CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 settembre 2018, n. 23607
Lavoro – Mancata fissazione degli obiettivi per la determinazione della retribuzione variabile – Risarcimento del danno – Prova
Fatti di causa
La Corte di appello di Genova con la sentenza n. 276/2013 aveva parzialmente riformato la decisione con la quale il tribunale di La Spezia aveva respinto il ricorso proposto da F. A. nei confronti di I. spa, diretto ad ottenere la condanna della società, datrice di lavoro, al risarcimento del danno, pari ad E. 70.888,89, conseguente all’omessa fissazione per gli anni 2009-2010 degli obiettivi finalizzati alla liquidazione della retribuzione variabile, all’integrale rimborso dell’indennità sostitutiva del preavviso, trattenuto dalla precedente datrice di lavoro del F. ed assunta quale obbligazione dalla I., nonché all’accertamento che il preavviso non prestato in favore della stessa I. era pari a 70 giorni, rispetto ai quali la società aveva già trattenuto E.7.756,35, così residuando la somma per differenza da porre in compensazione con i maggiori crediti dovuti al F. per i titoli sopra indicati.
Rispetto alle domande rigettate dal Tribunale, la Corte territoriale aveva V invece accolto la domanda relativa alla indennità di preavviso trattenuto dalla precedente datrice di lavoro del F. ritenendo che, come specificato nella lettera di assunzione del F. da parte della I., quest’ultima si era assunta l’obbligo di corrispondere al F. quanto trattenuto a tale titolo dal precedente datore di lavoro e ciò al fine di assicurarsi l’immediata prestazione del lavoratore. In ragione di ciò il giudice d’appello riformava la decisione del tribunale condannando I. spa a pagare la residua somma lorda di E. 10.335,00 oltre accessori dalla maturazione al saldo.
Con riguardo alla domanda relativa al risarcimento del danno per la mancata fissazione degli obiettivi per la determinazione della retribuzione variabile, la corte confermava la pronuncia di rigetto ma non la motivazione addotta dal tribunale, specificando che l’infondatezza della pretesa era da addebitarsi alla carenza di elementi di prova relativi alla concreta possibilità per il F. di raggiungere gli obiettivi che la società aveva omesso di fissare.
La Corte confermava poi il rigetto della domanda relativa alla indennità di preavviso nei confronti della I. in quanto riteneva a tal fine valido il termine da cui far decorrere il preavviso come fissato dallo stesso F. nella lettera di dimissioni al 31.12.2010.
Avverso tale decisione il F. proponeva ricorso affidandolo a tre motivi cui resisteva con controricorso I. spa.
Entrambe le parti depositavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1) Con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1453 c.c. in tema di inadempimento e risarcimento del danno (art. 360 l.co n.3 c.p.c.). In particolare rileva che, pur avendo la corte territoriale individuato la sussistenza delle condizioni attestative dell’inadempimento contrattuale con riguardo al compenso variabile, non aveva a ciò fatto conseguire la condanna della società al risarcimento del danno.
Il motivo non risulta accoglibile poiché non risulta coerente con il decisum del giudice di appello. La sentenza ha infatti chiarito che la domanda a riguardo non poteva essere accolta in quanto il ricorrente non aveva allegato quali fossero le condizioni poste in essere per il sistema di incentivazione in questione e dunque non aveva chiarito quali fossero i concreti parametri cui fare riferimento per poter valutare almeno in termini probabilistici, le possibilità di raggiungimento degli obiettivi da parte del lavoratore. La carenza allegatoria e probatoria determinava quindi il rigetto della domanda.
Rispetto a tale decisione risulta del tutto incongruo il motivo dedotto che, diretto a censurare il mancato risarcimento, nulla oppone rispetto alla effettiva ragione della decisione della corte territoriale fondata sulla carenza degli elementi significativi per dar conto e sostegno al diritto vantato.
2) – Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova (ex art. 360 n. 3 c.p.c.). Lamenta il lavoratore che la sentenza impugnata avrebbe alterato gli oneri probatori addebitando al lavoratore la carenza di allegazione sugli elementi identificativi del sistema incentivante per gli anni 2009 e 2010. A dire dello stesso alcun onere dimostrativo era necessario rispetto ad una obbligazione ricadente pacificamente sulla società, rimasta dalla stessa inadempiuta.
Si osserva in proposito che il motivo tende a sovrapporre gli oneri sostanziali inerenti la soddisfazione della l’obbligazione assunta dalla società rispetto alla retribuzione variabile con gli oneri processuali inerenti le necessarie allegazioni e prove circa gli elementi utili per supportare la domanda.
La Corte territoriale ha infatti fondato la sua valutazione sul presupposto che il ricorrente non aveva fornito adeguata allegazione e prova degli elementi che, se pur in via presuntiva, avrebbero potuto consentire non soltanto la individuazione degli obiettivi cui ricollegare la retribuzione pretesa, ma anche e soprattutto le circostanze dirette a rappresentare il possibile raggiungimento degli stessi da parte del ricorrente.
Nella costruzione del diritto al risarcimento del danno nell’ipotesi di retribuzione variabile risulta elemento essenziale non solo la mancata fissazione degli obiettivi da parte della società, ma anche la prova che, se fissati, quelli sarebbero stati con ogni probabilità raggiunti dal lavoratore. Il difetto di tale circostanza, il cui onere di prova non può’ che incombere sul soggetto che azioni la domanda risarcitoria, rende evidentemente non completa la fattispecie allegata e non esaminabile dal giudice la pretesa avanzata.
Il motivo deve essere rigettato.
3) – Con il terzo motivo è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 1 co. n. 5 c.p.c.), per non aver, la corte territoriale esaminato e valutato, ai fini del diritto alla retribuzione variabile, i bilanci consolidati di gruppo.
Il motivo risulta inammissibile per più ragioni. In primo luogo il ricorrente non ha indicato in quale modo e dove gli argomenti relativi ai bilanci ed ai contenuti degli stessi fosse stato sottoposto alla corte di appello, non essendo a ciò’ sufficiente la semplice indicazione del documento allegato, ma risultando necessaria l’esatta specificazione della sottoposizione del fatto al vaglio del giudice. In secondo luogo si tratta all’evidenza di ragioni inerenti al merito del giudizio e, in quanto tali, non suscettibili di ulteriore valutazione in sede di legittimità.
Il ricorso risulta infondato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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