CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 ottobre 2020, n. 23663
Tributi – Imposte sui redditi – Cessione quote – Plusvalenza – Determinazione – Corrispettivo di cessione – Documenti extracontabili – Valutazione
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per La cassazione della sentenza della Commissione Tributaria della Lombardia n. 123/28/12 depositata il 6 agosto 2012, che aveva accolto l’appello del contribuente M.A..
La vicenda, di seguito riassunta, tare da una verifica alla società “V.” di cui M. era socio, con altre due persone.
A seguito di una segnalazione interna all’Amministrazione finanziaria, era emersa che, nel corso di altra verifica parallela, nei confronti della società B. Invest Immobiliari, erano emerse ulteriori circostanze relative allo stesso contribuente M.
In particolare, era emerso che la società “B….” nel 2003 aveva erogato un finanziamento infruttifero a “F.” (stessa compagine sociale della B. composta da cinque soci tra cui il resistente) pari a euro 977.600,00 ed aveva, nel 2004, rinunciato al credito per la restituzione, motivando la decisione per compensare in tal modo crediti che la seconda aveva verso la prima.
Nel 2005 i cinque soci di F. (tra i quali M.) avevano venduto le rispettive quote alla società “M.” per euro 3.346.272,67. L’Ufficio in base agli elementi acquisiti aveva ritenuto che in realtà il prezzo di vendita fosse di euro 4.443.872,67, in quanto comprensivo dell’importo del originario finanziamento da B. a F.
In base a tale premessa l’Ufficio ritiene che il M., uno dei soci venditori delle quote nella società “F.” alla società “M.”, avesse realizzato una plusvalenza superiore a quella dichiarata e gli ha notificato avviso di accertamento per l’anno 2005 con cui contestava una maggiore imposta sostitutiva ai sensi del d.lgs. 461/97, da euro 72.122,00 a euro 99.558,00.
Il relativo avviso di accertamento era stato opposto innanzi alla CTP di Lodi senza esito. La Commissione regionale accoglieva l’appello del contribuente, con la decisione impugnata dall’Ufficio mediante il ricorso in esame, basato su due motivi: il primo, riferito all’art. 360 c. 1 n.5 c.p.c. per insufficiente motivazione; il secondo, riferito all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per violazione degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c.
Ha resistito il contribuente con controricorso.
Ragioni della decisione
Dall’esame dell’avviso di accertamento trasfuso nel corso del ricorso si evince che la ricostruzione dell’Ufficio ha assunto a base della pretesa il rinvenimento nel corso della verifica di un “prospetto di determinazione del corrispettivo di cessione” e “del contratto preliminare” (novembre 2005) relativo alla vendita delle quote da “F.” alla società “M.”, in cui si fa riferimento sia al prezzo di vendita (quello dichiarato), ma anche al trasferimento alla società acquirente di tutti i debiti della “F.” nei confronti dei soci. L’Ufficio aveva perciò ritenuto di evincere, da tali documenti, indizi gravi, precisi e concordanti del fatto che la cifra indicata come “finanziamento soci” fosse una componente del prezzo di vendita, in mancanza di prova contraria.
La motivazione della CTR sembra insufficiente per respingere la tesi prospettata dall’Ufficio.
Infatti, appare inesplicata la ragione per cui il giudice regionale abbia ritenuto decisiva la circostanza formale che la “B.” avesse rinunciato al credito verso la “F.” per la restituzione del finanziamento e che, trattandosi di soggetti con propria personalità giuridica, la circostanza non aveva alcun riflesso sulle persone dei soci, senza dare alcuna spiegazione al dato sostanziale del rinvenimento del contratto preliminare del 10.08.2005, in cui si faceva riferimento alla debenza, da parte della società “F.” della somma a titolo di restituzione di un non precisato “finanziamento soci”. Causale priva di ogni riferibilità, ma che, invece, acquista un concreto significato se inserito nel quadro della vendita alla società “M.” delle quote “F.” e alla palese strumentalità che il documento assume in quel contesto. Intatti, i soci di quest’ultima (gli stessi della “B.”), con la percezione dell’importo indicato nel preliminare, recuperavano in sostanza le somme da loro, verosimilmente, messe a disposizione della “B.”, della quale erano soci, per consentirle il finanziamento effettuato nel 2004. Recupero in evasione d’imposta, mercé l’espediente di scorporare l’importo, indicato nel preliminare, dal prezzo di vendita delle quote alla “M.” e di qualificarlo come debito di “F.” verso i soci, che la società acquirente assumeva su di sé.
Sulla evidente connotazione di strumentalità che il documento assumeva nella ricostruzione dell’Ufficio specificamente dedotta come presunzione grave, il giudice regionale non ha fornito alcuna motivazione idonea ad escluderla.
Questa Corte ha più volte affermato che “ In tema di accertamento delle Imposte sui redditi, la “contabilità in nero”, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prescritti dall’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, perché nella nozione di scritture contabili, disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c., devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, spettando poi al contribuente l’onere di fornire adeguata prova contraria. ” (Sez. 5 – , Ordinanza n. 27622 del 30/10/2018).
Il rinvenimento dei suindicato atto si configura come documento extra contabile tale da costituire presunzione grave e rappresenta un fatto storico rispetto al quale il contribuente non ha fornito prova contraria. Né la motivazione della CTR ha ravvisato una ragion d’essere del documento stesso, diversa da quella presunta dall’Amministrazione.
La somma indicata nel preliminare è da ritenersi perciò parte del prezzo di vendita delle quote della “F.” alla società “M.”, riferibile (anche) alla persona del M., in proporzione della sua partecipazione del 20% nella società cedente.
L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo, rendendo privo d’interesse il suo esame.
Il ricorso, nei termini suindicati, va accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la definizione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame della vertenza, per le ragioni indicate in motivazione ed anche per la definizione sulle spese.