suddivisione del personale tra i due servizi; 3) non era stato provato che la ricorrente fosse addetta al ramo ceduto; 4) erano infondate le pretese di risarcimento dei danni relativi all’illegittimo trasferimento e di riconoscimento di mansioni superiori.
4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la società affidato a quattro motivi.
5. Ha resistito con controricorso A.I..
6. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cpc.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 333 e 346 cpc, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, per avere erroneamente la Corte di merito ritenuto necessaria la proposizione di un appello incidentale, in ordine alla riformulazione in secondo grado dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per acquiescenza della I. al trasferimento del ramo di azienda cui era adibita, quando invece era sufficiente la sua mera riproposizione in quanto l’eccezione mirava a paralizzare la domanda avversaria.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc e degli artt. 115 e 244 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale posto a conferma della propria tesi, in ordine alla mancanza di autonomia organizzativa ed economica del ramo ceduto a causa del brevissimo lasso temporale tra ristrutturazione e cessione, deposizioni generiche e senza alcuna attinenza con riguardo al suddetto convincimento.
4. Con il terzo motivo la società si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc e degli artt. 115 e 345 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, per avere la Corte di appello, da un lato, erroneamente valutato la questione che il ramo ceduto fosse privo di strutture direzionali, pur non essendo stato tale tema di indagine ritualmente introdotto con il ricorso di primo grado e, dall’altro, perché tale assunto si scontrava con la documentazione allegata e con il principio giurisprudenziale secondo cui l’autonomia del ramo può sussistere anche in presenza di una struttura smaterializzata o leggera costituita in prevalenza da rapporti di lavoro organizzati in modo idoneo, anche potenzialmente, allo svolgimento di una attività economica.
5. Con il quarto motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1375, 2112 e 2697 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere erroneamente i giudici di secondo grado addossato alla società la prova che i lavoratori ceduti facessero parte della struttura oggetto di trasferimento e per non avere adeguatamente valutato che, occupandosi la I. di attività amministrativa per entrambi i servizi ed espletando, quindi, una attività connessa alla logistica e trasversale ad entrambi, la sua assegnazione al ramo ceduto era pienamente legittima.
6. Preliminarmente va dato atto che la società, con la memoria ex art. 378 cpc, si è limitata a prospettare l’esistenza di un precedente che, però, non può spiegare alcuna rilevanza nel presente giudizio caratterizzato da presupposti in fatto diversi.
7. Ciò premesso, il primo motivo non è fondato.
8. La pronuncia della gravata sentenza si rivela conforme al principio statuito da questa Corte, con la pronuncia del 12.5.2017 n. 11799, secondo cui, in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso e attraverso una enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente, ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice di appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile, il rilievo officioso ex art. 345 comma 2 cpc (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329 comma 2 cpc), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345 comma 2 cpc.
9. Nel caso in esame, pertanto, correttamente i giudici di seconde cure hanno ritenuto che fosse necessaria la proposizione di un appello incidentale a seguito del rigetto espresso da parte del Tribunale dell’eccezione di inammissibilità della domanda di nullità del trasferimento della I. per avere tenuto una condotta implicante tacita accettazione del trasferimento stesso, di talché la formulazione di una critica alla decisione impugnata di primo grado non poteva consistere in una mera riproposizione in appello dell’eccezione già respinta in modo esplicito.
10. Il secondo motivo non è meritevole di pregio.
11. Infatti, le violazioni di legge denunziate sono insussistenti in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalle disposizioni di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina prevalente (Cass. 26.6.2013 n. 16038; Cass. n. 28.2.2012 n. 3010).
12. In realtà, il motivato scrutinato è essenzialmente inteso alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e alla contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. 16.12.2011 n. 27197; Cass. 18.3.2011 n. 6288).
13. Il terzo motivo presenta innanzi tutto profili di inammissibilità, circa la censura ex art. 360 n. 5 cpc, perché il dedotto omesso esame (sull’esistenza di strutture direzionali nell’ambito del ramo ceduto) è, invece, stato valutato dalla Corte di merito la quale ha escluso al ramo trasferito la natura di struttura dotata di apprezzabile autonomia organizzativa ed economica in considerazione del brevissimo intervallo di tempo tra ristrutturazione e cessione e delle risultanze istruttorie costituite dalle deposizioni di alcuni testi nonché dalle dichiarazioni della lavoratrice genericamente contestate dalla società, di talché non si verte tecnicamente nella ricorrenza del vizio denunciato ai sensi del novellato art. 360 n. 5 cpc, applicabile ratione temporis in considerazione della data di pubblicazione della gravata sentenza.
14. Con riguardo, poi, alla asserita possibilità che l’autonomia del ramo ceduto possa sussistere anche in presenza di una struttura dematerializzata o leggera costituita in prevalenza da rapporti di lavoro organizzati, in modo idoneo, anche potenzialmente, allo svolgimento di una attività economica, osserva il Collegio che è ben possibile ciò ma, affinché si realizzi, è necessario che i lavoratori ceduti costituiscano un gruppo coeso per professionalità, con precisi legami organizzativi preesistenti alla cessione e specifico Know-how tali da individuarli come una struttura unitaria funzionalmente idonea e non come una sommatoria di dipendenti (cfr. Cass. 7.3.2013 n. 5678); tale evenienza, però, non è ravvisabile con riguardo alla specifica posizione della I. (acclarata con accertamento non sindacabile in questa sede) per i compiti da essa svolti, come appresso sarà specificato.
15. Infine, anche il quarto motivo è infondato.
16. In primo luogo va specificato che, nel caso di specie, l’onere della prova sulla circostanza che i lavoratori ceduti facessero parte della struttura oggetto del trasferimento, correttamente è stato posto nel caso in esame a carico della società. Deve, infatti, ribadirsi il principio affermato in sede di legittimità (cfr. Cass. 31.5.2016 n. 11247), cui si intende dare seguito, secondo cui incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 cc, che derogano al principio del necessario consenso del contraente ceduto ex art. 1406 cc, fornire la prova dell’esistenza dei relativi requisiti di operatività.
17. Quanto, poi, al fatto che la I. si occupasse di attività amministrativa, sia per il ramo ceduto che per quello non ceduto, rileva il Collegio che la Corte di merito ha valutato tale situazione ritenendola, con motivazione logica e congrua, irrilevante perché la sua fungibilità dimostrava, in re ipsa, che non faceva parte del ramo ceduto e perché, di contro, “l’unica cosa provata” era che l’attività (sia pure amministrativa) svolta dalla lavoratrice era di supporto a servizi e progetti facenti capo al ramo ceduto e, pertanto, non di esclusiva pertinenza di questo.
18. Si tratta di un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie ed immune da contraddizioni e vizi logici, che rende priva di pregio la censura.
19. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
20. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con attribuzione. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore della controricorrente dichiaratosi antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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