CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 maggio 2018, n. 13478
Opposizione allo stato passivo – Subordinazione del socio lavoratore – Esclusione
Fatti di causa
Con sentenza in data 8 maggio 2013, la Corte d’appello di Milano rigettava l’appello proposto da A.B. avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento B. s.r.l., al quale era stato ammesso limitatamente al credito di € 13.398,15 in via chirografaria a titolo di rimborso spese documentate, con esclusione invece del credito di € 374.659,77 insinuato in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis, n. 1 c.c. per retribuzioni non corrisposte dall’anno 1992, indennità di mancato preavviso e T.f.r., in difetto di prova della natura subordinata del rapporto nei confronti della società fallita, della quale era socio al 30% (insieme con A.P., titolare della quota del 70% e amministratore unico).
In esito a critico e argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie, la Corte territoriale escludeva la prova della subordinazione del socio lavoratore e pertanto del credito insinuato alla stato passivo, con assorbimento sostanziale di ogni questione riguardante le istanze istruttorie non ammesse.
Avverso tale sentenza A.B. ricorreva per cassazione, con atto notificato il 29 luglio 2013, con cinque motivi, cui resisteva il Fallimento con controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 c.c., anche in combinato disposto con l’art. 4 CCNL Industria Metalmeccanica Privata 1994 e 1999, 2364 c.c. (nella formulazione anteriore al d.lg. 310/2004 e al d.lg. 39/2010) e 2365 c.c. come richiamati dall’art. 2486 c.c. (nella formulazione anteriore al d.lg. 6/2003), 2373 c.c. (nella formulazione anteriore al d.lg. 6/2003) richiamato dall’art. 2486 c.c. (come sopra), 1414 e 1417 c.c., nella parte di esclusione dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato per non corretta indagine in ordine all’effettiva ricorrenza di una subordinazione, senza giusta valorizzazione delle risultanze istruttorie individuanti le concrete mansioni svolte sotto il potere direttivo dell’amministratore e di altri responsabili, ben rientranti nella declaratoria della norma collettiva denunciata, di previsione della VII categoria attribuita al lavoratore, in favore di un apprezzamento maggiore degli elementi, sussidiari e non dirimenti, tratti dalla partecipazione minoritaria alla società, in difetto di alcun potere gestorio né coinvolgimento in esso, in base ad erronea interpretazione delle norme di diritto societario denunciate.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo e controverso nell’esclusione di un rapporto lavorativo subordinato, sulla base di requisiti decisivi, non rettamente valorizzati, quali gli elementi istruttori (documentali e testimoniali) specificamente indicati, sintomatici della propria soggezione ad un potere gerarchico e di controllo e del proprio inserimento, nella prestazione dell’attività lavorativa, nell’organizzazione aziendale.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. nel rigetto della domanda di condanna alle differenze retributive, sul presupposto della falsità della propria firma di quietanza sulle buste paga, in quanto credito rivendicato per la prestazione di attività lavorativa, indipendente dalla sua qualificazione come subordinata o meno.
4. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2721, 2722, 1218 c.c., 244, 115, 345 c.p.c., per erroneo rigetto della domanda di condanna a differenze retributive a causa di mancata ammissione, pur nella ravvisata inammissibilità della querela di falso proposta, delle prove testimoniali (in particolare dedotte ai capi da 8 a 11) tempestivamente dedotte e rilevanti.
5. Con il quinto, il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo per il giudizio nella conferma della sentenza di primo grado di rigetto della propria domanda di differenze retributive sull’assunto erroneo della firma per quietanza delle buste paga prodotte, disattendendo anche le conclusioni della C.t.u. contabile disposta.
6. Il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 c.c., anche in combinato disposto con l’art. 4 CCNL Industria Metalmeccanica Privata 1994 e 1999, 2364 c.c. e 2365 c.c. come richiamati dall’art. 2486 c.c., 2373 c.c., richiamato dall’art. 2486 c.c., 1414 e 1417 c.c., nella parte di esclusione dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il secondo (omesso esame di fatto decisivo e controverso nell’esclusione di un rapporto lavorativo subordinato in capo al ricorrente).
6.1. Essi sono infondati.
6.2. Non sussiste infatti la denunciata violazione di norme di diritto e contrattuali collettive, per difetto degli appropriati requisiti (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).
Essa esprime piuttosto una sostanziale contestazione della valutazione probatoria, di spettanza esclusiva, così come l’accertamento in fatto compiuto, del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, ove censurabile, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo ovvero subordinato, la sola determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto; non anche la valutazione delle risultanze processuali per la classificazione del rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale, in quanto accertamento di fatto incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. 4 maggio 2011, n. 9808, con affermazione ai sensi dell’art. 360bis, primo comma c.p.c. del principio; Cass. 10 luglio 2015, n. 14434).
6.3. E ciò tanto più, qualora, come nel caso di specie (per le ragioni in particolare esposte nei due capoversi di pg. 9 e ancora dal primo capoverso di pg. 10 al primo di pg. 11 della sentenza), congruamente argomentato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694), né certamente rientrante nei rigorosi limiti introdotti dal testo novellato dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., applicabile ratione temporis, preclusivo nel giudizio di cassazione dell’accertamento dei fatti o della loro valutazione a fini istruttori (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).
6.4. La Corte meneghina ha anzi esattamente applicato (come illustrato dal primo capoverso di pg. 7 al secondo di pg. 8 della sentenza) i principi in materia di corretto accertamento del rapporto di lavoro subordinato (sull’essenziale base del fondamentale vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, desumibile da un insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate da parte del giudice del merito: Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728; Cass. 26 agosto 2013, n. 19568; Cass. 31 maggio 2017, n. 13816) e di esistenza di un onere probatorio (come illustrato al primo periodo del primo capoverso di pg. 10 della sentenza) della ricorrenza di un rapporto lavorativo subordinato a carico di chi sia anche socio dell’impresa datrice (Cass. 2 luglio 1999, n. 6827; Cass. 4 maggio 2009, n. 10240; Cass. 3 maggio 2013, n. 10396; Cass. 30 settembre 2016, n. 19596).
6.4. Da quanto sopra esposto risulta evidente l’esistenza, non già della denunciata omissione di esame (in realtà di alcun fatto), ma piuttosto di una contestazione della valutazione probatoria dei medesimi, inammissibile in base al testo novellato dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439). La stessa formulazione della denuncia, enumerante una pluralità di fatti presuntivi, palesa d’altro canto come nessuno di essi sia davvero ex se decisivo (Cass. 5 luglio 2016, n. 13676).
7. Il terzo motivo, relativo a violazione dell’art. 112 c.p.c. nel rigetto della domanda del lavoratore di condanna alle differenze retributive, è infondato.
7.1. Non sussiste la denunciata violazione, tra l’altro neppure correttamente formulata alla stregua di error in procedendo (Cass. 18 maggio 2012, n. 7871; Cass. 12 gennaio 2016, n. 329), dell’art. 112 c.p.c., posto che il principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato è stato pienamente rispettato per l’avvenuta pronuncia di rigetto (che detta violazione esclude in radice: Cass. 1 aprile 2003, n. 4972; Cass. 9 maggio 2007, n. 10636), di cui la stessa parte dà atto.
7.2. E così pure la prospettata falsità di firme per quietanza costituisce questione sostanzialmente assorbita (ostativa ad un vizio di omessa pronuncia: Cass. 25 febbraio 2005, n. 4079; Cass. 20 febbraio 2015, n. 3417; Cass. 26 gennaio 2016, n. 1360).
In ogni caso, come chiaramente espresso dalla Corte territoriale (“questione accennata dal tribunale ad abundantiam, anche per il caso … non ricorrente, di avvenuto accertamento della subordinazione”: così al terzultimo capoverso di pg. 11 della sentenza) e dal Tribunale (“per completezza espositiva … anche qualora fosse stata accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro … l’avvenuta sottoscrizione per quietanza … delle buste paga… “: così nell’estratto di pg. 5 della sentenza di primo grado trascritto al terzultimo capoverso di pg. 16 del ricorso), la trattazione della questione ha rilievo di mero obiter dictum, pertanto privo di portata decisoria e comportante inammissibilità del mezzo, rilevabile anche d’ufficio (Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910).
8. Dalle superiori argomentazioni, assorbenti l’esame degli ultimi due motivi, discende coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna A.B. alla rifusione, in favore del controricorrente, alle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 7.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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