CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 settembre 2019, n. 24371

Pretesa contributiva Inps – Cartelle esattoriali – Notifica – Prescrizione

Fatti di causa

R.G. espose al giudice del lavoro del Tribunale di Locri di essere venuto a conoscenza delle iscrizioni a ruolo di crediti contributivi vantati dall’Inps nei suoi confronti relativamente alle posizioni di suoi operai assunti a tempo indeterminato, ma che nessuna delle relative cartelle esattoriali gli era stata notificata, per cui, in contraddittorio con la sola concessionaria Equitalia Sud S.p.A., chiese la dichiarazione di nullità delle predette cartelle per omessa notifica, nonché l’accertamento della intervenuta prescrizione dei suddetti crediti.

Il giudice adito, nella resistenza della società concessionaria Equitalia Sud S.p.A., accertò la prescrizione quinquennale dei crediti contributivi di cui alle prime tre cartelle, mentre dichiarò inesigibili, per omessa notifica, i crediti indicati nelle altre cartelle esattoriali.

Impugnata tale decisione da Equitalia Sud s.p.a., la Corte d’appello di Reggio Calabria (sentenza del 19.11.2015) ha, invece, rigettato l’opposizione del R. sulla base delle seguenti considerazioni: -Le cartelle esattoriali erano state tutte notificate; una volta scaduto il termine perentorio di 40 giorni per la proposizione dell’opposizione la pretesa contributiva era divenuta definitiva, con conseguente applicazione della prescrizione decennale; essendo mancato qualsiasi atto di esecuzione susseguente alla cartella, l’azione intrapresa aveva avuto come oggetto effettivo l’accertamento negativo del credito, per cui l’unico soggetto legittimato al contraddittorio avrebbe potuto essere solo l’Inps, quale ente impositore, come eccepito espressamente in primo grado dalla società di riscossione, che aveva riproposto implicitamente tale eccezione in seconde cure. Per la cassazione della sentenza ricorre R.G. con tre motivi, cui resiste Equitalia Sud S.p.A. con controricorso.

Ragioni della decisione

1. Col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, legge n. 335/1995 e dell’art. 55, comma 1, R.D.L. n. 1827/1935, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente, nel contestare la durata decennale della prescrizione e nel ribadire che la pretesa creditoria contributiva era soggetta al termine prescrizionale quinquennale, assume che solo il credito derivante da sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., mentre se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica di cui al citato art. 3 della legge n. 335/1995.

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente rileva che l’eccezione del difetto di legittimazione passiva era stata sollevata da Equitalia Sud s.p.a. solo in primo grado, per cui era erronea la decisione della Corte territoriale di ritenerla implicitamente riproposta in seconde cure, pur in mancanza di una sua espressa formulazione in sede di appello.

3. Col terzo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 39 del d.lgs n. 112/1999, contestando la decisione della Corte di merito di rigettare la domanda sul presupposto dell’assoluto difetto di legittimazione passiva della società di riscossione Equitalia Sud S.p.A. Sostiene al riguardo il ricorrente che sia la dedotta nullità delle cartelle di pagamento, sia l’eccepita prescrizione quinquennale della relativa pretesa creditoria, trovavano fondamento, rispettivamente, in un denunziato vizio di notifica delle cartelle e nell’inerzia dell’agente di riscossione, anomalie, queste, riconducibili alla omessa attività della società Equitalia Sud S.p.A, per cui era da escludere qualsiasi legittimazione passiva dell’Inps, mentre, al contrario, sussisteva l’interesse della stessa società di riscossione a contraddire alla domanda oggetto di causa. Era stata, pertanto, corretta la decisione di parte ricorrente di incardinare il giudizio nei confronti della sola Equitalia Sud S.p.A.

4. Osserva la Corte che è preliminare la trattazione del terzo motivo, data la sua natura dirimente, in quanto lo stesso è incentrato sulla contestazione della sussistenza della legittimazione passiva dell’Inps, condizione dell’azione, questa, considerata, invece, fondamentale dalla Corte territoriale ai fini del rigetto dell’opposizione. Invero, la Corte di merito ha respinto l’opposizione dopo aver rilevato che la stessa era stata proposta nei confronti della società di riscossione e non dell’ente impositore, quale titolare della pretesa contributiva, unico legittimato a contraddire in merito alla sua fondatezza.

5. Il motivo è infondato.

Invero, come questa Corte ha avuto modo di statuire (Cass. Sez. Lav., n. 23984 dell’11.11.2014), << Nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, notificata dall’istituto di credito concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall’INPS, la legittimazione passiva spetta unicamente a quest’ultimo ente, quale titolare della relativa potestà sanzionatoria, mentre l’eventuale domanda in opposizione, attinente a tale oggetto, formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera “denuntiatio litis” che non vale ad attribuirgli la qualità di parte>> (conforme a Cass. Sez. Lav. n. 11687 del 12.5.2008 in cui si è, altresì, chiarito che la domanda in opposizione formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera “denuntiatio litis” – prevista dall’art. 24 del d. lgs. n. 46 del 1999 nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 209 del 2002, conv. in I. n. 265 del 2002 – che non vale ad attribuirgli la qualità di parte e a far nascere la necessità di un litisconsorzio necessario).

Anche di recente (Cass. Sez. Lav., – Ordinanza n. 5625 del 26.2.2019) si è ribadito che <<L’agente per la riscossione non è litisconsorte necessario nella controversia avente ad oggetto esclusivamente il diritto di credito contributivo (nella specie, decadenza per tardiva iscrizione a ruolo, sussistenza del credito e sua estinzione per avvenuto pagamento), perché l’eventuale annullamento della cartella per vizi sostanziali produce comunque effetti “ultra partes” verso l’esattore, senza necessità che questi abbia partecipato al processo>>.

6. In sostanza, non vi è dubbio sul fatto che in tema di riscossione dei crediti previdenziali mediante iscrizione a ruolo di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, l’opposizione contro il ruolo per motivi inerenti al merito va proposta nei confronti del soggetto impositore, cioè dell’INPS (v. al riguardo anche Cass. Sez. Lav. n. 18522 del 9.9.2011), unico titolare del credito che è legittimato a contraddire rispetto alle eccezioni che pongono in discussione la sussistenza della relativa pretesa. Egualmente non vi è dubbio che nella fattispecie l’opponente faceva valere in giudizio una causa estintiva del credito vantato dall’Inps, quale quella della prescrizione quinquennale, per cui solo quest’ultimo avrebbe avuto titolo ed interesse a contrastarla per dimostrare, al contrario, la insussistenza della eccepita prescrizione della sua pretesa creditoria. Ne è riprova il fatto che anche nella presente sede di legittimità il ricorrente ha insistito per l’affermazione della durata quinquennale della prescrizione del credito vantato dall’Inps.

7. Né il fatto che il primo giudice non si fosse avvalso del potere di disporre la chiamata in causa “iussu iudicis” dell’Inps – chiamata, questa, non soggetta ad alcun termine perentorio, potendo essere disposto l’intervento ex art. 107 c.p.c. in ogni momento del processo di primo grado poteva autorizzare a far ritenere superata la necessità della presenza in causa dell’istituto di previdenza, integrando la “legitimatio ad causam” una condizione dell’azione da verificare al momento della decisione, ai fini dell’accertamento della sussistenza della pretesa del credito oggetto d’opposizione.

8. Pertanto, il terzo motivo del ricorso va rigettato. La natura dirimente di tale rigetto rende superflua la disamina dei primi due motivi.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente, il quale va, altresì, condannato al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 3.700,00, di cui € 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.