CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 settembre 2020, n. 20427
Tributi – Accise – Credito – Eccedenza di versamento – Rimborso – Termine di decadenza – Entro due anni dalla data di presentazione della dichiarazione annuale
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore p.t. (d’ora in avanti, breviter, “AGENZIA”) ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza della C.T.R. dell’Abruzzo n. 493/10/13, depositata il 16.10.2013, di reiezione del gravame proposto dalla medesima AGENZIA avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto l’originario ricorso proposto dalla I. S.C.R.L. avverso il diniego parziale opposto dall’Amministrazione all’istanza di rimborso delle maggiori accise pagate in acconto da detta società sul consumo di energia elettrica.
2. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che, nel caso di pagamento dell’accisa in acconto, con detrazione dai successivi acconti di quanto eventualmente versato in eccesso, “la razionale interpretazione” dell’art. 56 del d.lgs. n. 504 del 1995 porta ad escludere l’esistenza di un limite temporale alla compensazione prevista dalla menzionata disposizione;
3. Si è costituita ed ha resistito con controricorso la I. S.C.R.L.;
4. Fissata originariamente l’udienza camerale per il 4.4.2019, rispetto alla quale I’I. ha altresì depositato memorie art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., all’esito della stessa la causa è stata rinviata alla pubblica udienza, poi fissata per la data odierna.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo parte ricorrente lamenta (avuto riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la plurima violazione di legge in cui sarebbe incorsa la C.T.R. e, in specie, degli artt. 56 e 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995, nonché degli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere i giudici di appello ritenuto tempestiva la domanda di rimborso presentata dalla società contribuente in data 12 febbraio 2010 relativamente ad un credito (pari ad € 690,89) residuante dalla compensazione di un maggior credito derivante dal conguaglio effettuato con la dichiarazione di consumo presentata in data 11 febbraio 2006, data dalla quale – pertanto – sarebbe decorso il termine biennale ex art. 14, comma 2, d.lgs. n. 504 del 1995.
1.1. Il motivo è infondato, pur dovendosi parzialmente emendare la motivazione della decisione impugnata.
1.2. Invero, in materia d’imposta sulla produzione e sui consumi, ai sensi dell’art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995, il rimborso (o la corrispondente detrazione) dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni, decorrenti dalla data di presentazione della dichiarazione annuale, con la conseguenza che, nel caso – quale quello di specie – di versamento di acconti risultati maggiori del dovuto, questi devono sommarsi con il credito d’imposta relativo all’anno successivo, derivandone che il saldo creditorio va a costituire un nuovo credito rispetto a quelli precedentemente maturati (così, Cass., Sez. 5, 1.2.2019, n. 3051; Cass., Sez. 5, 17.4.2013, n. 9283): ed infatti, ai sensi dell’art. 26, comma 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate di acconto mensili entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce, per cui le rate mensili di versamento dell’accisa non corrispondono ad autonomi adempimenti di autonomi debiti, bensì a modalità di adempimento di un unico debito, frazionato, appunto, in più rate (così, Cass., Sez. 5, 12.2.2014, n. 3100). Sicché – per concludere sul punto – va ribadito il principio recentemente esposto da Cass., Sez. 5, 18.6.2019, n. 16261, Rv. 654593-01 – in relazione ad una fattispecie analoga a quella odierna ed alla cui ampia motivazione si rinvia, anche quale precedente specifico ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. – per cui in tema di accise sull’energia elettrica, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale – costituendo una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – non è reclamabile prima della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995 (cd. T.U.A.) per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione);
1.3. Pertanto, risultando dalla gravata sentenza che il saldo creditorio per cui è causa è maturato non già con la dichiarazione di consumo presentata l’11.2.2006 ma, in applicazione dei predetti principi, al momento della presentazione della dichiarazione annuale del marzo 2008 – che riportava quel credito derivante dalla pregressa dichiarazione del 2006 – ne consegue che alcuna decadenza si è verificata nella specie, risultando l’istanza di rimborso depositata nel mese di febbraio 2010;
2. In conclusione, dunque, il ricorso va rigettato.
2.1. Quanto alle spese di lite, stante la peculiarità delle questioni trattate e le oscillazioni giurisprudenziali in materia (analiticamente esposte dalla già citata Cass., Sez. 5, 18.6.2019, n. 16261, Rv. 654593-01, cui si rinvia anche in parte qua ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.), si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
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