CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 marzo 2019, n. 8620

Tributi locali – ICI – Accertamento – Fabbricati – Rendita catastale – Categoria catastale F/2

Svolgimento del processo

Con ricorso dell’8 aprile 2010 avanti alla Commissione tributaria provinciale di Palermo la A.S. spa ha impugnato l’avviso di liquidazione/accertamento in rettifica n. 1089 del 2009, con il quale Comune di Campofelice di Roccella ha liquidato, per l’anno 2007 una maggiore imposta ICI, con sanzioni ed interessi, per complessivi € 43.554,00.

La CTP di Palermo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 544/10/10, ha accolto il ricorso.

Il Comune di Campofelice di Roccella ha proposto appello con ricorso notificato il 10 maggio 2011.

La CTR di Palermo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 202/35/13, ha riformato la decisione impugnata.

La A.S. spa ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.

Il Comune di Campofelice di Roccella ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la A.Sicilia spa contesta l’omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione con riferimento all’attribuzione della qualifica di area edificabile ai fabbricati collabenti di sua proprietà.

Tale motivo, stante la stretta connessione, va esaminato congiuntamente al quarto ed al quinto, con i quali la società ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 5, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1992 perché la CTR di Palermo avrebbe errato nell’attribuire a dei fabbricati collabenti la qualifica di area edificabile ai fini ICI.

Le doglianze sono fondate.

La tesi della società contribuente, secondo cui l’ICI non è dovuta perché i fabbricati de quibus sono collabenti e, pertanto, privi di rendita e non soggetti all’imposta, deve trovare accoglimento.

In particolare, afferma la parte ricorrente che la disciplina della vicenda andrebbe tratta dall’articolo 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, che si riferisce alle costruzioni, e non, come sostenuto dalla CTR di Palermo, dall’articolo 11 quaterdecies, comma 16, del d.l. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni con I. n. 248 del 2005, e dall’articolo 36 della I. n. 248 del 2006 che riguardano i terreni e stabiliscono che, per ciò che qui rileva, ai fini dell’applicazione del d.lgs. n. 504 del 1992, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.

Ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, nel caso di area edificata, la base imponibile ICI è determinata dal valore del fabbricato e, per í fabbricati iscritti in catasto, tale valore è stabilito applicando un determinato moltiplicatore alla rendita catastale vigente al 1 gennaio dell’anno di imposizione.

Peraltro, in base al comma 6 della disposizione in esame, la base imponibile è costituita dal valore dell’area, considerata fabbricabile, allorquando nell’anno di imposizione vi sia utilizzazione edificatoria in corso dell’area stessa, demolizione di fabbricato ovvero realizzazione di interventi di recupero ex articolo 31, comma 1, lett. c), d) ed e), I. n. 457 del 1978.

Alla luce di queste prescrizioni si deve escludere la fondatezza dell’avviso di accertamento e liquidazione opposto, relativo a fabbricati in stato di rovina e, come tali, iscritti fin dal 1999 in categoria catastale F/2 (circostanza che, dalla sentenza impugnata, risulta ammessa da entrambe le parti).

Infatti, l’attribuzione di questa categoria presuppone che il fabbricato si trovi in uno stato di degrado tale da comportarne l’oggettiva incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio e, per tale ragione, l’iscrizione in catasto avviene senza attribuzione di rendita ed al fine “della sola descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso”, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, lett. b), del D.M. n. 28 del 2 gennaio 1998 del Ministero delle Finanze (sul punto, Cass., Sez. 5, n. 4308 del 2010).

In assenza di rendita, però, viene meno – secondo l’articolo 5 del d.lgs. n. 504 del 1992 – la stessa materia determinativa della base imponibile. Neppure è possibile affermare che, esclusa sul fabbricato, l’imposizione ICI dovrebbe colpire l’area di insistenza del fabbricato medesimo.

Invero, la CTR di Palermo sembra accogliere questa impostazione nella misura in cui sostiene che, nella specie, vi erano gli estremi per reputare “edificabile l’area già edificata” in forza di un programma di fabbricazione e di un decreto assessoriale che “consentono per gli opifici industriali già esistenti interventi di manutenzione”.

Questa soluzione non è condivisibile.

Infatti, gli elementi della fattispecie impositiva sono prestabiliti dalla legge secondo criteri di certezza e tassatività e – nel caso dell’ICI – l’articolo 1 del d.lgs. n. 504 del 1992 assoggetta ad imposta unicamente il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli.

Peraltro, il fabbricato iscritto in categoria catastale F/2 non cessa di essere tale solo perché collabente e privo di rendita, poiché lo stato di rovina ed improduttività di reddito non fa perdere all’immobile, fino all’eventuale sua completa demolizione, la natura di fabbricato, la imposizione derivando, nella specie, dall’assenza della base imponibile ex articolo 5 del d.lgs. citato.

Ne consegue che, non essendo tassabile l’immobile collabente, l’imposizione ICI non potrebbe essere giustificata dall’amministrazione comunale facendo ricorso ad una base imponibile diversa, come quella attribuibile all’area di insistenza del fabbricato, giacché non si tratta di un’area edificabile, ma di un’area già edificata.

L’ente impositore, quindi, ha, nella sostanza, introdotto nell’ordinamento in via interpretativa un nuovo ed ulteriore presupposto d’imposta, rappresentato dall’area edificata, equiparando impropriamente l’ipotesi dell’area risultante dalla demolizione di un rudere, regolata dall’articolo 5, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1992, a quella dell’immobile dichiarato inagibile, ma non demolito.

Neppure rileva che, come rilevato dal giudice di appello, l’area già sede della ex-acciaieria possa essere oggetto di interventi edilizi di manutenzione e che, in ragione di ciò, essa mantenga una sua edificabilità.

La presente controversia ha ad oggetto non già il valore commerciale ipoteticamente attribuibile al terreno nella prospettiva della sua futura valorizzazione edilizia ed urbanistica, ma soltanto i presupposti dell’imposizione ICI relativi ad una determinata annualità (2007) e, in ordine a detta annualità si discute esclusivamente di un fabbricato collabente fatto oggetto di conforme ed incontestata iscrizione catastale, senza che siano stati dedotti interventi o demolizioni in corso, convenzioni o pratiche amministrative pendenti di recupero e valorizzazione edilizia ai sensi dell’articolo 5, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1992.

Conforme a tale ricostruzione è la recente giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la sottrazione ad imposizione del fabbricato collabente, iscritto nella conforme categoria catastale F/2, in ragione dell’azzeramento della base imponibile, non può essere recuperata prendendo a riferimento la diversa base imponibile prevista per le aree edificabili, costituita dal valore venale del terreno sul quale il fabbricato insiste, atteso che la legge prevede l’imposizione ICI per le aree edificabili, e non per quelle già edificate, e che tale non può essere considerata l’area inserita dallo strumento urbanistico in zona di risanamento conservativo per la quale la normativa comunale preveda solo interventi edilizi di recupero (Cass., Sez. 5, n. 17815 del 2017).

In particolare, il fabbricato accatastato come unità collabente (categoria F/2), oltre a non essere tassabile ai fini ICI come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, sino a quando l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, da allora, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito (Cass., Sez. 5, n. 7653 del 2018, non massimata; Cass., Sez. 6-5, n. 25774 del 2017; Cass., Sez. 5, n. 23801 del 2017).

Pertanto, la CTR di Palermo, nella misura in cui non ha tenuto conto della particolare natura dei fabbricati collabenti, ha violato la vigente normativa, non avendo neanche chiarito la ragione per la quale detta natura non ha assunto rilievo.

Ne consegue l’accoglimento dei motivi in esame.

2. Devono essere respinti, invece, il secondo e del terzo motivo, relativi rispettivamente all’omessa pronuncia in ordine all’eccezione di violazione dell’articolo 5, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1992 ed all’omessa motivazione del suo rigetto.

Infatti, dalla lettura della decisione della CTR di Palermo si evince che quest’ultima ha implicitamente escluso l’applicabilità dell’articolo 5 comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1992, avendo ritenuto edificabile l’area sulla quale insistevano i fabbricati alla luce del disposto dell’articolo 11 quaterdecies, comma 16, del d.l. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni con I. n. 248 del 2005, e dall’articolo 36 della I. n. 248 del 2006.

3. L’esito del primo, del quarto e del quinto motivo rende, infine, non necessario l’esame del sesto e del settimo, che concernono l’omessa pronuncia sulla violazione degli articoli 7 della I. n. 212 del 2000 e 3, comma 3, della I. n. 241 del 1990 e la doglianza riguardante la mancata messa a disposizione delle informazioni e degli elementi utilizzati per determinare la base imponibile ICI nella specie. Infatti, l’affermazione della non assoggettabilità ad ICI dei fabbricati collabenti e delle aree sulle quali insistono e dell’applicazione, nella presente controversia, dell’articolo 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, comporta l’assorbimento, perché ormai irrilevante, di ogni questione correlata alla motivazione dell’atto impugnato.

4. Il ricorso va, quindi, accolto, limitatamente al primo, al quarto ed al quinto motivo, respinti il secondo ed il terzo ed assorbiti il sesto ed il settimo.

Dall’accoglimento consegue la cassazione, in relazione ai motivi accolti, della sentenza impugnata.

Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né risultano ulteriori profili controversi, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., mediante accoglimento dell’originario ricorso introduttivo della società contribuente.

Visto il consolidarsi soltanto in corso di causa dell’orientamento di legittimità in materia, si ritiene che le spese dei gradi di merito debbano essere compensate ex articolo 92 c.p.c., con addebito al Comune controricorrente delle sole spese del presente giudizio di cassazione, ai sensi dell’articolo 91 c.p.c., liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

– accoglie il primo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso, respinge il secondo ed il terzo e dichiara assorbiti il sesto ed il settimo;

cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente;

– compensa le spese di lite dei gradi di merito;

– condanna il Comune controricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità alla società ricorrente, che liquida in € 3.000,00, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori come per legge.