CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 maggio 2018, n. 13628
Tributi – IRPEF – Accertamento di plusvalenza per la cessione di terreno edificabile – Atto di compravendita riguardante area già edificata al momento della cessione – Esclusione
Ritenuto che
L’Agenzia delle entrate ricorre con tre motivi nei confronti di R.C., per la cassazione della sentenza n. 66/22/12, depositata il 20.07.2012, con la quale la CTR del Veneto in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate accertava una plusvalenza ai sensi dell’art. 67, lett. b) TUIR, a seguito di cessione di terreno edificabile, non dichiarata, pari ad euro 121.142,69, procedendo alla rettifica del reddito imponibile ai sensi dell’art. 41 bis d.P.R. n. 600 del 1973, confermava la sentenza della CTP di Belluno e respingeva l’appello dell’Ufficio, sul presupposto che il terreno ceduto non poteva ritenersi edificabile, ravvisandosi nella specie l’alienazione di una baracca suscettibile di demolizione e ricostruzione nei limiti del volume esistente, giusta scheda normativa F/14. Il contribuente si è costituito con – controricorso. La Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., atteso che non è dato in alcun modo rilevare nella motivazione della sentenza le ragioni logico-giuridiche che hanno condotto il giudicante al proprio convincimento.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 917 del 1986, TUIR nonché dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che la CTR sembra sostenere che l’insussistenza dell’obbligo di dichiarare la plusvalenza derivi dal fatto che l’atto di vendita abbia avuto ad oggetto un immobile edificato da oltre cinque anni, come dimostrerebbe il titolo di acquisto, rappresentato da una donazione proveniente da B.M., risalente al 3.2.2003, laddove il riferimento alla donazione risulta espunto dal testo dell’art. 67, comma 1, lett. b) ad opera del d.l. n. 223 del 2006, conv. in I. n. 248 del 2006 e che, se anche il testo normativo fosse applicabile nella sua originaria versione, il titolo di acquisto resterebbe irrilevante. La CTR avrebbe violato le disposizioni richiamate nella rubrica del motivo, per aver male interpretato il presupposto impositivo dovendosi ritenere che qualora sul terreno ceduto sia presente un’opera di carattere provvisorio, nel caso di specie, una “baracca”, la stessa non vale ad escludere l’utilizzazione edificatoria del fondo, con conseguente obbligo di dichiarare la plusvalenza realizzata.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 67 del d.P.R. n. 917 del 1986 e 36, comma 2, d.l. n. 223 del 2006, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., atteso che dalla lettura del PRG era chiaramente evincibile che l’area era pienamente suscettibile di utilizzo edificatorio, pertanto la cessione rientrava nell’ambito applicativo dell’art. 67 cit.
4. I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione logica. Le doglianze non sono fondate.
La questione principale della controversia, avente valore dirimente, è se la vendita di area già edificata (nella specie “baracca”) possa rientrare, a fronte di una riqualificazione operata dall’Ufficio sulla scorta di elementi presuntivi, nelle ipotesi, sicuramente tassative, previste dall’art. 81, comma 1, lett. b TUIR (ora 67) il quale, come noto, assoggetta a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
Dalla piana lettura dell’art. 81 (ora 67) e dell’art. 16 (ora 17), comma 1, lett. g bis, cit. TUIR, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, di conseguenza, non possono rientrare tra le stesse le cessioni aventi ad oggetto non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma un terreno sul quale insorge un fabbricato, e che quindi è da ritenersi già edificato.
Il principio è stato recentemente ribadito da questa Corte, secondo cui: “In materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore degli artt. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, del d.P.R. n. 917 del 1986, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e, quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica “(Cass. n. 1674 del 2018).
Nel caso di specie, come accertato dalla CTR, con valutazione insuscettibile di sindacato da questa Corte se non per (non dedotto) vizio di motivazione, la cessione ha avuto ad oggetto una baracca; di conseguenza, atteso l’oggetto della cessione, nulla rileva (al fine specifico per cui è causa) che tale baracca nelle intenzione delle parti fosse destinato alla demolizione e successiva ricostruzione, o che la stessa non fosse regolarmente censita al catasto, risultando dai fatti di causa, per come illustrato in ricorso e riferito nelle sentenza impugnata, che la stessa era utilizzabile ai fini edificatori senza alcun aumento di volumetria in virtù della citata scheda F/14.
Questo principio appare coerente con la ratio ispiratrice del citato art. 81, nella formulazione introdotta dalla legge n. 413 del 1991, tesa inequivocabilmente ad assoggettare a prelievo fiscale la manifestazione di forza “economica conseguente all’avvenuta destinazione urbanistica in sede di pianificazione urbanistica” di accompagnamento alla citata l. n. 413 scaturisce “non in virtù di un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica” dei terreni. Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’applicabilità della norma in esame, è la destinazione edificatoria originariamente conferita, ad area non edificata, in sede di pianificazione urbanistica e non quella ripristinata, conseguentemente ad intervento, su area già edificata operato da cedente o cessionario. (Cass. n. 4150 del 2014; Cass. n. 15629 del 2014). Risultando oggetto dell’atto una “baracca”, e quindi un terreno già edificato, tale entità sostanziale non poteva essere mutata (con conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso di specie attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quella interessato alla imposizione fiscale (Cass. n. 4361 del 2017).
Ne consegue che nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata, tenuto conto che la CTR con motivazione immune da vizi logici e conforme ai principi sopra illustrati, ha escluso la sussistenza di una plusvalenza tassabile.
Alla stregua di quanto sopra il ricorso va rigettato. Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 6.000,00 per compensi oltre spese forfetarie ed accessori di legge.