CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 settembre 2019, n. 24255

Tributi – Importazione – Trattamento daziario agevolato – Rettifica – Notifica atti di accertamento allo spedizioniere doganale – Legittimità – Rappresentanza dell’importatore

Fatti di causa

1. A seguito di controllo a posteriori, la Dogana di Genova riscontrò una serie di irregolarità con riguardo a diverse operazioni di importazione- risalenti agli anni 2001-2002- di tessuti di cotone greggio dichiarati dallo spedizioniere D. M. di origine “Turkmenistan preferenziale”, con applicazione del trattamento daziario agevolato (nell’aliquota ridotta del 7,3% in luogo di quella ordinaria dell’8,6%). Ne seguì la notifica da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 40 del d.P.R. n. 43 del 1973, nelle mani di D. M., nella qualità di “spedizioniere doganale” della società R. P. s.p.a., di vari avvisi di rettifica di accertamento (prot. 55615/RAU 2788; 56840/RAU 2792; 58167/RAU 2776; 55641/RAU 2790) – e dei correlati atti di contestazione delle sanzioni amministrative- con i quali l’Agenzia recuperò i maggiori diritti doganali evasi. Con raccomandata RR prot. N. 5775 del 25 gennaio 2005, l’Agenzia delle dogane trasmise copia degli atti impositivi e dei relativi atti di contestazione delle sanzioni, anche al R. P. s.p.a. Alla detta società, l’Agenzia notificò in data 26 gennaio 2005 la successiva cartella esattoriale n. 019200400710640 73/11.

Avverso la cartella di pagamento, gli avvisi di rettifica e i correlati atti di contestazione delle sanzioni, la società R. P. s.p.a. propose diversi ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova deducendo, in primo luogo, l’irregolarità della notifica degli atti impositivi e di contestazione delle sanzioni effettuata ai sensi dell’art. 40 T.U.L.D. stante la carenza del potere di rappresentanza in capo allo spedizioniere doganale M. (per essere stato incaricato dalla società T.S.I., con sede ad Hong Kong, venditrice della merce al R. P. s.p.a. che, a sua volta, aveva rimborsato gli importi versati a titolo dazi, in conformità alla clausola “DDP” – Delivery Duty Paid-, dalla società import-export Tergestea s.r.l., pure incaricata dalla venditrice della merce) nonché, nel merito, la regolare applicazione del trattamento daziario preferenziale essendo state rispettate le regole del trasporto diretto della merce, non essendo risultata quest’ultima sottoposta a lavorazioni nel luogo di transito (Turchia). Controdedusse, nei vari giudizi, l’Agenzia rilevando la ritualità della notifica degli atti impositivi e di quelli di contestazione effettuata, ai sensi dell’art. 40 TULD, nelle mani di M., quale rappresentante in dogana del R. P. s.p.a. e, nel merito, la mancata produzione di alcun certificato di non manipolazione che attestasse il regolare trasporto diretto della merce importata. Previo annullamento in autotutela dell’avviso n. 55641/RAU 2790 e del relativo atto di contestazione, la CTP di Genova, con la sentenza n. 118/12/2008, accolse il ricorso del R. P. s.p.a., rilevando la invalidità della notifica ai sensi dell’art. 40 TULD degli atti impositivi e dei relativi atti di contestazione nelle mani dello spedizioniere M., per non essere la società R. P. s.p.a. soggetto effettivamente rappresentato, in quanto risultato estraneo all’importazione.

Avverso la sentenza di primo grado, propose appello l’Agenzia delle dogane dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Liguria, che, con sentenza n. 31/06/2011, lo rigettò, osservando, per quanto di interesse, in punto di diritto, che: l) quanto alla eccezione di difetto di rappresentanza in capo allo spedizioniere, destava “perplessità” il fatto che l’Agenzia, successivamente alla notifica allo spedizioniere degli atti impositivi e di contestazione, avesse notificato copia degli stessi al R. P. s.p.a., lì dove tale successiva notifica non sarebbe stata necessaria se alcun dubbio fosse sorto sulla effettività della rappresentanza della detta società in capo al M., prevedendo l’art. 40, comma 3, del TULD che “ogni atto, provvedimento o decisione dell’amministrazione è validamente notificato al rappresentante” ovvero allo spedizioniere doganale iscritto nell’albo professionale; 2) nel caso di qualche incertezza, l’Agenzia avrebbe potuto richiedere, ai sensi dell’art. 5, comma 5, CDC, a chiunque dichiarasse di agire in nome e per conto di un’altra persona, di fornire le prove del suo potere di rappresentanza; 3) date le caratteristiche della merce (balle di cotone) e il fatto che questa aveva effettuato una sola tappa sembrava “fortemente verosimile” la diretta importazione della stessa dal Turkmenistan “senza possibili manomissioni”.

1.4. Avverso la suddetta sentenza della CTR, l’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, il Ricamifido P. s.p.a.

1.5. L’Agenzia delle dogane ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Ragioni della decisione

1. Preliminarmente va disattesa l’istanza formulata dalla controricorrente di riunione del presente procedimento con altri (RG n.10748/2012 e RG n. 10750/2012) pendenti tra le stesse parti con riguardo a diverse operazioni di importazione risalenti agli anni 2001- 2002. Al riguardo, va, infatti, ricordato che, nel giudizio di cassazione, le finalità di economia processuale e di uniformità delle decisioni relative a casi identici, cui è ispirato l’obbligo della riunione previsto dall’art. 151 disp. att. cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 19, lett. f) decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, possono utilmente essere perseguite, in mancanza di un espresso riferimento della predetta disposizione al giudizio di legittimità, anche attraverso la trattazione nella medesima udienza e davanti allo stesso giudice di più cause riunibili, verificandosi in tale evenienza una situazione sostanzialmente assimilabile a quella del “simultaneus processus” in senso tecnico (Sez. L, n. 4357 del 23/02/2010, Rv. 612005 – 01), situazione nella specie sussistente, posto che le cause, per le quali la riunione è richiesta, sono state fissate per la medesima udienza innanzi a questa Sezione, con la conseguenza che, anche per ragioni di speditezza processuale, non appare necessario disporre la riunione dei procedimenti (ex multis, Cass. n. 28687 del 2017).

2. Va, altresì, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, in quanto dal contesto dell’atto nel suo complesso, formato dalle premesse e dallo svolgimento dei motivi, e quindi dalla sola lettura di esso, con esclusione dell’esame di ogni altro documento e della stessa sentenza impugnata, è desumibile una precisa cognizione tanto dell’origine che dell’oggetto della controversia, come dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, ciò in modo da consentire a questa Corte un’adeguata comprensione del significato e della portata delle critiche mosse alla pronuncia del giudice a quo.

3. Con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia delle dogane denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 40 del d.P.R. n. 43/1973 (T.U.L.D.) e 11 del d.lgs. n. 374 del 1990, per avere la CTR erroneamente ritenuto invalida la notifica degli atti impositivi e dei relativi atti di contestazione delle sanzioni effettuata, ai sensi dell’art. 40, comma 3, cit., allo spedizioniere doganale, sussistendo dubbi in ordine alla “effettività della rappresentanza del R. P. s.p.a. in capo allo spedizioniere M.”, ancorché, a fronte della documentazione posta a corredo dell’importazione (Dichiarazione degli elementi relativi al valore in dogana Genova 24/09/01 e documento di sdoganamento Genova Passo Nuovo- 24/09/01) dalla quale M. D. risultava “dichiarante- rappresentante” del R. P. s.p.a. quale “compratore- destinatario”, quest’ultimo avesse meramente contestato il rapporto di rappresentanza ( per essere stato il M. incaricato dalla società di diritto di Hong Kong T.S.I. venditrice della merce) senza addure, al riguardo, alcun elemento probatorio.

4. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5, del Reg. CE n. 2913 del 1992 (C.D.C.), per avere la CTR posto erroneamente a carico dell’Agenzia l’onere di chiedere, ai sensi dell’art. 5, comma 5, cit., a chiunque dichiarasse di agire in nome e per conto di un’altra persona di fornirle le prove del suo potere di rappresentanza, senza considerare che tale norma prevede una mera facoltà in tal senso dell’Ufficio per verificare la regolarità, sotto tale aspetto, della dichiarazione.

5.1 motivi primo e terzo da trattare congiuntamente sono fondati.

5.1. Ai sensi dell’art. 40, commi 1 e 2 del d.P.R. n. 43 del 1973 (TULD):« Ogni qualvolta le disposizioni in materia doganale prescrivono di fare una dichiarazione o di compiere determinati atti o di osservare speciali obblighi e norme ovvero consentono di esercitare determinati diritti, si può agire personalmente o a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. 2. La rappresentanza indiretta è libera. La rappresentanza diretta, limitatamente alle dichiarazioni in dogana, è riservata agli spedizionieri doganali iscritti nell’albo professionale istituito con la legge 22 dicembre 1960, n. 1612, salvo quanto previsto nell’articolo 43.».

Ex art. 5 del Reg. CE n. 2913 del 1992: 2. La rappresentanza può 1 essere:

– diretta, quando il rappresentante agisce a nome e per conto di terzi, oppure – indiretta, quando il rappresentante agisce a nome proprio ma per conto di terzi (par. 2) 4. Il rappresentante deve dichiarare di agire per la persona rappresentata, precisare se si tratta di una rappresentanza diretta o indiretta e disporre del potere di rappresentanza. La persona che non dichiari di agire a nome o per conto di un terzo o che dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del potere di rappresentanza è considerata agire a suo nome e per proprio conto (par. 4). 5. L’autorità doganale può chiedere a chiunque dichiari di agire in nome o per conto di un’altra persona di fornirle le prove del suo potere di rappresentanza, (par. 5).

A norma dell’art. 201 del C.D.C. l’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito all’Immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all’importazione, al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana. Il debitore è il dichiarante, ed, in caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana.

Lo spedizioniere doganale che sottoscrive la dichiarazione in regime di rappresentanza diretta non può considerarsi dichiarante ai sensi dell’articolo 4, punto 18, del C.D.C. La qualifica di dichiarante in dogana, in questo caso, spetta unicamente all’importatore, soggetto identificato fiscalmente in Italia e, perciò, comunitario; ciò se lo spedizioniere sia munito del potere di rappresentanza.

Se questo vale quanto ai rapporti tra rappresentante e rappresentato, potendo comportare, in caso di difetto del potere di rappresentanza, la responsabilità diretta del dichiarante verso l’Amministrazione finanziaria, in tema di notifica degli atti è consentito a quest’ultima la effettuazione della stessa direttamente nelle mani del rappresentante (apparente).

Infatti, ai sensi del comma 3 dell’art. 40 TULD «Ogni atto, provvedimento o decisione dell’amministrazione è validamente notificato al rappresentante, sempre che il rappresentato non abbia comunicato per iscritto alla dogana la cessazione della rappresentanza; le notifiche possono essere eseguite nelle mani proprie dei rappresentanti direttamente da parte dei funzionari doganali».

Pertanto, per quanto riguarda la notifica degli atti, venendo in rilievo il terzo Amministrazione finanziaria, valgono le regole della rappresentanza apparente, essendo quest’ultima, ignara dell’esistenza o meno di un effettivo rapporto di rappresentanza e avendovi fatto ragionevole affidamento al momento della notifica, salvo che lo stesso rappresentato non abbia comunicato per iscritto alla dogana la cessazione della stessa.

Al riguardo, da ultimo, questa Corte, nella ordinanza n. 3078 del 2019, ha affermato che “in tema di dazi doganali, gli atti di contestazione emessi nei confronti dei contribuenti sono validamente notificati agli spedizionieri doganali ai sensi dell’art. 40 del d.P.R. n. 43 del 1973.

Non rileva, pertanto, sotto il profilo della regolarità della notifica eseguita ai sensi del comma 3 dell’art. 40 TULD, il potere dell’autorità doganale di richiedere, ai sensi dell’art. 5, comma 5, C.D.C., a chiunque dichiari di agire in nome e per conto di un’altra persona di fornire le prove del suo potere di rappresentanza, essendo questa una facoltà riservata all’Amministrazione al momento della ricezione della dichiarazione medesima in dogana.

5.2. La CTR non si è attenuta ai principi in materia, avendo ritenuto irregolare la notifica degli atti impositivi e di quelli di contestazione delle sanzioni effettuata ai sensi dell’art. 40, comma 3/TULD, nelle mani del rappresentante/spedizioniere (che risultava tale dalla documentazione doganale), facendo in sostanza ricadere sull’Agenzia la prova, a tal fine, della effettività della rappresentanza del R. P. s.p.a. in capo al M. e assumendo erroneamente, peraltro, sotto tale aspetto, una violazione dell’art. 5, comma 5, C.D.C.

Va, peraltro, aggiunto che, nella specie, risulta incontestato che il R. P. s.p.a. abbia, in ogni caso, ricevuto la trasmissione (con racc.ta prot. 5775 del 25 gennaio 2005) di copia degli avvisi di rettifica di accertamento e degli atti di contestazione prima della notifica della cartella di pagamento in data 25 febbraio 2005.

6. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 TULD, 64,201 e 202 del Reg. CE n. 2913/92 (C.D.C.), per non avere la CTR considerato il R. P. s.p.a. responsabile in via solidale dell’obbligazione tributaria, in quanto “partecipe” e, in ogni caso, implicato nell’operazione doganale come si evinceva dalla documentazione posta a corredo dell’importazione.

6.1. La censura è inammissibile in quanto non coglie la ratio deciderteli, avendo la CTR escluso nel merito la responsabilità ai fini tributari dell’importatore R. P. s.p.a. sul presupposto dell’asserita sussistenza dei presupposti (tra cui il trasporto diretto della merce) per fruire del trattamento daziario agevolato proprio della c.d. “origine preferenziale” delle merci importate.

7. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 78, comma 2 e 94 del Reg. CE n. 2454/1993 (DAC), per avere la CTR ritenuto sussistente, nella specie, il presupposto necessario, ai sensi dell’art. 94 cit., ai fini del trattamento daziario preferenziale, del “trasporto diretto” della merce dal Paese di origine al Paese di destinazione per essere “fortemente verosimile”, stante le caratteristiche della merce (balle di cotone) e il fatto che la stessa avesse fatto una sola tappa, la diretta importazione della stessa, senza manomissioni, dal Turkmenistan alla Comunità europea; ciò, senza che l’operatore commerciale avesse prodotto alcun “documento unitario di trasporto” ovvero altri documenti attestanti la mancata sottoposizione dei detti prodotti a lavorazione nel Paese di transito (Turchia).

7.1. Il motivo è fondato.

7.2. Diversamente dall’origine non preferenziale che rappresenta la regola applicabile a tutti i prodotti per i quali l’Unione europea non ha stipulato accordi specifici con la conseguenza che per tali beni l’aliquota è quella riportata nel testo della tariffa doganale comune, l’origine preferenziale permette di applicare dazi doganali ridotti o nulli ai prodotti industriali originari di Paesi con i quali l’Unione europea ha sottoscritto accordi “preferenziali”. In particolare, due o più Stati, mantenendo il loro territorio doganale, si associano tra loro e concedono l’abbattimento reciproco, totale o parziale, dei dazi e di altre misure restrittive sui prodotti fabbricati nei loro territori. Pertanto, le regole dell’origine preferenziale sono uno strumento tecnico con cui vengono modulate le concessioni tariffarie che un determinato Paese accorda ad un altro Paese. Alla base vi è di norma un accordo tra due Paesi attraverso il quale -per lo scambio di determinati prodotti riconosciuti come “originari” di uno dei Paesi contraenti- viene riservato un “trattamento preferenziale”. Le merci, al fine di potere usufruire dei benefici sopra indicati, devono avere i requisiti che variano sia in funzione delle singole voci doganali dei prodotti che dei singoli accordi siglati dall’UE con i vari Paesi Terzi.

I trattamenti agevolativi, che, esentando in tutto od in parte dal pagamento del dazio, si pongono come eccezione rispetto alla regola della generale imponibilità (cfr. Cass. n. 5007 del 2007), possono, quindi, esser riconosciuti solo in quanto soddisfino le condizioni di forma e di sostanza previste dalla legge (Cass. n. 4771 del 2009; 4797 del 2009; n. 13680 del 2009; n. 4023 del 2012).

Sebbene l’origine preferenziale imponga l’applicazione delle regole contenute nello specifico accordo, la somiglianza tra i diversi accordi consente di rilevare che, ai fini della concessione del trattamento daziario preferenziale, la merce per potere essere considerata “originaria” deve presentare i requisiti per essere qualificata “interamente ottenuta” nel Paese di origine ovvero, in tale Paese, deve avere subito un processo di lavorazione o trasformazione “sufficiente” (artt. 67 -77 Reg. CE n. 2454/93, nella versione vigente ratione temporis).

Al fine di beneficiare delle riduzioni/esenzioni daziarie la merce deve poi spostarsi “direttamente” dal Paese di origine al Paese di destinazione, quali contraenti dell’accordo (art. 78 DAC, nella versione vigente ratione temporis). La regola del trasporto diretto dal territorio originario – Paese di spedizione fino al luogo di destinazione, mira ad evitare un uso distorto o irregolare del regime preferenziale, assicurando che le merci, durante l’attraversamento di diversi territori, non siano manipolate o sostituite. La prova che siano soddisfatte le condizioni previste dal par. 1 lett. b) e c) dell’art. 78 DAC (perché le merci siano considerate come trasportate direttamente dal paese beneficiario nella Comunità, ancorché ciò avvenga attraverso il territorio di paesi diversi dal paese beneficiario o dalla Comunità) viene fornita alle autorità doganali competenti -che espletano le formalità di importazione- presentando: a)un titolo di trasporto unico, oppure b) un certificato rilasciato dalle autorità doganali del Paese presso il quale è transitata la merce, contenente la descrizione esatta dei prodotti e della data di scarico e di ricarico degli stessi e, se del caso, il nome delle navi o degli altri mezzi di trasporto utilizzati e la certificazione delle condizioni in cui è avvenuta la sosta delle merci nel paese di transito; c) in mancanza di questi documenti, qualsiasi documento probatorio ( art. 78, par. 2, DAC). Da qui la necessità, ai fini della prova del rispetto della regola del trasporto diretto delle merci – nella specie transitate per la Turchia- della produzione da parte dell’operatore beneficiario del trattamento daziario preferenziale del “certificato di non manipolazione” o di altra documentazione equipollente, (v. Cass. 24895 del 2013).

Né, a tal fine, è sufficiente che i tessuti siano scortati dai certificati FORM A, in quanto essi sono rilasciati, su richiesta dell’esportatore in base ai documenti annessi a giustificazione che le merci da esportare, essendo originarie, beneficiano del trattamento daziario preferenziale, ma resta pur sempre salva la verifica da parte delle autorità del Paese importatore, della sussistenza di tutte le condizioni previste dalla normativa comunitaria per beneficiare effettivamente delle agevolazioni tariffarie adottate dall’UE mediante il “sistema delle preferenze generalizzate”, concesse dalla Comunità per taluni prodotti originari di paesi in via di sviluppo.

7.3. Alla luce di quanto sopra, ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « Il trattamento daziario preferenziale connesso alle merci considerate “originarie” del Paese esportatore con il quale l’Unione europea abbia sottoscritto accordi c.d. “preferenziali” e scortate da certificati FORM A, costituisce un regime speciale in favore dell’operatore commerciale rispetto a quello dell’origine non preferenziale delle merci importate, per cui qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che quest’ultimo abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta allo stesso dimostrare la sussistenza dei presupposti previsti dalla normativa comunitaria per goderne e, quindi, anche del rispetto della regola del “trasporto diretto” delle merci attraverso la produzione all’autorità doganale competente che espleta le formalità di importazione del “certificato di non manipolazione” o di altra documentazione equipollente».

7.4. Nella specie, la CTR non si è attenuta al suddetto principio per avere ritenuto sufficiente a provare (in termini di forte verosimiglianza) il trasporto diretto della merce- senza manomissioni- dal Paese di origine al Paese di destinazione, in base alle mere caratteristiche della stessa del tipo balle di cotone e alla circostanza della effettuazione di una sola “tappa” in Turchia.

8. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., la carenza e contraddittorietà di motivazione della sentenza impugnata in ordine a punti decisivi e controversi del giudizio quali: a) la sussistenza del rapporto di rappresentanza tra lo spedizioniere doganale e il Ricamifido P. s.p.a., come dimostrato dalla documentazione posta a corredo dell’operazione di importazione, da cui discendeva il connesso problema della ritualità della notifica avvenuta ai sensi dell’art. 40, comma 3, del T.U.L.D. nelle mani del rappresentante diretto M.; 2) la sussistenza in capo al R. P. s.p.a. della responsabilità solidale dell’obbligazione tributaria, in quanto soggetto, comunque, partecipe dell’operazione commerciale come risultava dalle dichiarazioni in dogana della merce importata e dalle fatture allegate alla stessa; 3)l’assenza di prove documentali atte a dimostrare il trasporto diretto della merce dal Turkmenistan alla Comunità europea ai fini dell’applicabilità del trattamento daziario agevolato.

8.1. L’accoglimento del primo e del quarto motivo comporta l’assorbimento dei profili primo e terzo del quinto motivo; l’inammissibilità del secondo motivo, implica l’inammissibilità anche del secondo profilo del quinto motivo.

9.In conclusione, va accolto il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso, dichiarato inammissibile il secondo; assorbito il primo e il terzo profilo del quinto motivo, inammissibile il secondo profilo del quinto motivo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, per un riesame della vicenda alla luce dei principi sopra enunciati.

P.Q.M.

Accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo; assorbito il primo e il terzo profilo del quinto motivo, inammissibile il secondo profilo del quinto motivo; cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.