CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 luglio 2018, n. 20086
Riscatto dei contributi quale collaboratore familiare di coltivatore diretto – Domande di rendita vitalizia prima accolte e poi annullate d’ufficio dall’Inps – Dimissioni irrevocabili dal rapporto di lavoro dipendente – Risarcimento del danno – comunicazioni Inps rese su domanda e dirette specificamente a certificare la posizione contributiva utile al pensionamento – Valore certificativo ex art. 54 della L. n. 88/1989 – Responsabilità civile dell’Inps non limitata al solo caso dell’errore contenuto in una determinata e tassativa tipologia di provvedimenti
Fatti di causa
La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza n. 1209/2012, rigettava l’appello proposto da V.G. avverso la sentenza che aveva respinto la sua domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno subito per aver confidato nell’accoglimento delle domande di rendita vitalizia con riscatto dei contributi quale collaboratore familiare di coltivatore diretto, per i periodi ivi indicati, domande presentate quando era ancora dipendente di “I.S.P. Spa”, prima accolte e poi annullate d’ufficio dall’Inps, dopo le sue dimissioni irrevocabili dal rapporto di lavoro per accedere al Fondo di solidarietà per il sostegno al reddito istituito presso l’INPS dal DM 28.4.2000.
A fondamento della decisione la Corte d’appello riteneva che nel caso in esame non sussistessero i presupposti per l’applicazione dell’articolo 54 della legge numero 88/89 che riconosce valore certificativo soltanto alle comunicazioni dell’INPS rese su domanda e dirette specificamente a certificare la posizione contributiva utile al pensionamento. Nessun rilievo poteva avere inoltre il fatto che il ricorrente avesse effettivamente contestato in via gerarchica il provvedimento di annullamento, in quanto ciò che rilevava era comunque che il comportamento dell’Inps non fosse idoneo ad ingenerare nel ricorrente un affidamento tutelabile.
Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso V.G. con due motivi, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di impugnazione viene dedotta la violazione falsa applicazione dell’articolo 54 legge numero 88/89 in relazione all’articolo 12 disposizioni preliminari del codice civile. Violazione falsa applicazione dell’articolo 1218 codice civile in relazione gli articoli 1175 e 1176 codice civile (articolo 360 numero tre c.p.c.). E ciò in quanto la Corte di merito aveva errato ad interpretare l’articolo 54 cit. circoscrivendone la portata applicativa della norma alle sole comunicazioni fornite dall’Inps che contengono un estratto contributivo inerente l’intera posizione contributiva dell’assicurato e ad affermare che dette comunicazioni dell’Inps debbano essere formulate specificatamente per certificare la posizione contributiva utile al pensionamento; laddove la legge parla semplicemente di comunicazione concernenti i dati richiesti relativi alla propria posizione previdenziale e pensionistica, con una formula che non può essere riferita soltanto alla attestazione ed asseveramento della complessiva situazione assicurativa e previdenziale del richiedente, ma semplicemente ai dati di natura previdenziale assicurativa nella fattispecie richiesti. Inoltre la sentenza era errata nella parte in cui, pur escludendo l’applicazione dell’art. 54. cit., non ha riconosciuto comunque la responsabilità contrattuale dell’INPS ai sensi dell’art.1218 c.c. per l’erroneità delle comunicazioni inoltrate al ricorrente sotto il profilo della violazione dei canoni di correttezza e diligenza nell’esecuzione dell’obbligazioni.
2. Col secondo motivo il ricorso deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art.414 e 434 c.p.c.; mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato; violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’interpretazione degli atti introduttivi del giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata aveva erroneamente affermato che l’accertamento della responsabilità contrattuale dell’INPS riguardasse il successivo provvedimento di annullamento.
3. Il primo motivo, avente valore assorbente, è fondato nei limiti di cui appresso.
E’ pacifico, e risulta dalla riproduzione testuale dei documenti contenuta nel ricorso, che nel caso di specie l’Inps abbia accolto per due volte le domande di rendita vitalizia relative a periodi contributivi del ricorrente, specificando che dall’accoglimento della domanda derivasse l’accredito sulla posizione contributiva dell’istante dei contributi relativi ai periodi specificamente individuati e per le causali richieste; e con determinazione del corrispondente importo dovuto a carico del contribuente. Si tratta di un atto complesso che accoglie la domanda diretta ad accrescere la posizione contributiva relativamente a determinati periodi e comunica i dati relativi ai contributi oggetto del riscatto; ed è come tale idonea ad ingenerare l’affidamento dell’assicurato sulla consistenza della propria posizione contributiva incrementata per provvedimento dell’INPS in relazione al periodo oggetto del riscatto.
4.- La giurisprudenza di questa Corte non ha inteso limitare gli elementi costitutivi della responsabilità civile dell’Istituto in relazione al solo caso dell’errore contenuto in una determinata e tassativa tipologia di provvedimenti (estratti certificativi ex art. 54 cit.) che, come si assume nella sentenza impugnata, abbiano lo scopo di certificare, su domanda, la posizione contributiva complessiva del contribuente diretta alla liquidazione del trattamento pensionistico. Anche provvedimenti diversi, se inficiati da errore addebitabile all’Istituto ed in quanto abbiano comportato un errore scusabile da parte dell’assicurato, possono rilevare alla stregua di un comportamento suscettibile di essere valutato (ex artt. 1175 e 1176 codice civile) sul piano del risarcimento contrattuale ex articolo 1218 c.c., qualora sussistano gli ulteriori requisiti della fattispecie sotto il profilo causale.
5.- Tanto si evince dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha già avuto modo di riconoscere la responsabilità risarcitoria dell’Inps in relazione ad erronee comunicazioni dello stesso I.N.P.S. aventi ad oggetto il ricongiungimento di periodi contributivi ed anche se le inesatte informazioni non fossero contenute in documenti rilasciati a richiesta dell’interessato bensì rilasciati dallo stesso Istituto in occasione di una campagna informativa di carattere generale (Cass. 24496/2011 ); ed altresì nel caso in cui gli estratti-conto assicurativi fossero inidonei a rivestire efficacia certificativa (Cass. n. 2327/2016; e n. 23050/2017).
6.- Questa Corte infatti dando continuità ad un orientamento già emerso ha ribadito che, nell’ipotesi in cui l’Inps abbia fornito al lavoratore una erronea indicazione della posizione contributiva, l’ente previdenziale è tenuto a risarcire il danno sofferto dall’interessato per il mancato conseguimento del diritto a pensione, a titolo di responsabilità contrattuale, fondata sull’inadempimento dell’obbligo legale gravante sugli enti pubblici, dotati di poteri di indagine e certificazione, di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita (quali quelli garantiti dall’art. 38 cost.), ancorché le informazioni erronee siano state fornite mediante il rilascio di estratti-conto assicurativi non richiesti dall’interessato e inidonei a rivestire efficacia certificativa.
7.- Secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. 8 aprile 2002 n. 5002), trattasi di obbligazione di origine legale, attinente ad un rapporto intercorrente tra due parti, per cui la responsabilità per inosservanza della stessa è di natura contrattuale. In tale quadro di riferimento, a norma dell’art. 1218 c.c., colui che agisca in giudizio per ottenere il risarcimento del danno conseguente all’inadempimento di tale obbligazione ha l’onere di provare unicamente la fonte del suo diritto e di allegare la circostanza dell’inadempimento o del non esatto adempimento della controparte, oltre che provare il danno subito.
8.- Mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento o dell’impedimento rappresentato dalla impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. S.U. 30 ottobre 2001 n. 13533; per una applicazione recente, cfr. Cass. S.U. 11 gennaio 2008 n. 577). La nozione di causa non imputabile al debitore che induce l’impossibilità della prestazione o dell’esatta prestazione è stata costantemente precisata da questa Corte in termini di fatto oggettivo esterno alla sfera di dominio del debitore, che determina l’impossibilità della prestazione nonostante l’esaurimento di tutte le possibilità di ovviarvi adoperando la normale diligenza richiesta nelle relazioni contrattuali (cfr., ex plurimis, Cass. 2 agosto 2008 n. 17564, 23 aprile 2004 n. 7729 e 5 agosto 2002 n. 11717).
9.- Per le ragioni esposte il primo motivo di ricorso va quindi accolto, assorbito il resto. La sentenza deve essere cassata e la causa rinviata per il seguito alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione, la quale nella definizione della domanda applicherà i principi di diritto desumibili dalle precedenti considerazioni e provvederà alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione.
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