CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 ottobre 2018, n. 24107
Impiego di lavoratori non regolarmente denunciati – Obbligo di iscrizione contestualmente all’atto di assunzione – Necessità – Contratto di lavoro sottoscritto tra le parti – Equiparazione – Esclusione
Fatti di causa
La Corte di appello di Ancona, con la sentenza n. 691/2012, aveva confermato la precedente decisione con la quale il locale Tribunale aveva accertato la legittimità del recupero a contribuzione eseguito dall’Inps nel fondo per lavoratori dipendenti, sulla base di due verbali redatti in sede di accertamento ispettivo presso A.A., quale titolare della ditta “K.D.”, relativamente alla posizione di alcuni venditori porta a porta incaricati della promozione e vendita con dimostrazione a domicilio e di alcune telefoniste incaricate della fissazione di appuntamenti con soggetti interessati all’acquisto.
La Corte territoriale aveva ritenuto superflua l’attività istruttoria richiesta dall’A., in quanto incontroverse nella loro materialità fattuale le attività svolte dai venditori e dalle telefoniste, per come acquisite nei dati documentali e nell’accertamento effettuato in sede ispettiva. Aveva escluso la natura autonoma delle prestazioni in questione ed aveva anche sul puntoconfermato la decisione del Tribunale, pure respingendo l’appello incidentale relativo alla maxi-sanzione di cui all’art. 3, comma 3,del decreto legge n. 12/2002 convertito in legge n. 73/2002. In proposito aveva ritenuto che la sottoscrizione di contratto di lavoro con il F. integrasse gli estremi di quanto richiesto dalle citate disposizioni sulla denuncia del lavoratore anche evincibile dal libro matricola o da altra scrittura obbligatoria.
Avverso tale decisione A.A. proponeva ricorso affidandolo a quattro motivi.
Con un solo motivo proponeva ricorso anche l’Inps con riguardo al rigetto dell’appello incidentale.
L’Alberghetti si difendeva con controricorso.
Ragioni della decisione
1)- Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza circa i fatti asseritamente accertati dagli Ispettori del lavoro in materia di attività svolte dai venditori e dalle telefoniste. In particolare il ricorrente si duole della insufficienza probatoria dei verbali ispettivi, le cui risultanze, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale erano state contestate, nonché della errata individuazione degli oneri probatori.
2)- Con il secondo è lamentata la errata applicazione delle norme in materia di distribuzione dell’onere probatorio, nonché la violazione dell’art. 24 della Costituzione in relazione alla mancata ammissione delle prove testimoniali articolate.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente poiché attengono al profilo della valutazione della prova e dei principi in materia di distribuzione degli oneri probatori.
Deve rilevarsi che questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento (Cass n. 5654/2017; Cass. 11457/2007).
In continuità con il principio affermato deve quindi ritenersi l’infondatezza dei motivi dedotti, allorché non evidenziano, anche sfiorando il limite della ammissibilità delle censure, quali siano state le circostanze che, se provate, avrebbero, con certezza, determinato un esito differente della controversia. In concreto parte ricorrente ha dedotto che, in contrasto all’accertamento dei giudici di merito, fondato sui verbali ispettivi, le circostanze oggetto della prova testimoniale articolata avrebbero determinato la evidenza della diversa natura dei rapporti di lavoro in oggetto.
Al di là di ogni valutazione sulla assenza di un giudizio di certezza in tali affermazioni, deve osservarsi che il mancato inserimento nel ricorso dei capitoli di prova dedotti rende impossibile l’esame da parte della Corte e quindi sicuramente infondati i motivi.
3)- Con il terzo motivo è dedotta la insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa la ricostruzione del contesto organizzativo.
Il ricorrente censura la ricostruzione operata dalla Corte di merito sulla base delle circostanze di fatto evidenziate nei verbali ispettivi. Il motivo risulta inammissibile poiché sottende una richiesta di nuova valutazione del materiale probatorio utilizzato dal giudice di merito non consentita in questa sede di legittimità.
4)- Con il quarto motivo è denunciata la violazione o errata interpretazione ed applicazione dell’art. 61 del D.Lvo n. 276/2003, avendo, la Corte, erroneamente ritenuto di qualificare i rapporti di lavoro in oggetto secondo Io schema del lavoro a progetto, non considerando gli elementi di fatto attestanti la natura di collaborazioni autonome.
Anche tale motivo risulta inammissibile per più ragioni: la prima per la richiesta sostanziale di una ri-valutazione degli elementi di fatto non consentita in questa sede ; la seconda attinente alla assenza totale di indicazione degli elementi significativi ai fini di una differente valutazione della natura dei rapporti di lavoro di cui si discute.
Il ricorso principale di A.A. è infondato.
5)- Con un unico motivo l’Inps ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 3,comnna 3, del DL n. 12/2002, convertito in legge n. 73/2002, così come modificato dall’art. 36 bis comma 7, del DL n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006 (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), per aver, la corte territoriale, rigettato l’appello incidentale proposto dall’Inps.
Deduce a riguardo di aver proposto dinanzi al giudice d’appello domanda diretta a stabilire la applicazione della sanzione di cui all’art. 36 bis della I.n. 248/2006, relativamente alla posizione del lavoratore F.M., non risultando il suo nominativo menzionato in alcuna scrittura contabile o in altra documentazione obbligatoria, tale non potendo essere qualificato il contratto di collaborazione occasionale. La Corte territoriale aveva invece ritenuto infondato il motivo di censura in quella sede proposto valutando la risultanza del nominativo sul contratto tra le parti misura alternativa alla iscrizione nei documenti obbligatori.
Questa Corte ha avuto occasione di precisare che “In tema di sanzioni amministrative per l’impiego di lavoratori non regolarmente denunciati, l’art. 3, comma terzo, della legge 23 aprile 2002, n. 73, letto in combinato disposto con l’art. 9 bis del d.l. 1 ottobre 1996, n. 510 (convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608), impone che l’iscrizione del lavoratore nel libro paga e matricola debba avvenire contestualmente all’atto di assunzione; in difetto, consegue automaticamente l’applicazione della sanzione, rimanendo irrilevante, a tali fini, che la registrazione venga effettuata in epoca successiva a quella dell’effettivo impiego del lavoratore, diversamente ricorrendo una non prevista sanatoria”(Cass. n. 11186/2013).
Il principio richiamato esplicita la funzione dell’iscrizione richiesta e rende evidente la non sostituibilità dei documenti obbligatori con scritture private prive di valenza pubblica e dirette solo a regolare, eventualmente, i rapporti tra le parti. Il motivo incidentale proposto dall’Inps risulta quindi fondato, attesa la erronea decisione sul punto della Corte territoriale.
La sentenza deve quindi essere cassata con riguardo al motivo accolto e rimessa la causa dinanzi alla corte di appello di Ancona, in diversa composizione, perché, tenuti presenti i principi sopra enunciati, provveda a determinare l’entità della sanzione dovuta oltre che alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di A.A.; accoglie il ricorso incidentale g cassa la sentenza in relazione al ricorso accolto e rimette la causa alla corte di appello di Ancona , in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente A.A. dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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