CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 aprile 2022, n. 13356
Rapporto di lavoro – Addetta alle biglietterie aziendali – Provvedimento disciplinare – Ammanco di cassa del magazzino – Appropriazione consapevole di somme di denaro – Accertamento
Fatti di causa
1. Con lettera del 7 agosto 2015 la U.M.E. srl (attualmente B.S.N. srl) esprimeva, all’esito delle indagini espletate e dei chiarimenti richiesti, l’opinamento ex art. 53 all. A) al RD n. 148/31 di applicazione del provvedimento disciplinare della destituzione nei confronti della dipendente F.R., addetta alle biglietterie aziendali site nell’area di Terni, per la mancanza di cui al punto 4) dell’art. 45 all. A al RD n. 148/31 (che sanziona con la destituzione “chi, nonostante restituzione, scientemente si appropri o contribuisca a che altri si appropri di somme, valori, materiale od oggetti spettanti all’azienda, o ad essa affidati per qualsiasi causa”), essendo stato accertato un ammanco di cassa del magazzino della lavoratrice, alla data del 16.7.2015, pari ad euro 976,10.
2. Con successiva lettera la società confermava, ai sensi dell’art. 53 co. 8 all. A al RD n. 148/31, l’opinamento di destituzione, disponendo la cessazione del rapporto a decorrere dall’8.9.2015.
3. Impugnato il licenziamento, il Tribunale di Terni, in fase sommaria, ritenendo la insussistenza del fatto, disponeva la reintegrazione della dipendente nel posto di lavoro ex art. 18 co. 4 legge n. 300/1970; lo stesso Tribunale rigettava, poi, l’opposizione proposta dalla società con la pronuncia n. 187/19.
4. La Corte di appello di Perugia, con la sentenza n. 176/2019, accoglieva il reclamo di parte datoriale e, in riforma della impugnata pronuncia, respingeva le domande formulate in primo grado da F.R.
5. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure, in sintesi, ritenevano sussistente l’appropriazione consapevole di somme di denaro, da parte della dipendente, derivante dalla vendita i titoli di viaggio; reputavano tale fatto grave e idoneo a determinare la lesione irrimediabile del rapporto fiduciario; consideravano irrilevante la mancata pronuncia del Collegio di Disciplina non essendo stata chiesta dalla incolpata; precisavano che l’accordo nazionale 27.11.2000, che prevedeva all’art. 14 il termine di 15 giorni per irrogare la sanzione, non si applicava alla R. essendo quest’ultima un’impiegata e non addetta ai servizi di mobilità; infine, rilevavano l’insussistenza della eccepita discordanza tra fatto contestato e quello per il quale era stata chiesto il licenziamento.
6. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione F.R. affidato a nove motivi, cui resisteva con controricorso B.S.N. srl.
7. Le parti hanno depositato memorie.
8. Il PG ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., l’omessa motivazione su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, relativamente alla esistenza di una specifica direttiva aziendale sulla conta fisica mensile dei biglietti: in particolare, sulla natura, contenuto e limiti di tale direttiva.
3. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e la violazione del principio del contraddittorio e di difesa, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la Corte territoriale, in ordine alla conta fisica dei biglietti di verifica, adottato una lettura immotivata, parziale e fraintesa, nel significato italiano, delle testimonianze acquisite.
4. Con il terzo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 2697 cc, per avere conseguentemente la Corte di merito violato la norma in materia di ripartizione degli oneri probatori circa l’accertamento della sussistenza della condotta appropriativa.
5. Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., della violazione dell’art. 45 RD n. 148/1931, da solo e in combinato disposto con l’art. 2697 cc, per avere erroneamente la Corte territoriale dato per scontato l’avvenuta appropriazione di denaro sulla base di dati errati.
6. Con il quinto motivo si obietta, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., l’omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, rappresentato, appunto, dalla appropriazione di somme di denaro da parte della dipendente.
7. Con il sesto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 18 co. 4 della legge n. 300/1970 nonché la violazione dell’art. 45 RD n. 148/1931, perché, in difetto di appropriazione e di sussistenza del fatto, la Corte di appello avrebbe dovuto applicare la tutela prevista dalla citata disposizione.
8. Con il settimo motivo si contesta, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 14 CCNL Autoferrotranvieri all. A e art. 18 legge n. 300/1970, precisando che, se qualche imputazione fosse addebitabile alla dipendente, questa sarebbe quella della negligenza punita, ai sensi del CCNL, con sanzione conservativa.
9. Con l’ottavo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 14 CCNL Autoferrotranvieri all. A, per non avere rilevato la Corte territoriale la violazione del termine di 15 giorni, per l’adozione del provvedimento sanzionatorio, con conseguente declaratoria di nullità del licenziamento, trattandosi di due regimi normativi, quello previsto per gli autoferrotranvieri e quello generale dello Statuto dei lavoratori, coesistenti ed efficaci.
10. Con il nono motivo si sostiene, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’art. 54 RD n. 148/1931, per essere stata la sanzione irrogata dall’Amministratore delegato della società e non dal Consiglio di disciplina.
11. Il primo motivo è infondato.
12. I giudici di seconde cure hanno indicato, attraverso il richiamo del documento prodotto dalla società (prot. 11296 del 29 luglio 2015), le modalità operative e le procedure che gli addetti alla vendita dei biglietti avrebbero dovuto seguire; hanno, poi, specificato che la R. aveva ammesso di non avere seguito la procedura operativa impartita dal datore di lavoro, omettendo di verificare mensilmente la giacenza fisica e reale dei biglietti presenti in magazzino; hanno, infine, precisato che, a fronte dell’ammanco di cassa pacifico tra le parti (cfr. verbale di accertamento), la lavoratrice non aveva fornito alcuna spiegazione.
13. Orbene, da quanto sopra indicato, deve osservarsi che la Corte territoriale, da un lato, ha considerato le direttive aziendali circa la conta periodica dei biglietti; dall’altro, va considerato che la questione asseritamente omessa non si dimostra decisiva alla stregua della contestazione disciplinare che concerneva la appropriazione di denaro mancante e non la avvenuta trasgressione alle direttive aziendali.
14. Il secondo motivo è inammissibile.
15. Il vizio di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c. può essere censurato in sede di legittimità, solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente ovvero manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018).
16. Nel caso in esame, invece, la Corte territoriale, con adeguata ed esauriente motivazione, ha dato atto delle ragioni per cui ha ritenuto dimostrata la sussistenza della prova sugli addebiti mossi alla incolpata.
17. Le censure mirano, in realtà, ad ottenere una diversa ricostruzione della vicenda rispetto a quella accertata dalla Corte territoriale che, con motivazione congrua e giuridicamente corretta e senza alcun travisamento delle risultanze istruttorie, ha rilevato che la necessità della conta fisica dei biglietti, oltre ad essere un compito specifico degli addetti alla vendita, era anche una operazione da svolgersi nell’interesse dello stesso lavoratore.
18. Il terzo, il quarto ed il quinto motivo, da esaminare congiuntamente perché interferenti, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
19. E’ infondata la violazione dell’art. 2697 cc che si ha, tecnicamente, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. n. 17313/2020).
20. Le altre censure ivi formulate, al di là delle denunziate violazioni di legge, si limitano, in sostanza, ad essere una richiesta di riesame del merito della causa attraverso una nuova valutazione delle risultanze processuali in quanto sono, appunto, finalizzate ad ottenere una revisione degli accertamenti di fatto compiuti dalla Corte territoriale (Cass. n. 6519/2019) che, come già sopra specificato, non è ammissibile in sede di legittimità.
21. La trattazione del sesto motivo che si fonda sull’eventuale accoglimento del quinto, resta assorbita.
22. Il settimo motivo è inammissibile.
23. Esso, testualmente, è stato così formulato: <<art. 360 n. 5 c.p.c.: violazione art. 14 CCNL autoferrotranvieri all. A e Art. 18 L. 300/1970. Se, in teoria, qualche imputazione poteva essere mossa alla dipendente era di negligenza. La conseguenza poteva essere la multa, non il licenziamento, previsto invece per ipotesi specifiche nessuna delle quali ricorrente nel caso di specie. Qualora il CCNL preveda una sanzione conservativa per un determinato fatto, questo non può essere punito con quella espulsiva >.
24. E’ agevole rilevare che la censura, riportata interamente, difetta del requisito della specificità, perché non è indicata quale precisa disposizione del CCNL, che prevedeva una sanzione conservativa per la condotta contestata, sarebbe stata applicabile nel caso in esame. Inoltre, deve sottolinearsi che, tra i documenti allegati al ricorso per cassazione, non è indicato il CCNL né è specificata la sua precisa localizzazione qualora lo stesso fosse stato depositato, nella sua interezza, nelle produzioni dei gradi di merito.
25. L’ottavo motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della gravata sentenza che ha escluso l’applicabilità dell’art. 14 dell’allegato A dell’accordo nazionale alla R. (operatore qualificato di ufficio – impiegata) in quanto non addetta ai servizi ausiliari di mobilità.
26. Tale specifico punto non è stato adeguatamente censurato con il ricorso per cassazione.
27. Il nono motivo è, infine, anche esso inammissibile perché non si commisura con l’impianto decisorio adottato dalla gravata sentenza lì dove è stato specificato, con il richiamo ad un precedente di legittimità in termini, che occorreva, per ottenere la pronuncia del Collegio di Disciplina, una apposita richiesta dell’incolpata da esaminarsi nel termine di gg. 10 dall’opinamento: richiesta che non risultava essere stata proposta.
28. La ricorrente si è limitata, invece, a denunciare che: <all’udienza del 21.4.2016 la R. ha lamentato che il licenziamento fosse stato irrogato dall’amministratore e non dal Consiglio di Disciplina previsto dalla normativa di cui in rubrica, che, in effetti, nemmeno risultava essere mai costituito (testimonianza, quella vera, del T.). Ciò in quanto si è inteso attribuire ad un organo terzo ¡’irrogazione di quella che è la sanzione più grave possibile (arg. Ex Cass. 2711/2006; Cass. 12490/2015)>, senza quindi criticare pertinentemente le argomentazioni della Corte distrettuale.
29. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
30. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
31. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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