CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 agosto 2019, n. 21804
Tributi – IVA – Importazione prodotti fitosanitari e medicali – Applicazione aliquota agevolata del 10% – Rettifica – Assoggettamento ad aliquota ordinaria
Fatti di causa
Si legge nella narrativa della sentenza impugnata che l’Agenzia delle dogane recuperò nei confronti di F.B. l’iva dovuta per gli anni 2006 e 2007 in relazione all’acquisto di prodotti fitosanitari e medicali, assoggettati all’aliquota agevolata del 10%, in luogo di quella ordinaria del 20%, che riteneva dovuta.
Il contribuente impugnò il relativo avviso, senza esito né in primo, né in secondo grado.
In particolare, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che il presupposto di applicazione dell’aliquota agevolata consista nella reale, effettiva e immediata destinazione dei beni alle attività tipiche del settore zootecnico, come si evince dalla specificazione dell’elemento finalistico posto a fondamento e a giustificazione dell’acquisto del bene. Di qui la conseguenza, ha soggiunto, che il mero intermediario non può fruire dell’aliquota agevolata.
Contro questa sentenza propone ricorso F.B., che affida a due motivi, cui l’Agenzia delle dogane replica con controricorso.
Ragioni della decisione
1. – Il primo motivo, col quale ci si duole del difetto di motivazione della sentenza impugnata, è inammissibile.
Il giudice d’appello ha adeguatamente giustificato la propria decisione con le argomentazioni indicate in narrativa, sicché la censura si risolve in una denuncia d’insufficiente motivazione, inibita dal nuovo testo dell’art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c. all’applicazione del quale l’impugnazione della sentenza è ratione temporis soggetta.
2. – Col secondo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione della combinazione dell’art. 98 e dell’allegato III della direttiva Ce n. 2006/112, nonché della combinazione dell’art. 16 e della tabella A, parte III, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Sostiene, in particolare, che il prodotto importato, ossia la vitamina B12, corrisponda alla voce doganale 2936 2600 00 Vitamina B12 e suoi derivati, in quanto tale rientrante nel novero dei prodotti che godono dell’applicazione dell’aliquota iva al 10%.
In particolare, aggiunge, le locuzioni “per la preparazione”, “per mangimi”, “per la nutrizione degli animali” vanno interpretate come riferibili a prodotti che abbiano di norma quella destinazione d’uso.
Il motivo è infondato.
2.1. – Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (con sentenza 20 dicembre 2018, n. 32956) che il presupposto di applicazione dell’aliquota agevolata in questione consiste non già nella commercializzazione dei prodotti, ma nella reale ed effettiva destinazione dei beni al settore di riferimento.
Difatti, ha specificato, gli elementi considerati (principi attivi, integratori, prodotti di origine minerale e chimico industriale, additivi) non rilevano in sé, ma, esclusivamente, in quanto destinati al consumo alimentare animale.
E a nulla vale la non perfetta coincidenza tra la normativa interna e quella unionale.
L’art. 98 della direttiva n. 2006/112/CE e, specificamente, il punto 1) del relativo Allegato III, concernente «Prodotti alimentari (incluse le bevande, ad esclusione tuttavia delle bevande alcoliche) destinati al consumo umano e animale, animali vivi, sementi, piante e ingredienti normalmente destinati ad essere utilizzati per integrare o sostituire prodotti alimentari» utilizza, a differenza della normativa interna, l’avverbio “normalmente”.
2.2. – Sul punto, la Corte di giustizia (con sentenza 3 marzo
2011, in C-41/09, Commissione europea c. Regno dei Paesi Bassi), nell’esaminare, sia pure con riguardo a una diversa fattispecie, la portata e l’interpretazione del punto 1 dell’Allegato III, ha evidenziato la ratio della redazione dell’allegato, ossia la volontà del legislatore dell’Unione di assoggettare ad un’aliquota ridotta «I beni essenziali nonché i beni e i servizi corrispondenti a scopi sociali o culturali, purché non presentassero alcun rischio o pochi rischi di distorsione della concorrenza…», in vista «dell’obbiettivo di rendere i beni essenziali», tra cui vanno annoverati i prodotti alimentari, «meno costosi per il consumatore finale». E, nel farlo, ha evidenziato che risponde al perseguimento di quest’obiettivo l’estensione dell’applicazione dell’aliquota ridotta dell’iva «agli elementi che, non essendo essi stessi prodotti alimentari, sono normalmente destinati ad essere utilizzati nella preparazione dei prodotti di cui trattasi».
2.3. – L’impiego dell’avverbio “normalmente”, ha soggiunto la corte, evidenzia che «il legislatore dell’Unione ha inteso considerare» (gli animali nella fattispecie ivi in esame; la medesima riflessione rileva, peraltro, per gli altri elementi unitariamente considerati dal citato punto 1) «che, abitualmente e generalmente sono destinati a fare parte della catena alimentare umana e animale» senza, che, dunque, «occorra esaminare la situazione specifica» del singolo animale (ovvero, mutatis mutandis, del singolo ingrediente, additivo, …).
3. – La distinzione tra disciplina nazionale e disciplina unionale è, tuttavia, consentita dal diritto dell’Unione: l’art. 98 attribuisce difatti agli Stati membri la facoltà e non l’obbligo, di applicare aliquote ridotte sui beni di cui all’Allegato III della Direttiva Iva e la Corte di giustizia ha ritenuto legittimo l’intervento delimitatore degli Stati membri: ciò perché «la possibilità di procedere a una tale applicazione selettiva dell’aliquota IVA ridotta è giustificata in particolare dalla considerazione che, costituendo tale aliquota un’eccezione, la limitazione della sua applicazione ad elementi concreti e specifici della categoria di prestazioni di cui trattasi è coerente con il principio secondo il quale le esenzioni e le deroghe devono essere interpretate in senso restrittivo» (Corte giust. 9 novembre 2017, in causa C-499/16, AZ), salvo il limite del rispetto del principio della neutralità fiscale, poiché non è consentito che «beni o prestazioni di servizi simili, che si trovano in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in modo diverso dal punto di vista dell’IVA» (Corte di Giustizia, sentenza 11 settembre 2014, in causa C-219/13, K).
3.1. – Nel caso in esame, peraltro, è escluso che ricorra una simile situazione poiché non è la categoria che viene ad essere delimitata con l’introduzione di un elemento aggiuntivo, concreto e specifico, ma sono solo fissate l’obbiettività e l’effettività del riscontro, non limitato alla “normale” utilizzazione del prodotto.
4. – L’interpretazione della normativa è dunque chiara e non suscita dubbi tali da interpellare la Corte di giustizia, come sollecitato dal contribuente.
Il motivo va quindi respinto.
5. – Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti di applicazione dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115/02.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il contribuente a pagare le spese, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti di applicazione dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115/02.
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