CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 luglio 2019, n. 20524
Licenziamento disciplinare – Giustificazioni del lavoratore – Termine entro il quale il datore di lavoro deve applicare la sanzione disciplinare – CCNL
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 1, co.48, L. n. 92/12, F.L. impugnava dinanzi al Tribunale di Pescara il licenziamento disciplinare intimatogli dalla I. s.p.a. il 6.11.12; a seguito di regolamento di competenza questa S.C. affermava la competenza del Tribunale di Terni, presso cui il L. riassumeva (il 30.6.14) il giudizio.
Il detto Tribunale con ordinanza 23.6.16 annullò il licenziamento; proponeva opposizione la società che veniva accolta con sentenza del 30.1.18, ritenendo dimostrati i fatti addebitati.
Avverso tale sentenza proponeva reclamo il L., evidenziando che essa venne emessa dopo il termine di dieci giorni dall’udienza di discussione (in tesi del 9.1.18) ex art. 1 co. 57; che vi era stata decadenza dal potere disciplinare; che il licenziamento era ritorsivo; che erano stati illegittimamente utilizzati atti del procedimento penale a suo carico; che i fatti addebitati non erano sussistenti.
Con sentenza depositata il 2.5.18, la Corte d’appello di Perugia rigettava il reclamo.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il L., affidato a sei motivi. Resiste la società con controricorso.
Motivi della decisione
1- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1, co. 57, L. n. 92/12, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che pur avendo il primo giudice emesso la sentenza oltre i dieci giorni dall’udienza di discussione, ciò non comportava alcuna nullità posto che in realtà il Tribunale all’udienza del 9.1.18 aveva rinviato per la discussione all’udienza del 30.1.18 al termine della quale emise la sentenza.
Il ricorrente non chiarisce ulteriormente la tesi ed i fatti inerenti sicché deve ritenersi che, come ritenuto dalla sentenza oggi impugnata, la decisione avvenuta lo stesso giorno dell’udienza di discussione (differita al 30.1.18 con apposita ordinanza del Tribunale) con comporta alcuna nullità, né il L. chiarisce quale pregiudizio abbia subito nella specie. In ogni caso non ricorre alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 354 c.p.c. (vale il principio per cui le nullità del procedimento di primo grado si trasformano in mezzi di impugnazione). Questa Corte ha inoltre già osservato (cfr. sent. n. 20071/15, cui il Collegio intende dare continuità) che il termine per il deposito della sentenza nel rito cd.”Fornero” è ordinatorio e non incide sulla validità del procedimento.
2.- Con secondo motivo il L. denuncia la violazione degli artt. 1, co. 49 e 51 L. n. 92/12; 18 L. n. 300/70; 112 c.p.c., oltre che violazione degli artt. 11 e 23 del c.c.n.l. per l’industria metalmeccanica applicato.
Lamenta che la sentenza impugnata respinse erroneamente il motivo di gravame circa la mancata valutazione del giudice, nella fase a cognizione piena, dell’eccezione sollevata nella fase sommaria in ordine alla decadenza dal potere disciplinare da parte della datrice di lavoro, prevedendo il c.c.n.l. un preciso termine (sei giorni dalle giustificazioni del lavoratore) entro il quale il datore di lavoro deve applicare la sanzione disciplinare, ciò in quanto tale eccezione non era stata espressamente riproposta nel giudizio di opposizione.
Sostiene in sostanza che le due fasi del procedimento di primo grado nel rito cd. “Fornero” costituiscono un procedimento unitario, sicché il giudice dell’opposizione era tenuto, ancorché non riproposta formalmente in sede di opposizione, ad esaminare anche le eccezioni proposte col ricorso introduttivo della fase sommaria.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già osservato che l‘opposizione (seconda fase di un procedimento unitario) produce la riespansione del giudizio, per cui il giudice di primo grado è chiamato ad esaminare l’oggetto dell’originaria impugnativa di licenziamento nella pienezza della cognizione integrale (Cass. n. 30443/18, Cass. n. 21720/18, Cass. n. 27655/17, Cass. n. 9458/19), per cui sarebbe irragionevole impedire l’accesso all’esame del giudice di questioni sollevate nella precedente fase sommaria e riportate, come nella specie, nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione. Del resto anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, finanche nell’ipotesi in cui sia stato emesso per una somma inferiore a quella indicata nel ricorso monitorio, il creditore opposto può limitarsi ad insistere, con la sua costituzione, nell’accoglimento dell’originaria più ampia domanda, non essendo “alterato l’oggetto dell’accertamento del giudizio di opposizione, a seguito del quale non è stato riconosciuto al creditore più di quello che egli aveva richiesto con il ricorso introduttivo” (Cass. n. 7003 del 1993).
Nella specie la Corte di merito si è limitata ad osservare che nella fase di opposizione il L. “non aveva riproposto (nelle conclusioni) la problematica”, ma ciò non è affatto decisivo essendo egli costituito quale convenuto-opposto, avendo quindi insistito per il rigetto dell’opposizione e dunque per la conferma dell’accoglimento dell’originaria domanda nella quale, come affermato dalla stessa Corte d’appello: “il lavoratore aveva invero esposto l’argomento nella fase sommaria” (pag. 3 sentenza impugnata). D’altro canto il L. espone e riporta dettagliatamente il contenuto (per quanto qui interessa) della memoria di costituzione nel giudizio di opposizione ove “la problematica” risulta nuovamente esposta, difettando soltanto una ulteriore riproposizione nelle conclusioni.
Il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, restando assorbiti i restanti.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta ed il rinvio per l’ulteriore esame della controversia, ad altro giudice, in dispositivo indicato, il quale provvederà anche in ordine alle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Roma.
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