CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 ottobre 2018, n. 27668
Pubblico impiego privatizzato – Dirigente – Riconoscimento di un doppio compenso – Principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale
Fatti di causa
1. Oggetto del contendere è la misura del compenso spettante ad un dirigente Asl, quale il ricorrente G.B., che sia preposto contestualmente a due Strutture Complesse.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermando, con sentenza n. 1303/2013, la pronuncia del locale Tribunale, ha ritenuto che il principio di onnicomprensività di cui all’art. 24 d. lgs. 165/2001 impedisse il riconoscimento di un doppio compenso, mentre, d’altra parte, la contrattazione collettiva nel caso in esame non risultava prevedere alcuna specifica norma derogatoria ed al ricorrente, vantandosi egli come titolare e non sostituto sul secondo incarico, non poteva applicarsi la norma dell’art. 18 comma 7 del CCNL che prevedeva un compenso a favore del dirigente che sostituisse il direttore di S.C. assente per ferie, malattia o altro impedimento.
2. Il B. ha impugnato tale sentenza affidandosi ad un unico articolato motivo, poi illustrato da memoria. La Asl è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo il ricorrente sostiene che si sarebbe determinata violazione e falsa applicazione dell’art. 24 d. lgs. 165/2001, in quanto, nell’esprimere il principio di onnicomprensività della retribuzione, la norma riguarderebbe il caso degli incarichi accessori e non quello in cui siano attribuiti due incarichi tra loro autonomi, sottolineandosi come nel caso di specie vi fosse anche diversità di mansioni tra i due incarichi, in quanto uno riguardava il coordinamento delle strutture complesse di veterinaria ed il secondo la direzione di una di tali strutture complesse, senza contare la necessità di considerare i principi di proporzionalità della retribuzione di cui all’art. 36 Cost.
2. Preliminarmente si deve osservare come nessuna censura sia stata mossa rispetto alla statuizione della Corte d’Appello in ordine all’insussistenza di diritti rivenienti da norme collettive di regolazione di casi come quello di specie in un qualche senso favorevole al ricorrente. E ciò né in generale, né rispetto all’indennizzo, esplicitamente considerato dalla Corte ma da essa ritenuto estraneo alla pretesa per come formulata dal B., che è previsto dall’art. 18, comma 7 c.c.n.l. Dirigenza medica e veterinaria del s.s.n., per i casi in cui chi sia preposto ad incarico dirigenziale sia anche incaricato, in via aggiuntiva, della sostituzione di altro dirigente.
In sostanza, su tale premessa, ciò su cui deve statuirsi è se al dirigente sanitario preposto contestualmente a due strutture complesse o, come più in specifico nel caso di specie, alla direzione di un’area dipartimentale (che coordina più strutture complesse) e al contempo ad una struttura complessa (di quelle coordinate in quell’area), spetti per legge una ulteriore remunerazione in ragione dell’incarico successivamente attribuito.
3. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è nel senso che la previsione di onnicomprensività di cui all’art. 24, co. 3, d. lgs. 165/2001 non consenta in alcun modo di riconoscere plurimi compensi in ragione della pluralità di incarichi o funzioni che la medesima amministrazione attribuisca al medesimo dirigente.
A nulla rilevando il fatto, in qualche misura insito nella pluralità di incarichi, che le mansioni, rispetto alle singole funzioni, possano esser differenziate o presentare tratti di più o meno spiccata autonomia.
Si è infatti reiteratamente affermato il principio, qui da ribadire, secondo cui «nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in ragione del quale il trattamento economico dei dirigenti remunera tutte le funzioni e i compiti loro attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa» (Cass. 8 febbraio 2018, n. 3094, rispetto al caso di conferimento di una reggenza; Cass. 30 marzo 2017, n. 8261; Cass. 5 ottobre 2017 n. 23274; Cass. 7 marzo 2017, n. 5698). Né d’altra parte si può ritenere che la normativa si ponga in contrasto con l’art. 36 Cost., con riferimento alla necessità che la remunerazione sia coerente con la «quantità e qualità» del lavoro prestato e ciò in quanto la previsione espressa, di cui all’art. 24, co. 3, cit., di un trattamento retributivo correlato «alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti» esprime una flessibilità che naturalmente consente le debite graduazioni dell'(unica) retribuzione, senza necessità di ricorrere a duplicazioni di poste e compensi.
Già si è però detto che qui ormai non si discute della misura entro cui l'(unica) retribuzione sia stata determinata secondo la contrattazione collettiva, ma della spettanza, per effetto di una interpretazione dell’art. 24 cit. che non può tuttavia essere avallata, di una duplicazione nella remunerazione del dirigente, non riconosciuta, come tale, dalla legge.
Il ricorso va quindi rigettato.
4. Nulla sulle spese, essendo la Asl rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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