CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 dicembre 2021, n. 41731
Dirigente – Dimissioni per giusta causa – Indennità di preavviso – Determinazione
Fatto
1. Con decreto del 9 maggio 2019, il Tribunale di Ancona rigettava l’opposizione proposta, ai sensi dell’art. 98 I. fall., da L.L. allo stato passivo del Fallimento S. s.p.a., cui era stata ammessa, quale dipendente con qualifica di dirigente, per retribuzioni e spese sostenute, ma non anche per indennità di preavviso conseguente alle dimissioni rassegnate per giusta causa, in misura superiore alle tre mensilità previste dall’art. 26, secondo comma del CCNL del settore del credito 13 luglio 2015 per non essere queste equiparabili al licenziamento, pure esso per giusta causa.
2. A motivo della decisione, il Tribunale riteneva corretta la statuizione del giudice delegato, per la combinata lettura sistematica degli artt. 2119, 2118, secondo comma c.c. e 26 CCNL cit., neppure operando per il personale dirigente la distinzione nella durata del preavviso, tra dimissioni per giusta causa e prive di giusta causa, invece prevista dall’art. 77 dello stesso CCNL per il personale non dirigente per le due diverse ipotesi.
3. Con atto notificato il 17 giugno 2019, la lavoratrice ricorreva per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; la curatela fallimentare, ritualmente intimata, non svolgeva difese.
4. Il P.G. rassegnava conclusioni scritte, a norma dell’art. 23, comma 8bis d.l. 137/20 inserito da I. conv. 176/20, nel senso dell’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Con unico motivo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 2118, 2119 c.c. e dei criteri di applicazione dell’art. 26 CCNL Dirigenti aziende di credito 13 luglio 2015, per la non corretta interpretazione del Tribunale, certamente non letterale (implicando il rovesciamento della posizione del lavoratore, recedente per giusta causa, da soggetto tenuto all’indennità a suo beneficiario in luogo del datore), ma neppure ricavabile in via sistematica dall’art. 79, quarto comma (non 77, come erroneamente indicato nel decreto) del CCNL denunciato, dal quale anzi risulterebbe confermata la patrocinata interpretazione di spettanza al dirigente, recedente per giusta causa dal rapporto di lavoro, della medesima indennità prevista a carico dell’imprenditore, se receduto senza giusta causa.
2. Esso è infondato.
3. L’art. 2119, primo comma, ult. parte c.c. riconosce, nell’ipotesi, come quella di specie, al prestatore di lavoro a tempo indeterminato, che receda per giusta causa, “l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente l’articolo 2118, secondo comma c.c. stabilisce che essa sia “equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”. Sicché, senza alcun indebito “rovesciamento” di prospettiva, la combinata applicazione delle due norme comporta un rinvio alla sola misura dell’indennità spettante, pari a quella dovuta per il preavviso: nel caso di specie, nella misura fissa di tre mesi (art. 26, secondo comma CCNL del 13 luglio 2015 per i Dirigenti dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali), a differenza che per il personale non dirigente. Il contratto di questi lavoratori, previa la distinzione tra dimissioni senza giusta causa (art. 79, in riferimento all’art. 77, lett. e CCNL del 31 marzo 2015 per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali) e invece per giusta causa, in tale ipotesi stabilisce un’indennità pari a quella di mancato preavviso, che sarebbe spettata al lavoratore se la risoluzione del rapporto si fosse verificata ad iniziativa dell’impresa per giustificato motivo, oltre ad un trattamento aggiuntivo in base all’anzianità di servizio (art. 79, quarto comma, in riferimento all’art. 77, lett. f CCNL cit.).
3.1. E l’interpretazione del Tribunale è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte, per il quale (in particolare, stigmatizzata l’erronea assimilazione dell’esistenza di un comportamento datoriale, idoneo ad integrare giusta causa di dimissioni, al licenziamento illegittimo, posto che, in presenza di dimissioni ancorché dovute a giusta causa, l’effetto risolutorio del rapporto si ricollega sempre ad un atto di volontà del lavoratore: Cass. 7 novembre 2001, n. 13782) al lavoratore dimissionario per giusta causa spetta, a compenso del pregiudizio specifico determinato dalla risoluzione del rapporto, soltanto l’indennità di preavviso, così come al datore di lavoro, che licenzi un lavoratore inadempiente, ai sensi dell’art. 2119 c.c., è precluso domandare il risarcimento del pregiudizio sofferto per trovarsi costretto a reperire sul mercato un nuovo collaboratore a condizioni meno vantaggiose (Cass. 7 novembre 2001, n. 13782; Cass. 6 settembre 2003, n. 13060; Cass. 28 dicembre 2017, n. 31083).
3.2. E la misura dell’indennità dovuta al dirigente dimissionario per giusta causa, “equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso”, segnala un’eloquente differenza di trattamento dei dirigenti rispetto a quello suindicato riservato a quadri e personale non dirigente, essendo tra l’altro il CCNL di questi anteriore (31 marzo 2015) a quello dei primi (13 luglio 2015) e giustificandosi per l’obiettiva diversità delle due posizioni professionali.
Peraltro, occorre rilevare nel secondo CCNL, qui in questione, una differenza sotto il profilo del trattamento tra dimissioni per giusta causa (per cui il dirigente non è tenuto al periodo di preavviso e ha diritto a un’indennità di tre mesi in misura fissa: art. 26, secondo comma) e dimissioni senza giusta causa, per cui egli è invece tenuto al preavviso e, in caso di inosservanza del termine di cui al precedente comma, a corrispondere (“è dovuta”) “una indennità pari al trattamento che il dirigente avrebbe percepito durante il periodo di mancato preavviso” (art. 26, terzo comma).
4. Dalle argomentazioni sopra svolte discende allora il rigetto del ricorso, senza alcun provvedimento sulle spese di giudizio, non avendo svolto difese la curatela fallimentare vittoriosa e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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