CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 maggio 2018, n. 13253
Cartella esattoriale – Contributi e somme aggiuntive – Onere della prova – Verbali ispettivi
Rilevato che
la società D.M. s.r.l. propose opposizione alla cartella esattoriale con la quale le era stato intimato il pagamento di € 151.776,04 a titolo di contributi e somme aggiuntive afferenti al periodo novembre – dicembre 1996 ed agli anni 1997-1998-1999- 2000-2001;
atteso che il Tribunale adito, in parziale, accoglimento dell’opposizione, dichiarò prescritti i crediti contributivi, le somme aggiuntive e gli interessi di mora riguardanti il periodo compreso tra il mese di novembre del 1996 e quello di febbraio del 1998, oltre che non dovuti i contributi previdenziali, le relative somme aggiuntive e gli interessi di mora con riguardo al dipendente C.M. relativamente al periodo 1.11.2000 – 16.11.2000; dichiarò, altresì, dovute le somme aggiuntive nella misura di cui all’art. 116, comma 8, lett. a) L. n. 388/2000, ad eccezione di quelle relative ai contributi riguardanti il dipendente B.F., come correttamente calcolate in cartella, rigettando nel resto l’opposizione; posto che tale decisione, impugnata dalla società D.M. s.r.l., è stata confermata dalla Corte d’appello di Catania con sentenza del 29.7.2011;
verificato che per la cassazione della sentenza d’appello ricorre la società D.M. s.r.l. con cinque motivi, cui resiste l’Inps con controricorso, mentre rimane solo intimata la società S.S. s.p.a.;
Considerato che
col primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2094, 2697, 2727, 2729 c.c., dell’art. 24 del d.lgs n. 46/1999, nonché l’insufficienza della motivazione dolendosi del fatto che la Corte d’appello non si sarebbe attenuta ai principi in materia di governo degli oneri della prova, in quanto spettava all’Inps fornire la prova della pretesa contributiva, ed avrebbe mal interpretato gli indici rivelatori dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, erroneamente ritenuto essere intercorso tra le parti; col secondo motivo, proposto per violazione degli artt. 2094, 2697, 2727, 2729 c.c., dell’art. 24 del d.lgs n. 46/1999 e dell’art. 246 c.p.c., la ricorrente si duole del valore probatorio attribuito dal giudicante ai verbali ispettivi e alla deposizione resa da una lavoratrice che aveva un interesse qualificato all’esito del giudizio; ,col terzo motivo, formulato in relazione alla posizione lavorativa di B.F., la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2094, 2697, 2727, 2729 c.c. e dell’art. 24 del d.lgs n. 46/1999, assumendo che anche per questo lavoratore valgono le censure sollevate coi primi due motivi; col quarto motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., dell’art. 24 del d.lgs n. 46/1999, nonché l’insufficienza della motivazione in ordine alla posizione del lavoratore B.C., assumendo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, quest’ultimo aveva realmente completato la propria formazione teorica presso la società “I.S.M.”, per cui la mancata sottoscrizione, da parte di quest’ultimo, dell’attestato rilasciatogli dalla stessa società era irrilevante; col quinto motivo, proposto per violazione dell’art. 1 della legge n. 389/1989 e dell’art. 421 c.p.c., la ricorrente contesta quanto ritenuto dal giudice di merito circa l’indebita fruizione dello sgravio totale triennale ex lege 448/98, dello sgravio capitario ex lege n. 30/1997 e della fiscalizzazione degli oneri sociali, assumendo che la rilevata tardività delle eccezioni mosse al riguardo era erronea, posto che si era trattato solo di una mera difesa non soggetta a decadenze o preclusioni, per cui il giudicante avrebbe dovuto disporre, avvalendosi dei suoi poteri d’ufficio, una consulenza tecnica; rilevato che i cinque motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati per le seguenti ragioni:- Anzitutto, i motivi in esame denotano molteplici profili di inammissibilità riconducibili al difetto di autosufficienza delle relative censure per il loro contenuto generico, alla mancata produzione del contratto collettivo richiamato a sostegno della asserita tempestività della deduzione riflettente la determinazione degli sgravi fruiti, alla mancata produzione dei contestati verbali ispettivi, alla mancata trascrizione del contenuto delle deposizioni sfavorevoli all’assunto difensivo; inoltre, per quel concerne l’asserito vizio di motivazione, è bene ricordare che si è già avuto occasione di statuire (Cass. Sez. 3, n. 9368 del 21.4.2006) che <<In tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).
Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base. (Nella specie la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso in quanto che la ricorrente si era limitata a riproporre le proprie tesi sulla valutazione delle prove acquisite senza addurre argomentazioni idonee ad inficiare la motivazione della sentenza impugnata, peraltro esente da lacune o vizi logici determinanti)>>; orbene, nella fattispecie la Corte territoriale ha dimostrato di aver adeguatamente vagliato il materiale probatorio sottoposto al suo esame allorquando ha rilevato l’insussistenza dei presupposti degli invocati sgravi contributivi, vale a dire l’asserita esistenza di rapporti di collaborazione continuativa e coordinata, di rapporti di formazione e lavoro e l’assunzione di lavoratori disoccupati, affermando, altrettanto correttamente, che trattandosi di situazioni estintive dell’opposta pretesa contributiva incombeva sulla parte datoriale che intendeva avvalersi dei relativi benefici dimostrarne la ricorrenza; né va trascurato che la ricorrente introduce come vizi di violazione di legge quelli che in realtà attengono alla motivazione della sentenza; invero, come si è già avuto modo di statuire (Cass. Sez. Lav. n. 7394 del 26 marzo 2010), <<in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. (Principio enunciato dalla S.C. in tema di impugnazione del licenziamento, in riferimento alla denuncia dell’erronea applicazione della legge in ragione della non condivisa valutazione delle risultanze di causa).>> (in senso conf. v.Cass. Sez. lav. n. 16698 del 16 luglio 2010). verificato, pertanto, che il ricorso va rigettato e che le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo, mentre alcuna statuizione al riguardo va adottata nei confronti di S.S. s.p.a. che è rimasta solo intimata;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 4700,00, di cui € 4500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Nulla spese nei confronti di S.S. s.p.a.
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