CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 maggio 2018, n. 13252
Collaboratori a progetto – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Mancanza del progetto – Omesso versamento contributivo – Cartella esattoriale
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 31 ottobre 2011, ha respinto l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione di P.G. avverso l’iscrizione a ruolo della somma di euro 50.981,07 a seguito della notifica della cartella esattoriale, per omesso versamento contributivo e sanzioni in riferimento a tre collaboratori, con i quali erano stati conclusi contratti a progetto, nel periodo 2004-2006, e che per l’INPS dovevano considerarsi lavoratori subordinati.
2. Riteneva la Corte di merito che, in mancanza di un’adeguata individuazione del progetto, il rapporto dovesse presumersi subordinato e che, trattandosi di presunzione relativa di subordinazione (ex art. 69 d.lgs. n. 276 del 2003), il committente aveva assolto, in primo grado, l’onere probatorio su di lui incombente, di provare l’esistenza dei contratti di lavoro autonomo, e la relativa statuizione del giudice di primo grado, non oggetto di gravame, non era stata devoluta alla cognizione della Corte del gravame, con il conseguente rigetto del gravame incentrato sull’erronea interpretazione della disposizione sanzionatoria del divieto di instaurare collaborazioni prive del requisito del progetto e della presunzione assoluta di subordinazione, assorbiti i motivi di appello incidentale condizionato, proposti dalla parte appellata.
3. Per inciso, per quanto in questa sede rileva, il primo giudice aveva escluso che l’attività dei tre collaboratori fosse riconducibile ad un progetto specifico, trattandosi di incombenze coincidenti con l’attività imprenditoriale normalmente svolta dall’impresa e, nel contempo, aveva ritenuto dimostrata la natura autonoma dei rapporti in questione.
4. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con ricorso affidato ad un motivo, cui P.G. ha resistito con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, e proposto ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi, avverso il quale l’INPS ha solo conferito delega in calce alla copia notificata del ricorso.
Ragioni della decisione
5. Preliminarmente va disattesa l’istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti di Equitalia s.p.a., ora Agenzia delle Entrate Riscossione, sollevata da P. con la memoria, per avere questa Corte già chiarito che nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, notificata dall’istituto concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall’I.N.P.S., la legittimazione passiva spetta unicamente a quest’ultimo ente, titolare della relativa potestà sanzionatola, con la conseguenza che l’eventuale opposizione, formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera denuntiatio litis (prevista dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 209 del 2002, conv. in l. n. 265 del 2002) che non vale ad attribuirgli la qualità di parte, neanche nei successivi gradi (v., fra le altre, Cass. 11 novembre 2014, n. 23984).
6. Tanto premesso, con l’impugnazione principale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 69, commi 1, 2, 3 del decreto legislativo n. 276 del 2003 e degli artt. 2728 e 2729 cod.civ., l’INPS si duole che la Corte di merito abbia ricondotto la fattispecie all’art. 69, primo comma, d.lgs. n. 276 cit., trovando applicazione nella specie, in considerazione della sostanziale inesistenza del progetto e di una nullità, la presunzione assoluta, diversamente dal secondo comma che disciplina la diversa fattispecie della non conformità del contratto allo schema legale e introduce una presunzione relativa.
7. Alla disamina del motivo di gravame è preliminare l’esame dell’eccezione di giudicato, sollevata da P. con memoria ex art. 378 cod.proc.civ., per avere l’INPS impugnato la sentenza solo nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto parte datoriale facoltizzata a dare la prova della natura autonoma dei rapporti, non censurandola nella parte in cui ha ritenuto definitivamente provata l’autonomia dei rapporti, con la conseguenza, assume la parte intimata, del passaggio in giudicato della relativa statuizione, rimanendo assorbita, dall’accertata autonomia, ogni altra questione.
8. Premesso che l’Istituto ha censurato, con l’appello, gli effetti sanzionatori della violazione del divieto di instaurare collaborazioni prive del requisito del progetto, assumendo, nella specie, l’applicazione della presunzione legale assoluta di subordinazione, osserva la Corte che non può dirsi formato un giudicato interno, sulla natura autonoma dei contratti in riferimento ai quali si discute dell’obbligazione contributiva, in quanto tale mera asserzione, essendo ancora sub judicio la problematica degli effetti conseguenti alla mancanza del progetto e alla dirimente questione della connotazione della presunzione legale di subordinazione, assoluta o relativa, non è suscettibile di passare in giudicato proprio perché ancora controverso l’assolvimento dell’onere probatorio che postula, quale antecedente logico, la dirimente natura della presunzione legale, assoluta o relativa, applicabile nella specie (cfr., sul tema, benché in vicenda dissimile, Cass. 3 aprile 2017, n. 8604 e i precedenti ivi richiamati).
9. A questo punto, l’esame del motivo del ricorso principale va affrontato contestualmente, per l’evidente connessione logica, con l’impugnazione incidentale con la quale, deducendo, con il primo motivo, violazione degli artt. 112 e 116 cod.proc.civ. e omessa pronuncia, la parte ricorrente incidentale si duole che la Corte di merito non abbia esaminato i motivi di censura avverso la ritenuta insufficiente specificità del progetto affermata dal primo giudice che aveva concluso nel senso che l’attività di verifica della regolarità delle incombenze svolte nel cantiere dai vari operai dell’impresa non sarebbe stata riconducibile alla nozione di specifici progetti trattandosi di attività coincidente con l’oggetto principale dell’impresa, e dunque si era ritenuto necessario esaminare la natura della predetta presunzione.
10. Ebbene, in tema di lavoro a progetto, alla stregua del decreto legislativo n. 276 del 2003, nel testo applicabile, come nella specie, ratione temporis nella versione antecedente alle modifiche introdotte con legge n. 92 del 2012, trattandosi di contratti stipulati antecedentemente all’entrata in vigore della predetta legge di modifica (art. 25, legge n. 92 cit.), questa Corte, con orientamento consolidato, ha affermato che l’articolo 69 del citato decreto legislativo si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza la previsione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (cfr. anche Cass. n. 13127 del 2016 e Cass. n. 12820 del 2016).
11. Del pari consolidato risulta il principio per cui l’assenza del progetto (elemento costitutivo del contratto), agli effetti del citato primo comma dell’art. 69, del decreto legislativo in esame, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia (v., fra le altre, Cass. n. 8142 del 2017).
12. Si tratta, dunque, di una presunzione legale assoluta, come ribadito, anche da ultimo, da Cass. 16 ottobre 2017, n. 24379 che, nel solco delle precedenti decisioni, ha riaffermato che il regime sanzionatorio articolato dall’art. 69 del citato decreto legislativo n. 276, contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi: con il comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto ope legis, restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria, mentre al comma 2 disciplina l’ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti (v., inoltre, Cass. 28 novembre 2017, n. 28422 e la giurisprudenza ivi richiamata).
13. Per quanto detto in ordine alla conversione ex lege del rapporto di lavoro, rimane priva di rilievo finanche la natura autonoma accertata in esito ad attività istruttoria compiuta dal giudice del merito e tanto rende altresì inammissibile, anche per difetto di interesse, il primo motivo del ricorso incidentale, incentrato sulla questione della specificità del progetto e sull’omessa pronuncia al riguardo, posta comunque con profili di novità nell’impugnazione di legittimità ed evocando, in modo incerto, la ricorrenza, nella specie, di un «progetto/programma/fase».
Il secondo motivo del ricorso incidentale, che avversa la quantificazione della sanzione come operata nella cartella opposta, non può essere esaminato dalla Corte atteso che il mezzo di censura non devolve alcuno dei vizi tassativamente prescritti per l’impugnazione di legittimità ma svolge solo argomenti in ordine al parametro adottato per il calcolo contributivo per i contratti disconosciuti, al documentato adempimento degli obblighi contributivi relativi alla gestione separata in riferimento ai tre collaboratori, alla pretesa compensazione con il credito portato dalla cartella e sull’eccedenza della sanzione rispetto alla misura del saggio legale degli interessi.
15. Al più si coglie, nel ricorso incidentale, la deduzione della sola violazione art. 345 cod.proc.civ., per avere l’INPS, solo in secondo grado, chiesto la condanna al pagamento delle somme portate dalla cartella, con domanda che si assume inammissibile; ma costituisce principio già ripetutamente affermato da questa Corte che, l’ente previdenziale convenuto nel giudizio di opposizione a cartella di pagamento, può chiedere, oltre al rigetto dell’opposizione, anche la condanna dell’opponente all’adempimento dell’obbligo contributivo, portato dalla cartella, anche nella minore misura residua ancora dovuta, senza che ne risulti mutata la domanda (cfr., fra le altre, Cass. 11 maggio 2017, n. 11515/2017).
16. In conclusione, il ricorso principale va accolto, rigettato l’incidentale, la sentenza cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione.
17. L’esito alterno dei giudizi di merito consiglia la compensazione delle spese dei gradi di merito; le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; compensa le spese dei gradi di merito; condanna la parte intima al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.