CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 marzo 2020, n. 7586
Tributi – Accertamento – Studi di settore – Onere di prova contraria a carico del contribuente – Circostanze di fatto tali da giustificare un reddito inferiore
Rilevato che
– T.M. di R.F. & C. s.a.s (di seguito, la contribuente) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (CTR), depositata il 14 giugno 2012, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che ne aveva respinto il ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004, per Ires, Iva, Irap;
– dall’esame della sentenza di appello si evince che l’Ufficio, in seguito al contraddittorio con la contribuente aveva accertato maggiori ricavi sulla base di studi di settore, non avendo ritenute valide le articolate giustificazioni da essa fornite (specificamente, “settore soggetto a variazioni produttive; forte concorrenza; contrazione della produzione; valore dei beni strumentali; erroneo inserimento tra i costi del compenso dell’amministratore; inesatto inserimento del costo di approvvigionamento del gas; investimenti che non hanno prodotto ricavi sperati; contrazione dei turni di lavoro; mancata considerazione del correttivo congiunturale; errore nella tabella riepilogativa per mancata conversione dalle lire all’euro, erronea indicazione del volume d’affari dichiarato ai fini Iva”);
– il ricorso è affidato ad un motivo, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
Considerato che
– con il proprio motivo, la contribuente deduce “vizio di motivazione su un punto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 n. 5 c.p.c., nonché contraddittorietà e illogicità della motivazione”, per aver il giudice di appello ritenuto corretto l’operato dell’ufficio, non considerando che essa aveva documentato in contraddittorio la bontà dei ricavi effettivamente conseguiti;
– il ricorso è infondato sulla base delle considerazioni che seguono;
– secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, alle quali il contribuente può opporre la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
– la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente nel contraddittorio eventualmente instaurato;
– nel caso di specie la sentenza impugnata contiene affermazioni in linea con tali principi;
– pacifico essendo in causa che il contraddittorio sia stato attivato, i giudici d’appello hanno ritenuto idonee le risultanze degli studi di settore a fondare l’accertamento affermando, in merito alla prova offerta dalla contribuente delle circostanze in grado di giustificare il minor reddito dichiarato, che l’ufficio aveva preso in esame tutte le circostanze da essa indicate rispetto allo studio di settore, ed aveva provveduto ad integrare le risultanze degli studi di settore «con elementi reali riferibile al contribuente, che da parte sua si è limitato a denunciare ragioni di scostamento omettendo di documentare le proprie affermazioni giustificative»;
– al riguardo, giova notare che la mancanza di prove documentali atte a supportare le difese della contribuente è, a ben vedere, incontestata, risolvendosi la tesi difensiva in allegazioni di circostanze fattuali, idonee, a suo avviso, a paralizzare l’utilizzabilità degli studi di settore;
– tuttavia, la sola allegazione dell’esistenza di circostanze idonee in astratto a contrastare la presunzione di maggior reddito non soddisfa il principio per cui nel riparto degli oneri, al contribuente è assegnato quello non solo di allegare ma anche di provare – ancorché senza limitazioni di mezzi e di contenuto – la sussistenza di circostanze di fatto tali da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore incombe l’onere della dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (cfr. ex multis Cass. n. 3415/2015); prova che, nel processo civile come nel processo tributario, non può consistere soltanto nell’asserzione della parte stessa che ad essa abbia interesse;
– correttamente, nel proprio atto, la difesa erariale rileva come l’acquisto di nuovi macchinari contrasti la tesi della contrazione dell’attività e renda non veridica l’antieconomicità della gestione imprenditoriale;
– in conclusione, il ricorso deve essere rigettato;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 3.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito.