CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 maggio 2021, n. 14991
Appalto – Infortunio sul lavoro – Violazione degli obblighi di sicurezza e di informativa – Risarcimento danni – Responsabilità
Fatti di causa
1. A.D.S., G.S., M.D.S. e T.D.S.convennero in giudizio D. s.r.I., C. s.r.I., A.V. e V.C., la prima quale committente, la seconda quale appaltatrice dei lavori nell’esecuzione dei quali si era verificato l’infortunio occorso a A.D.S., il terzo quale subappaltatore e datore di lavoro dell’infortunato ed il quarto quale responsabile del cantiere, dipendente di C. s.r.I., per chiedere il risarcimento del danno subito sia personalmente da A.D.S. a seguito dell’infortunio sul lavoro verificatosi il 17.2.2005 sia dai congiunti dello stesso in conseguenza del medesimo evento.
Autorizzata la chiamata in causa di F. Assicurazioni Danni s.p.a., società assicuratrice per la responsabilità civile di C. s.r.I., il giudice di primo grado, respinta ogni altra domanda, condannò in solido A.V., V.C. e C. s.r.l. al pagamento in favore di A.D.S., G.S., M.D.S. e T.D.S.della somma risarcitoria di € 35.000,00, oltre accessori, rigettando ogni altra domanda proposta in corso di causa.
2. La Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato in solido A.V., V.C., D. s.r.l. ed il Fallimento di C. s.r.l. al pagamento a titolo risarcitorio, in luogo della somma di € 35.000,00 oltre accessori, della somma di € 600.000,00 in favore di A.D.S., della somma di € 80.000,00 in favore di G.S., della somma di € 55.000,00 in favore di ciascuno degli altri congiunti, oltre accessori come per legge dalla data della decisione;
ha condannato F. Assicurazioni s.p.a. a tenere indenne la fallita C. s.r.l. dalla obbligazione risarcitoria nei limiti del massimale.
2.1. Per quel che ancora rileva, il giudice di appello ha ribadito che l’infortunio occorso ad A.D.S., il quale mentre lavorava senza protezioni su una scala di ferro fissa a doppia rampa era caduto all’indietro da un’ altezza di circa due metri, era causalmente collegato alla mancata adozione delle necessarie misure di prevenzione (vale a dire barriere e protezioni anticadute apposte sul luogo rialzato in cui lavorava il D.S.) da parte delle persone tenute alla relativa predisposizione ed alla vigilanza sul rispetto delle misure di sicurezza.
Escluso il concorso di colpa del lavoratore, il quale non aveva tenuto alcuna condotta anomala, la Corte di merito ha tenuto ferma l’individuazione, quali soggetti responsabili dell’accaduto, di V.C. (che non aveva impugnato sul punto la statuizione di primo grado), responsabile del cantiere e addetto alla sicurezza, di A.V. (che ugualmente non aveva impugnato sul punto la statuizione di primo grado), quale sub appaltatore dei lavori e datore di lavoro del D.S., ritenuto responsabile «quantomeno per omessa vigilanza», della fallita società C. s.r.l. in quanto datrice di lavoro del C. ed autrice del piano di sicurezza con corrispondenti oneri, in concreto non osservati, di vigilanza e controllo; ha esteso la responsabilità risarcitoria alla società committente D. s.p.a. per essere acclarato che la scala in ferro senza ringhiere, sulla quale era salito l’infortunato, era preesistente ai lavori in questione e non era stata consegnata in condizioni di sicurezza ovvero fornendo le dovute informazioni sui correlati rischi al fine della cooperazione nell’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione << senza considerare poi la negligenza del Direttore dei lavori che doveva rispondere a D. e sul quale quest’ultima doveva a sua volta vigilare il quale non aveva disposto alcuna precauzione riguardo l’uso della scala e non era nemmeno presente al momento dell’infortunio». In ordine al risarcimento del danno, il giudice di appello, osservato che la cospicua rendita erogata dall’INAIL aveva adeguatamente compensato per il lavoratore ed il relativo nucleo familiare la perdita dell’apporto patrimoniale, ha riconosciuto il diritto al danno biologico ulteriore rispetto a quanto indennizzato dall’INAIL, danno che ha liquidato in base alle tabelle del Tribunale di Milano, detratto quanto omogeneamente riconosciuto dall’INAIL, in € 600.000,00 valutato nell’attualità. Ha inoltre riconosciuto il diritto dei familiari del D.S. al danno non patrimoniale patito iure proprio per lo sconvolgimento delle abitudini di vita liquidato in favore della moglie andava in € 80.000,00 ed in favore di ciascuno degli altri familiari in € 55.000,00. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso D. s.p.a. (già D. s.r.I.) sulla base di sedici motivi; F. Assicurazione Danni s.p.a. ha resistito con controricorso; A.D.S., G.S., M.D.S. e T.D.S. hanno depositato <<atto di notifica ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ.» di documentazione ai fini della inammissibilità del ricorso; gli intimati A.V., V.C., la Curatela del Fallimento C. C. s.r.I., Generali Business Solutions s.c.p.a. non hanno svolto attività difensiva.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso D. s.p.a. deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. censurando la decisione per apparenza di motivazione; sostiene non essere percepibili le ragioni alla stregua delle quali era stata affermata la responsabilità della società committente; ciò sia avuto riguardo all’affermazione relativa alla preesistenza sui luoghi della scala, priva delle misure di protezione, sia in relazione all’assunto della violazione degli obblighi di sicurezza e di informativa riferiti alla committente D., sia in relazione alla condotta del Direttore dei lavori in relazione al quale si assume la violazione dell’obbligo di vigilanza a carico della committente .
2. Con il secondo motivo di ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1228, 1294, 1655 e sgg., 2049 e 2055 cod. civ. e dell’art. 7 d. lgs 626/1994, nel testo vigente ratione temporis, e di ogni altra norma in materia di responsabilità in tema di appalti, degli artt. 2697 e 2729 cod. civ.; assume il contrasto della sentenza impugnata con i principi affermati dal giudice di legittimità in tema di esonero del committente per la responsabilità connessa agli infortuni sul lavoro subiti da dipendenti dell’appaltatore o del subappaltatore; tale responsabilità sussisteva, infatti, solo in caso di configurabilità in capo al soggetto committente di culpa in eligendo o in caso di ingerenza nella esecuzione dei lavori commissionati al soggetto appaltatore, ipotesi estranee alla concreta fattispecie; sostiene inoltre che la consegna dell’area alla società appaltatrice determinava la responsabilità a carico della stessa quale custode.
3. Con il terzo motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2050 e 2051 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere condannato la società D. sulla base della pretesa preesistenza all’inizio dei lavori della scala dalla quale era caduto il lavoratore, elemento che assume essere assolutamente irrilevante oltre che inveritiero.
4. Con il quarto motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1228, 1294, 1655 e sgg. dell’art. 2055 cod. civ. e dell’art. 7 d. Igs n. 626/1994, nel testo vigente ratione temporis, e di ogni altra norma in materia di responsabilità negli appalti per quel che attiene alla figura del Direttore dei lavori, censura la sentenza impugnata per avere configurato un obbligo di vigilanza sul direttore dei lavori a carico della società D., senza considerare che non si trattava di un soggetto incaricato dalla società committente e che, comunque, tale figura professionale non era investita da un obbligo di sicurezza.
5. Con il quinto motivo di ricorso, deducendo violazione degli artt. 101, 112, 115, 116, 343, 345, 414, 420, 434 e 437 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per avere affermato la responsabilità della società D. sulla base di fatti mai allegati da parte attrice e dei quali non era stata offerta prova e di fatti che non potevano ritenersi né pacifici né riconducibili al notorio e che risultavano, anzi, smentiti dalla istruttoria espletata.
6. Con il sesto motivo di ricorso deduce omesso esame della circostanza, risultante degli atti, relativa al fatto che la scala dalla quale era caduto il D.S. era in corso di montaggio e, quindi, non era affatto preesistente al momento della consegna dell’area da parte della committente, come, invece, ritenuto in sentenza, e che il Direttore dei lavori non era stato nominato dalla committente D., secondo quanto emergente dalla prova orale.
7. Con il settimo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. Att. Cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione alla concreta determinazione del danno liquidato in favore del lavoratore; il giudice di appello, pur enunciando di volere a tal fine prendere in considerazione tutte le circostanze del caso concreto, ne aveva omessa la specifica indicazione e neppure chiarito la relativa incidenza in punto di personalizzazione del pregiudizio scaturito dall’infortunio; analogamente, non era dato comprendere da dove era scaturito il dato relativo alla misura del danno biologico liquidato dall’INAIL portato in detrazione del dovuto.
8. Con l’ottavo motivo di ricorso, deducendo nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 cod. proc. civ. , dell’art. 118 disp. Att. Cod. proc. civ. e 111 Cost., denunzia apparenza di motivazione con riguardo alla quantificazione del danno in favore dei congiunti dell’infortunato.
9. Con il nono motivo di ricorso, deducendo violazione degli artt. 112, 115, 324, 343, 345, 414, 420, 434 e 437 cod. proc. civ. e 97 disp. Att. Cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per avere, nella liquidazione del danno, fatto applicazione delle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, pur in difetto di una richiesta in tale senso di parte attorea.
10. Con il decimo motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1225, 1227, 2056, 2059 cod. civ. e di ogni altra norma in tema di valutazione del danno, anche equitativa, censura la sentenza impugnata per avere utilizzato quale relativo criterio di determinazione le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano.
11. Con l’undicesimo motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1225/6, 1227, 2056, 2059 cod. civ. e di ogni altra norma in tema di valutazione, anche equitativa, del danno, censura la sentenza impugnata con riferimento alla quantificazione del risarcimento riconosciuto in favore dei congiunti del lavoratore.
12. Con il dodicesimo motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1225/6, 1227, 2056, 2059 cod. civ., dell’art. 10 d. P. R. n. 1124/1965, delle altre norme del detto T.U. e di ogni altra norma in tema di valutazione, anche equitativa, del danno, censura la sentenza impugnata con riferimento alla quantificazione del risarcimento in favore dell’infortunato.
13. Con il tredicesimo motivo di ricorso, deducendo violazione degli artt. 101, 112, 115, 343, 345, 414, 420, 434 e 437 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., censura la decisione di appello per avere la Corte di merito operato una comparazione tra danno civilistico e importo riconosciuto dall’INAIL per poste anziché per importi totali come, invece, richiesto nel ricorso in appello.
14. Con il quattordicesimo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la Corte di merito omesso di pronunziare sulla domanda di D. s.p.a. di essere tenuta indenne da parte della appaltatrice C. s.r.l. .
15. Con il quindicesimo motivo di ricorso, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1292, 1294 e 2055 cod. civ. e di ogni altra norma in materia di responsabilità solidale censura la sentenza impugnata per l’ipotesi di ritenuto rigetto della domanda della società D. s.p.a. di essere tenuta indenne dalla società C..
16. Con il sedicesimo motivo deduce omessa pronunzia sulla eccezione della D. volta ad ottenere l’applicazione della regola dell’esonero ex art. 10 d. P.R. n. 1124 /1965 con conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. .
17. Il primo motivo di ricorso è fondato. E’ noto che la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 03/11/2016 n. 22232), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 07/04/2017 n. 9105) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 18/09/2009 n. 20112).
17.1. Nel caso di specie, come censurato dalla parte ricorrente, le argomentazioni del giudice di appello non consentono di percepire il fondamento della responsabilità attribuita alla committente per l’infortunio occorso al D.S., dipendente del soggetto subappaltatore.
La sentenza impugnata si è limitata ad affermare essere acclarato che la scala in ferro, senza ringhiere, dalla quale era caduto il D.S., era preesistente ai lavori di esecuzione dell’appalto e non era stata consegnata in condizioni di sicurezza ovvero fornendo le dovute informazioni sui correlati rischi al fine della cooperazione nell’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione; ha quindi soggiunto: « senza considerare poi la negligenza del Direttore dei lavori che doveva rispondere a D. e sul quale quest’ultima doveva a sua volta vigilare, il quale non aveva disposto alcuna precauzione riguardo l’uso della scala e non era nemmeno presente al momento dell’infortunio>>.
Nel contesto della motivazione il riferimento alla condotta negligente del Direttore dei lavori, neppure individuata nei suoi possibili contenuti in relazione agli obblighi astrattamente facenti capo a tale figura professionale ed al correlativo obbligo di vigilanza sullo stesso a carico della società D., rimane incomprensibile alla luce dell’accertamento fattuale alla base della decisione, accertamento al quale è del tutto estranea la evocazione di responsabilità connesse alla figura professionale del Direttore dei lavori ed alla violazione dell’obbligo di vigilanza sullo stesso prefigurabile a carico della società committente.
17.2. Analogamente, la affermazione della responsabilità della società D., quale committente, per il fatto occorso al D.S., dipendente del soggetto subappaltatore, non è sorretta da argomentazioni che consentano di percepirne il fondamento giuridico.
Ricordato che nel nostro ordinamento non è configurabile una generale responsabilità del soggetto committente per gli eventi verificatisi nell’esecuzione dell’appalto, causalmente collegati alla violazione dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 cod. civ., le ragioni per le quali il soggetto che affida in appalto dei lavori deve essere chiamato a rispondere si collegano (oltre all’ipotesi di culpa in eligendo nella scelta dell’appaltatore, ipotesi estranea alla fattispecie in esame), o, ai sensi dell’art. 7 d. lgs n. 626/1994, nel testo applicabile ratione temporis in ragione della data del verificarsi dell’infortunio – il 17.2.2005-, al ricorrere di un appalto endoaziendale vale a dire di affidamento dei lavori all’interno dell’azienda, ovvero dell’unita’ produttiva (Cass. 25/02/2019, n. 5419; Cass. 13/01/2017, n. 798) oppure, ancora, all’ipotesi di ingerenza organizzativa del soggetto committente nell’esecuzione dei lavori affidati in appalto (Cass. 09/05/2017, n.11311; Cass. 08/10/2012 n. 17902; Cass. 28/10/2009 n. 22818).
17.2. Tanto premesso, la sentenza impugnata non consente di percepire se ed in relazione a quale delle due ipotesi ora richiamate sia stata prefigurata la responsabilità risarcitoria della società D. ; manca infatti un compiuto accertamento fattuale circa il ricorrere in concreto delle condizioni di responsabilità della società committente; in tale contesto, il riferimento operato in motivazione a Cass. 15/05/2009 n. 11362, in tema di obblighi informativi del committente in ipotesi di appalto endoaziendale, non appare decisivo, in assenza di ricostruzione fattuale dalla quale emerga che nello specifico si versava in ipotesi di affidamento dei lavori in un ambiente nel quale continuava ad operare anche la società committente.
18. In base alle considerazioni che precedono si impone l’accoglimento del primo motivo di ricorso con effetto di assorbimento degli ulteriori motivi; alla cassazione della decisione consegue il rinvio ad altro giudice di secondo grado, al quale è demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
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