CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 febbraio 2020, n. 5482
Tributi – Accise – Nave sottoposta a sequestro conservativo – Forniture di gasolio in esenzione d’imposta – Illegittimità – Operazioni di bunkeraggio – Nozione di “nave in partenza”
Fatti di causa
L’Agenzia delle dogane emetteva inviti di pagamento, nonché di irrogazione delle conseguenti sanzioni, nei confronti della S.M.P. Spa, esercente deposito fiscale di prodotti energetici, per aver effettuato, tra il 2010 e la fine del 2011, numerose operazioni di bunkeraggio (nella specie, 20 forniture di gasolio per propulsione della nave) in regime di esenzione d’imposta alla nave D., battente bandiera delle Bahamas, ormeggiata nel porto di Venezia, che non poteva considerarsi nave in partenza perché sottoposta a sequestro conservativo.
L’impugnazione della società, rigettata dalla CTP di Venezia, era accolta dal giudice d’appello, per il quale, ai fini dell’esenzione, era sufficiente “l’attitudine tecnico-fisica di salpare” immediatamente.
L’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione con tre motivi. La contribuente resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato con un motivo.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 254, primo comma, d.P.R. n. 43 del 1973 (TULD), 201 Reg. n. 2913/92/CEE (CDC), 199 Reg. n. 2454/93/CEE (DAC), 792 bis, punto 1, DAC come novellato dal Reg. n. 430/2010/UE, nonché dell’art. 1, commi 2 e 4, d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA) per aver erroneamente interpretato la nozione di “nave in partenza” di cui all’art. 254, primo comma, TULD, ritenendo privo di rilievo che le forniture fossero avvenute in costanza di sequestro conservativo, né tenendo conto che l’art. 792 bis DAC, nel testo applicabile, imponeva al dichiarante di comunicare l’eventuale mancata uscita della merce.
L’Ufficio deduce, inoltre, la responsabilità della contribuente sia nella sua veste di dichiarante sia, a titolo di responsabilità solidale, quale titolare del deposito fiscale fornitore del carburante.
2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 253 TULD e 562, lett. b, DAC, erroneamente assunti dalla CTR a conforto della soluzione adottata.
3. I motivi, da esaminare unitariamente perché evidentemente connessi, sono fondati.
3.1. Le questioni centrali nel giudizio sono:
a) la nozione di “navi in partenza” contenuta nell’art. 254, primo comma, TULD;
b) se, una volta effettuato il trasbordo della merce (nella specie il gasolio per la nave), assuma rilievo, e in quali termini, la mancata uscita del bene dal territorio doganale.
3.2. La nozione di “nave in partenza” è stata oggetto di esame da parte della sentenza n. 12313 del 26/05/2006 (recentemente ripresa da Cass. n. 15337 del 6/06/2019) che, dopo aver precisato il carattere eccezionale della norma («Si tratta di norma che costituisce un’eccezione al principio di cui all’art. 36, prevedendo che nel caso di provviste di bordo l’esportazione definitiva sia anticipata al momento dell’imbarco»), ha evidenziato che «l’unica condizione prevista dalla norma relativamente alla concessione della esenzione è una situazione oggettivamente accertabile ed accertata di nave in partenza».
Non assume rilievo, invece, l’effettiva partenza trattandosi di condizione non prevista per le navi commerciali (ma solo, come si ricava dal secondo comma, per le navi da diporto).
3.3. La disamina operata dalla Corte è condivisibile ma deve essere precisata.
3.4. Occorre rilevare, in primo luogo, che l’esistenza di una “situazione oggettivamente accertabile” impone una complessiva valutazione dello stato effettivo del natante e ciò sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista giuridico.
È evidente, infatti, che come non può ritenersi “in partenza” una nave che sia ricoverata in cantiere per riparazioni, così non può ritenersi tale il natante per il quale esista una oggettiva condizione ostativa (riferibile a terzi soggetti) a lasciare il porto.
Lo status di nave in partenza, in altri termini, sussiste se il mezzo può (seppur nei limiti dell’ordinaria disciplina amministrativa che regola la materia) salpare dal porto in qualsiasi momento e a propria discrezione.
Si tratta, dunque, di valutazione che deve essere operata in concreto e non – come ritenuto dalla CTR – in astratto: non è sufficiente «il requisito astratto che presuppone l’attitudine tecnico-fisica di salpare le ancore immediatamente» ma è necessario che, con valutazione da operare in concreto, non sussista alcun vincolo a poter operare una simile scelta.
La valutazione, inoltre, va necessariamente effettuata con giudizio ex ante, ossia con riguardo alla situazione esistente al momento della fornitura: l’evento imprevedibile sopravvenuto, infatti, non può influire sullo status della nave, che al momento della richiesta di approvvigionamento era oggettivamente “libera” da ogni vincolo e pronta a partire.
3.5. Questa connotazione, del resto, discende dalla stessa sentenza n. 12313/2006, che, da un lato, aveva apprezzato che la condizioni di nave in partenza fosse non solo accertabile ma anche accertata e, dall’altro, aveva ritenuto privo di rilievo, ai fini della esenzione, la circostanza sopravvenuta (dopo la fornitura e prima della partenza) dell’avvenuto sequestro conservativo della nave.
Orbene, la situazione della vicenda qui in giudizio è opposta a quella esaminata nel citato precedente: la fornitura, come risulta pacificamente dalla stessa sentenza impugnata, è stata ordinata mentre la nave era sottoposta a sequestro conservativo.
Il fatto era certo ed anteriore e rendeva, come si esprime la CTR, la data della partenza «del tutto imprevedibile». L’avvenuto (e anteriore) sequestro conservativo determinava – si può affermare – una “istituzionale” impossibilità di partire, da cui l’insussistenza, ab origine, della condizione di “nave in partenza”.
L’effettiva ragione del rifornimento, d’altra parte, è chiaramente desumibile dalla stessa decisione secondo la quale la condizione di nave in partenza non poteva «esistere senza il rifornimento essenziale di gasolio, considerato, anche, che a bordo vivevano circa 200 persone, le quali dovevano essere, in ogni momento, in grado di eseguire le manovre necessarie all’allontanamento dal porto italiano, cosa che è realmente avvenuta il 7.12.2011», ossia dopo 20 rifornimenti e ad oltre un anno dal primo.
Le forniture, quindi, assolvevano una funzione conservativa del buon funzionamento della nave e del mantenimento dell’equipaggio in vista di una futura, ma imprevedibile, data di partenza.
3.6. La CTR, dunque, ha errato nell’interpretare l’art. 254 TULD ed ha malamente sussunto i fatti accertati.
Quanto all’art. 253 TULD, impropriamente evocato dalla CTR, la questione resta assorbita alla luce delle considerazioni sopra esposte.
È sufficiente osservare, sul punto, che la norma, richiamata dal penultimo comma dell’art. 254 TULD, postula che il trasbordo sia stato operato su “nave in partenza”, condizione qui invece assente.
4. Fondata è anche la lamentata violazione delle norme del DAC.
4.1. La fattispecie delineata dall’art. 254 TULD integra, ove le merci siano nazionali o nazionalizzate, una ipotesi di esportazione definitiva, che, come sopra rilevato, è anticipata al momento dell’imbarco o trasbordo della merce.
Non pertinente – né rilevante – è quindi il rinvio all’art. 562, lett. b, DAC, che riguarda il regime di ammissione temporanea e il relativo termine di appuramento, del tutto estranei alla vicenda in giudizio.
4.2. È rilevante, invece, la previsione di cui all’art. 792 bis DAC.
4.3. Va disattesa, in primo luogo, l’eccezione secondo la quale la norma non riguarderebbe gli approvvigionamenti di carburante per nave.
L’art. 786, punto; lett. b, DAC, come modificato dal Reg. n. 430/2010/UE e vigente dal 1.1.2011, nel prevedere tra i beni sottoposti alle formalità doganali in questione le merci comunitarie «destinate all’approvvigionamento esente da imposta di navi e di aeromobili, indipendentemente dalla destinazione dell’aeromobile o della nave», è esplicito.
Anche la disciplina anteriore, peraltro, pur in assenza di una simile espressa indicazione, includeva le suddette forniture, come risulta univocamente dall’Allegato 30 bis, note 3 e 4, le quali prevedono che nella dichiarazione in uscita debbono essere riportati i dati «per l’approvvigionamento di navi e di aeromobili», per i quali è allestita una apposita colonna da compilare.
4.4. L’art. 792 bis, punto 1, DAC, nel testo introdotto dal Reg. n. 1875/2006/CE e modificato dal Reg. n. 319/2009/CE, ratione temporis applicabile, disponeva «Quando una merce che ha ottenuto lo svincolo per l’esportazione non è uscita dal territorio doganale della Comunità, l’esportatore o il dichiarante ne informano immediatamente l’ufficio doganale di esportazione. Se del caso, l’esemplare n. 3 del documento amministrativo unico va restituito a detto ufficio».
Analoga previsione, in termini più articolati, è prevista (punto 2 della norma) per l’ipotesi in cui, a seguito di modifiche contrattuali, la merce resti all’interno del territorio dell’Unione.
La disposizione, dunque, copre ogni ipotesi: la mancata uscita della merce, sia che dipenda da un fatto, sia costituisca il risultato di una scelta contrattuale, rileva per il diritto unionale, che eleva l’effettività dell’uscita stessa a condizione per il riconoscimento del regime di esportazione (e delle correlate misure agevolate), ponendo a suo presidio un onere di informativa (o, addirittura, procedurale) da parte dell’esportatore e del dichiarante.
Si tratta, del resto, di esigenza centrale nel diritto unionale, su cui la stessa Corte di Giustizia si è più volte espressa (v. da ultimo in tema di accise e prodotti energetici sentenza 2 giugno 2016, in C- 418/14, ROZ-SWIT, p. 33: «tanto l’impianto sistematico quanto la ratio della direttiva 2003/96 si basano sul principio secondo cui i prodotti energetici sono tassati in relazione al loro effettivo utilizzo»; v. anche, in materia doganale, sentenza 28 marzo 2019, in C- 275/18, Milan Vins).
4.5. Ne deriva che, nella vicenda in esame, anche a prescindere da quanto su rilevato, era specifico onere della contribuente, da adempiere “immediatamente”, comunicare che le forniture di carburante non erano state impiegate per l’uscita dal territorio unionale (dato incontroverso atteso il numero delle stesse), onere che, invece, era rimasto del tutto inosservato.
Tale rilievo toglie poi ogni significatività alla circostanza che la società avesse ottenuto i visti di svincolo sulle copie dei modelli DAU e DAE, fermo restando, in ogni caso, che non rileva l’originaria mancata contestazione da parte dell’Ufficio, che ha operato in base alle dichiarazioni presentate da un soggetto qualificato, salva la possibilità di procedere alla revisione a posteriori.
5. Vanno dunque affermati i seguenti principi di diritto:
«in tema di diritti doganali, la nozione di “navi in partenza dai porti dello Stato”di cui all’art. 254, primo comma, TULD, postula una situazione oggettivamente accertabile, che compete al giudice di merito con valutazione in concreto da operare ex ante, non limitata all’attitudine tecnico-fisica di salpare le ancore immediatamente ma che include l’assenza di vincoli – ad eccezione di quelli derivanti dall’ordinaria disciplina amministrativa di settore – tali da precludere alla nave di partire in qualsiasi momento e a propria discrezione»
«in tema di approvvigionamento di carburante in regime di esenzione per navi in partenza verso porti extra UE, l’esportatore o il dichiarante, qualora la nave non sia partita ed il combustibile sia stato utilizzato all’interno del territorio doganale, sono tenuti, ai sensi dell’art. 792 bis DAC, ratione temporis applicabile, ad informarne immediatamente l’autorità doganale».
6. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 10 I. n. 212 del 2000 per aver la CTR ritenuto il legittimo affidamento in relazione all’avvenuto annullamento, per la medesima vicenda, della ripresa Iva da parte dell’Agenzia delle entrate.
6.1. Il motivo è inammissibile.
La questione integra un mero argomento, richiamato dalla CTR a conforto della decisione assunta.
Sul punto, invero, occorre sottolineare la diversità di regime tra disciplina Iva e doganale – che, pur evidenziata dalla CTR, non pare dalla stessa compiutamente apprezzata – atteso che, con riguardo alla prima, la vicenda resta riconducibile all’art. 8 bis, lett. d, d.P.R. n. 633 del 1972, che attribuisce il regime di esenzione non perché venga in rilievo una cessione all’esportazione ma solo perché a quest’ultima viene “assimilata” senza ulteriori condizioni (v. Cass. n. 20575 del 7/11/2011).
7. Passando al ricorso incidentale condizionato, l’unico motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 ovvero n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della I. n. 212 del 2000 per aver la CTR ritenuto gli atti impositivi adeguatamente motivati.
7.1. Il motivo va disatteso in entrambe le sue articolazioni.
7.2. Non sussiste, in primo luogo, l’eccepito vizio di motivazione apparente.
La CTR, infatti, nel ribadire quanto già statuito dal giudice di primo grado, ha affermato che «dalla lettura degli atti notificati è possibile evincere che gli stessi sono perfettamente motivati e riportano tutti gli elementi che consentono di comprendere la questione e di eventualmente, approntare una difesa in sede processuale».
Si tratta, dunque, di un accertamento in fatto dell’adeguatezza della motivazione degli atti impositivi che, seppur succintamente motivato, fa chiaro riferimento al tenore e al contenuto degli stessi, rendendo palese sia la ratio decidendi, sia il percorso motivazionale che ha condotto ad una simile conclusione, per cui la sentenza non si sottrae al minimo costituzionale che solo, a seguito del novellato art. 360 n. 5 c.p.c., consente di attivare il controllo di legittimità.
La censura, in parte qua, si risolve, pertanto, in una doglianza sulla sufficienza della motivazione, non più consentita.
7.3. Parimenti inammissibile è la censurata violazione di legge, risultando la doglianza carente in punto di autosufficienza, non essendo stato riprodotto in ricorso – se non per alcune limitate frasi – l’atto di cui lamenta la contraddittorietà ed illogicità e la violazione dell’onere di motivazione.
8. In accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, inammissibile il terzo e rigettato il ricorso incidentale condizionato, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente, in diversa composizione, per l’esame delle ulteriori questioni rimaste assorbite.
P.Q.M.
In accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso principale, inammissibile il terzo, rigettato il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per l’ulteriore esame, alla CTR del Veneto in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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