CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 settembre 2020, n. 20823
Tributi – IVA – Gruppo Iva – Finanziamento gratuito dalla controllante alla controllata per acquisto di beni concessi in noleggio alla controllante con pagamento dilazionato – Abuso del diritto – Esclusione – Qualificazione del finanziamento come corrispettivo del noleggio – Evasione Iva – Sanzioni – Cumulo giuridico
Fatti di causa
1. Con la sentenza n. 101/24/12 del 06/06/2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da S.I. 2000 s.r.l. (di seguito SI 2000), quale incorporante S.S. s.r.l., avverso la sentenza n. 215/16/11 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per maggiori imposte IVA relative all’anno 2004, oltre alle corrispondenti sanzioni.
1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata: a) l’avviso di accertamento era stato emesso a seguito di un processo verbale di constatazione rilasciato dalla Direzione regionale delle entrate della Lombardia nei confronti di Casa di Cura S.R. s.p.a., controllante della odierna ricorrente con una partecipazione pari al cento per cento; b) da detto processo verbale emergeva che: 1) la controllante svolgeva operazioni prevalentemente esenti ex art. 10, n. 19, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con conseguente prò rata di indetraibilità pari al novantotto per cento; 2) la medesima controllante aveva erogato un finanziamento gratuito a S.S. s.r.l., finalizzato all’acquisto di beni, poi noleggiati a Casa di Cura S.R. s.p.a. per un canone complessivo di euro 1.950.0. 00, relativo al periodo 01/01/2001 – 30/06/2005 (euro 300.0. 00 per il solo anno 2004); 3) il contratto di noleggio prevedeva un pagamento dilazionato dell’intero importo del noleggio entro il 31/12/2005; c) ritenendo trattarsi di operazione elusiva in quanto il finanziamento costituiva nient’altro che il corrispettivo dei servizi resi dalla controllata alla controllante, l’Agenzia delle entrate provvedeva alla rettifica del volume d’affari dichiarato a fini IVA e irrogava le sanzioni per omessa fatturazione delle operazioni imponibili.
1.2. La CTR, per quanto ancora interessa in questa sede, motivava il rigetto dell’appello osservando quanto segue: a) non sussisteva la denunciata incompetenza della Direzione regionale delle entrate per la Lombardia ad effettuare la verifica tributaria; b) non sussisteva la denunciata violazione dell’art. 12 della I. 27 luglio 2000, n. 212, «avendo la parte contribuente potuto approntare compiutamente le proprie difese con piena cognizione di tutti i fatti di causa e dei dati ed elementi posti a base dell’avviso di accertamento, nonché delle argomentazioni di diritto e di merito sui cui l’organo accertatore ha fondato il proprio operato», presentando anche istanza di accertamento con adesione; c) la società controllata aveva potuto detrarre l’IVA sugli acquisti effettuati attraverso i finanziamenti erogati dalla controllante, mentre, se avesse operato direttamente quest’ultima, gli acquisti sarebbero stati indetraibili in ragione della incidenza del regime del pro rata; d) le parti contrattuali (controllante e controllata) avevano surrettiziamente ritardato il momento impositivo dell’IVA, in quanto i finanziamenti concessi a titolo gratuito avevano «la natura sostanziale di pagamenti dei servizi di noleggio concessi nell’anno 2004 e di pagamenti anticipati dei servizi concessi negli anni successivi», essendo «stati utilizzati dalla controllata per l’acquisto dei beni da concedere a noleggio alla controllante nell’anno in esame e negli anni successivi»; e) la legittimità dell’operato dell’Ufficio implicava la legittimità della irrogazione delle sanzioni per omessa fatturazione di operazioni imponibili.
2. SI 2000 impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattordici motivi e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso SI 2000 deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 23 Cost., dell’art. 7, commi 7 e 13, primo periodo, della I. 29 ottobre 1991, n. 358, degli artt. 57, comma 1, 61, comma 1, e 66, commi 1 e 3, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, nonché dell’art. 54, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dalla I. 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di appello dichiarato legittimo l’avviso di accertamento basato su di un processo verbale di constatazione redatto dalla Direzione regionale delle entrate, organo incompetente ad eseguire accessi, ispezioni e verifiche.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sulla eccezione di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
3. Con il terzo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della I. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, non avendo l’avviso di accertamento motivato sufficientemente la propria pretesa.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 e del principio comunitario del contraddittorio preventivo, anche alla luce del principio di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione sancito dall’art. 97 Cost.
5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, secondo comma, n. 3, e 6, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che la controllante ha erogato finanziamenti gratuiti e, in ogni caso, il presupposto impositivo della prestazione di servizi non si sarebbe verificato nell’anno d’imposta per il quale si procede.
5.1. In buona sostanza, la ricorrente sostiene che il pagamento dei canoni per i servizi ricevuti dalla SI 2000 non sarebbe intervenuto nell’anno 2004 e che, dunque, l’erogazione effettuata da Casa di Cura S.R. s.p.a. nei confronti della controllata avrebbe dovuto essere qualificato come finanziamento.
6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non essendosi la CTR pronunciata sulla dedotta violazione dell’art. 37 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e delle garanzie procedimentali dallo stesso previste.
7. Con il settimo motivo di ricorso SI 2000 contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 37 bis, quarto e quinto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 e del principio comunitario del diritto al contraddittorio preventivo, anche alla luce degli artt. 3, 23 e 97 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
8. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione del principio comunitario che vieta l’abuso del diritto, avendo i giudici di appello erroneamente ritenuto la sussistenza di un indebito vantaggio fiscale in capo alla ricorrente.
9. Con il nono motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., motivazione contraddittoria in ordine al fatto controverso e decisivo per il giudizio rappresentato dalla attribuzione ai finanziamenti della natura di pagamento di canoni per servizi in ragione del conseguimento del beneficio fiscale della detraibilità dell’IVA.
10. Con il decimo motivo di ricorso SI 2000 lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’omessa pronuncia sulla inapplicabilità delle sanzioni in caso di operazioni ritenute elusive.
11. Con l’undicesimo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio, concernente la sussistenza o meno della violazione di norme tributarie ai fini dell’applicabilità delle sanzioni irrogate dall’Ufficio.
12. Con il dodicesimo motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’inapplicabilità delle sanzioni irrogate dall’Ufficio per violazione del principio comunitario di non applicabilità delle sanzioni, dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 3 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
13. Con il tredicesimo motivo si contesta l’omessa pronuncia in ordine al rilievo di errata determinazione delle sanzioni, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.;
14. Con il quattordicesimo motivo SI 2000 si duole della violazione dell’art. 12, secondo comma, del d.lgs. n. 472 del 1997 in quanto la CTR avrebbe ritenuto applicabile sia la sanzione di omessa fatturazione sia quella per infedele dichiarazione.
15. I motivi proposti pongono questioni di diverso genere che rientrano essenzialmente in tre gruppi: a) questioni di natura strettamente procedimentale (motivi dal primo al quarto); b) questioni di natura procedimentale e sostanziale concernenti la fattispecie prefigurata dall’Amministrazione finanziaria e valutata elusiva o abusiva da parte ricorrente (motivi dal quinto al nono); c) questioni relative alle sanzioni (motivi dal decimo al quattordicesimo).
16. Vanno prima di tutto affrontate le questioni di natura procedimentale, tendenzialmente assorbenti – ove accolte – delle altre questioni.
16.1. Il primo motivo è infondato.
16.2. Questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che: «l’art. 27 del d.l. n. 185 del 2008, conv. in l. n. 2 del 2009, non ha attribuito alle Direzioni regionali delle entrate una competenza in materia di accertamento fiscale prima inesistente, ma ha inteso fondare su una norma di fonte primaria il riparto delle competenze relative all’attività di verifica fiscale, istituendo una riserva esclusiva di competenza, in relazione alla rilevanza economico fiscale del soggetto accertato, a favore della Direzione regionale, già titolare, per disposizione regolamentare, della competenza a svolgere attività istruttoria, utilizzabile dalle Direzioni provinciali ai fini della emissione degli atti impositivi» (Cass. n. 33289 del 21/12/2018; Cass. n. 20915 del 03/10/2014. Si vedano, altresì, Cass. n. 20856 del 14/10/2016; Cass. n. 848 del 19/01/2016).
16.3. In buona sostanza, dalla ricostruzione normativa per come emerge da Cass. n. 20915 del 2014, cit., alla quale si rimanda integralmente per brevità, la competenza accertativa degli Uffici centrali e periferici dell’Agenzia delle entrate – già prima dell’attribuzione di competenze per legge ai sensi dell’art. 27 del d.l. n. 185 del 2008 – trova la sua fonte, in via generale, nelle norme organizzative dell’ente pubblico (Statuto o regolamento di amministrazione), o, infine, in una delega specificamente conferita dal Direttore Generale.
16.4. A ciò si aggiunge che la previsione non si pone in contrasto con la riserva di legge prevista in materia tributaria: da un lato, la riserva di legge riguarda essenzialmente il potere impositivo e, pertanto, non l’organizzazione interna allo Stato e agli enti pubblici opportunamente predisposta all’accertamento dei tributi; dall’altro, la riserva di legge ha natura relativa, sicché, posta la previsione di legge, la sua attuazione ben può essere demandata a norme regolamentari.
16.4.1. Sotto questo secondo profilo basterà richiamare le disposizioni del d.lgs. n. 300 del 1999: a) l’art. 57, comma 1, del d.lgs. n. 300 del 1999, che ha istituito l’Agenzia delle entrate, cui sono stati trasferiti i «rapporti giuridici, poteri e competenze» – corrispondenti alle funzioni già esercitate dai Dipartimenti delle entrate del Ministero delle Finanze – che «vengono esercitate secondo la disciplina della organizzazione interna di ciascuna agenzia»; b) I’art. 61, commi 1 e 2, che ha istituito l’Agenzia delle entrate come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico con autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria; c) l’art. 62, comma 2, che ha attribuito alla Agenzia delle entrate tutte le competenze già esercitate dal Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze e concernenti i servizi di relativi all’amministrazione alla riscossione, al contenzioso dei tributi diretti ed indiretti.
16.4.2. In questo quadro, va ancora evidenziato che: a) l’Agenzia fiscale è articolata in uffici «centrali e periferici», «regionali e provinciali» (a loro volta articolati in strutture di vertice ed uffici dipendenti), secondo le disposizioni del «regolamento di amministrazione» adottato con delibera del Comitato direttivo del 30 novembre 2000, n. 4, in base a criteri organizzativi che combinano l’applicazione del principio di competenza (territoriale e per valore) con il principio gerarchico ed il principio di sussidiarietà; b) la legge attribuisce alla Agenzia delle Entrate «tutte le funzioni concernenti le entrate tributarie erariali con il compito di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali, sia attraverso l’assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti a contrastare gli inadempimenti e l’evasione fiscale» (art. 62, comma 1, del d.lgs n. 300 del 1999).
16.4.3. Ne consegue la piena legittimità, anche sotto il profilo costituzionale, dell’attribuzione per regolamento amministrativo dei poteri di accesso, ispezione e verifica alla Direzione regionale delle entrate della Lombardia, regolamento che trova il suo fondamento nella legge.
16.5. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere unitariamente considerati involgendo la medesima questione, sono infondati.
16.6. La sentenza impugnata fa espressa menzione della proposizione del motivo, laddove (pag. 2) fa riferimento alla «carenza di motivazione dell’accertamento» e provvede affermando che la contribuente ha avuto piena cognizione «delle argomentazioni di diritto e di merito su cui l’organo accertatore ha fondato il proprio operato» (pag. 3 e che «ogni altra deduzione trova assorbenza nella parte motiva esposta» (pag. 3).
16.7. Non può, dunque, correttamente parlarsi di omessa pronuncia. Tuttavia la questione concernente il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento è infondata anche nel merito.
16.8. La motivazione dell’avviso di accertamento deve essere valutata alla stregua delle regole dettate specificatamente per il singolo tributo cui l’atto si riferisce (Cass. n. 12251 del 17/05/2017; Cass. n. 5190 del 16/03/2015); con specifico riferimento all’IVA, l’Amministrazione finanziaria deve porre il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur (Cass. n. 9008 del 06/04/2017; Cass. n. 7360 del 31/03/2011), senza necessità di fare riferimento a prove o di allegare informazioni e notizie comunque accessibili al contribuente, anche in forma riassuntiva, il quale può contestarle attraverso l’impugnazione dell’atto che le recepisce (Cass. n. 26472 del 17/12/2014; Cass. n. 6232 del 18/04/2003).
16.9. Nel caso di specie, la motivazione dell’avviso di accertamento, per come riprodotta in ricorso, è sufficientemente articolata e tale da porre certamente il contribuente in grado di espletare compiutamente le proprie difese, come del resto dimostrato dalla stessa impugnazione proposta dalla società contribuente.
16.10. Il quarto motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
16.11. La parte ricorrente deduce che nei gradi di merito è stato contestato il mancato rilascio, al termine delle operazioni di verifica, della copia del processo verbale di constatazione redatto nei confronti della controllante, in violazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000.
16.12. Orbene, la verifica posta in essere nei confronti della società contribuente è, da un lato, fondata su di un processo verbale di constatazione emesso nei confronti di altra società e, dall’altro, è stata compiuta “a tavolino” e, dunque, senza accesso presso la sede o i locali dell’impresa, sicché non trovano applicazione le garanzie previste dall’art. 12 della l. n. 212 del 2000, anche in materia di tributi armonizzati qual è l’IVA (cfr. Cass. n. 701 del 15/01/2019; Cass. n. 24636 del 19/10/2017; Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015).
16.12.1. Sotto questo profilo, pertanto, il motivo è infondato perché fa riferimento alla violazione di obblighi di legge che non trovano applicazione alla fattispecie per cui è causa.
16.13. Non è dubbio, peraltro, che, in materia di tributi armonizzati, l’Amministrazione finanziaria è tenuta al rispetto del contraddittorio endoprocedimentale (cfr. la giurisprudenza già sopra richiamata; si vedano, altresì, Cass. n. 27420 del 29/10/2018; Cass. n. 20036 del 27/07/2018). Tuttavia, nella specie, l’eccezione di mancata osservanza del principio del contraddittorio endoprocedimentale non risulta essere stata mai formulata dalla ricorrente nei gradi di merito e non è rilevabile d’ufficio (Cass. n. 14395 del 09/06/2017; Cass. n. 28555 del 29/11/2017). Di qui l’inammissibilità del motivo in parte qua.
16.14. È comunque utile evidenziare che il rilievo di SI 2000 appare del tutto pretestuoso, non avendo la società contribuente nemmeno allegato che il mancato rispetto del contraddittorio endoprocedimentale non le avrebbe consentito il compiuto esercizio del diritto di difesa, così come richiesto dalla giurisprudenza unionale (cfr., da ultimo, la citata Cass. n. 27420 del 2018).
17. Venendo ai motivi concernenti la qualificazione della fattispecie, gli stessi possono essere esaminati in unico contesto, involgendo diversi aspetti della medesima questione. Invero, SI 2000 contesta il mancato rispetto della previsione dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e, comunque, dei principi in materia di contraddittorio preventivo (motivi sesto e settimo) e la ricostruzione in fatto e in diritto compiuta dalla CTR, con conseguente inconfigurabilità di una fattispecie abusiva (motivi quinto, ottavo e nono).
17.1. I fatti alla base dell’avviso di accertamento sono pacifici: a) Casa di Cura S.R. s.p.a. concede un finanziamento gratuito a SI 2000; b) quest’ultima società, sostanzialmente priva di mezzi propri e integralmente controllata dalla prima, utilizza integralmente il finanziamento della controllante per acquistare alcuni beni; c) detti beni vengono noleggiati alla società controllante dietro pagamento di un corrispettivo, dovuto in parte anche per l’anno 2004; d) il pagamento del corrispettivo degli anni di noleggio viene dilazionato al 31/12/2005.
17.2. A fronte di questi fatti, l’Ufficio – per come emerge dalla trascrizione dell’avviso di accertamento effettuata in ricorso – formula le seguenti contestazioni: a) la società controllante non ha acquistato direttamente i beni e servizi dalla società controllata perché non avrebbe potuto detrarre l’IVA in ragione della effettuazione pressoché integrale di operazioni esenti; b) la società controllata ha beneficiato di un credito IVA relativo all’anno 2004 (derivante dall’acquisto dei beni poi concessi a noleggio) che è poi confluito nella liquidazione dell’IVA di gruppo, ma che avrebbe dovuto compensare con l’IVA corrisposta dalla controllante sui noleggi; c) il pagamento del noleggio è stato tra le parti contrattualmente ritardato, in modo tale da non consentire la predetta compensazione; d) in questo contesto, in cui il pagamento del noleggio è contrattualmente ritardato, il finanziamento gratuito erogato dalla società controllante si atteggia come il vero corrispettivo della operazione di noleggio, con conseguente obbligo della società controllata di versamento dell’IVA concernente le operazioni attive già nell’esercizio 2004.
17.2.1. A fronte di questa complessa operazione, la contestazione mossa a SI 2000 è unicamente quella di non avere dichiarato e compensato il proprio credito IVA 2004 con l’IVA a debito conseguente all’operazione attiva condotta con Casa di Cura S.R. s.p.a. (il noleggio), tenuto conto dell’illegittimo differimento del presupposto impositivo all’anno d’imposta successivo e della assunzione quale corrispettivo delle somme erogate come finanziamento. Di qui, oltre alla rettifica della dichiarazione IVA, le sanzioni per omessa dichiarazione e per omesso versamento.
17.3. La CTR ricostruisce la complessa operazione in maniera sostanzialmente conforme, precisando che la pattuizione contrattuale tra controllante e controllata, con la quale è stato differito il termine del pagamento dei servizi di noleggio in data successiva al 2004, ha comportato il rinvio del momento impositivo dell’IVA ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972; e poiché il finanziamento deve essere considerato come il vero e proprio corrispettivo del contratto di noleggio, sussiste l’obbligo di versamento dell’IVA percepita al momento della erogazione del finanziamento e, quindi, già durante l’esercizio 2004.
17.3.1. È opportuno precisare fin da subito che la CTR, a dispetto di quanto sembra ritenere la società ricorrente, non fa alcun riferimento all’abuso del diritto o all’elusione delle norme in materia di IVA, diversamente da quanto, invece, affermato dalla CTP.
17.3.2. La sentenza impugnata si limita ad evidenziare che dalla complessa operazione derivano benefici fiscali che, a ben vedere, riguardano l’intero gruppo societario (e, dunque, indirettamente anche la controllata), il quale, in ragione dei meccanismi sottesi all’art. 73, ultimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, usufruisce di una detrazione IVA sugli acquisti di cui la controllante non avrebbe beneficiato, operando per lo più in regime di esenzione.
17.4. La ricostruzione della fattispecie da parte della CTR è immune dalle censure alla stessa rivolte sia in termini di violazione di legge (quinto motivo) che di vizio di motivazione contraddittoria (nono motivo); con la conseguenza che i predetti motivi vanno rigettati (se non dichiarati inammissibili).
17.4.1. La motivazione della CTR non è affatto contraddittoria, in quanto: a) qualifica il finanziamento come corrispettivo del contratto di noleggio; b) ritiene che detto corrispettivo, ove tempestivamente versato, avrebbe implicato l’insorgenza di un debito IVA di SI 2000; c) sostiene che il contratto di noleggio tra la controllante e la controllata abbia previsto il differimento del pagamento del corrispettivo a soli fini evasivi (surrettizio differimento del momento impositivo di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972); d) afferma l’esistenza di una evasione dell’IVA a carico della controllata.
17.4.2. Trattasi di accertamento in fatto del tutto lineare, legittimamente compiuto sulla base delle allegazioni delle parti e non inficiato dalle contestazioni di SI 2000. Né la ricorrente, in sede di legittimità, può sostituire la propria diversa ricostruzione dei fatti a quella operata dalla CTR, scevra dei vizi logici contestati.
17.4.3. A fronte del legittimo accertamento in fatto della CTR, non sussiste nemmeno la violazione di legge lamentata, violazione che conseguirebbe unicamente dalla diversa qualificazione delle erogazioni della controllante quali finanziamenti gratuiti e alla legittimità del differimento del corrispettivo del noleggio, così come sostenuto dalla ricorrente.
17.4.4. In altri termini, la denunciata violazione normativa consegue alla diversa ricostruzione della fattispecie effettuata da SI 2000, sicché il quinto motivo, prima che infondato, si rivela inammissibile.
17.5. L’accertamento compiuto dalla CTR induce a ritenere che siamo di fronte non già ad una fattispecie elusiva o di abuso del diritto, ma unicamente ad una evasione di imposta, conseguente alla qualificazione dell’operazione inter partes effettuata dalla CTR, qualificazione che non è messa in discussione dalle censure della ricorrente.
17.6. La questione è stata già affrontata dalla S.C. in una recente sentenza (Cass. n. 27550 del 30/10/2018), per la quale «il mancato versamento delle imposte in relazione ad un negozio qualificato in modo giuridicamente corretto dall’amministrazione finanziaria integra un’ipotesi di evasione fiscale e non già di elusione, che ricorre quando uno strumento negoziale è utilizzato allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale mediante un uso distorto della normativa fiscale, sicché non possono trovare applicazione le disposizioni di legge ed i principi elaborati dalla giurisprudenza, interna ed unionale, in tema di abuso del diritto».
17.6.1. Vale la pena ripercorrere il ragionamento compiuto dalla menzionata sentenza.
17.6.2. È noto che «in materia tributaria, alla stregua dell’elaborazione giurisprudenziale comunitaria e nazionale, costituisce pratica abusiva l’operazione economica che, attraverso l’impiego “improprio” e “distorto” dello strumento negoziale, abbia quale scopo predominante e assorbente (seppur non esclusivo) l’elusione della norma tributaria, mentre la mera astratta configurabilità di un vantaggio fiscale non è sufficiente ad integrare la fattispecie abusiva, poiché è richiesta la concomitante condizione di inesistenza di ragioni economiche diverse dal semplice risparmio di imposta e l’accertamento della effettiva volontà dei contraenti di conseguire un indebito vantaggio fiscale» (così Cass. n. 25758 del 05/12/2014; si vedano, altresì, Cass. n. 19234 del 7 novembre 2012; Cass. n. 21782 del 20/10/2011; Cass. S.U. n. 30055 del 23 dicembre 2008).
17.6.3. Con specifico riferimento alle imposte dirette, poi, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo che trova fondamento, dapprima, negli stessi principi costituzionali che informano l’ordinamento tributario italiano (Cass. n. 3938 del 19/02/2014; Cass. n. 4604 del 26/02/2014) e, soprattutto nell’art. 37 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Cass. n. 405 del 14/01/2015; Cass. n. 4561 del 06/03/2015), che consente all’Amministrazione finanziaria di disconoscere e dichiarare non opponibili le operazioni e gli atti, in sé privi di valide ragioni economiche e diretti al solo scopo di conseguire vantaggi fiscali diversamente non spettanti.
17.6.4. Per completezza, occorre aggiungere che la clausola antielusiva è stata oggi tradotta in una norma generale (non applicabile alla fattispecie), l’art. 10 bis della I. 27 luglio 2000, n. 212 che, al comma 1, così recita: «Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni».
17.6.5. Perché, dunque, operi la clausola antielusiva occorre che il contribuente faccia un uso improprio o distorto dello strumento negoziale e che tale uso sia posto in essere con lo specifico scopo (seppure non esclusivo) di eludere la norma tributaria e di ottenere in questo modo un vantaggio fiscale.
17.7. Nel caso di specie, la CTR si è limitata a qualificare giuridicamente l’operazione posta in essere tra Casa di Cura S.R. s.p.a. e SI 2000, ha ritenuto che il finanziamento concesso dalla prima alla seconda costituisse, in realtà, il corrispettivo del noleggio dei beni acquistati dalla controllata e ne ha fatto conseguire la violazione dell’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972, con conseguente mancato versamento dell’IVA.
17.7.1. Non può dirsi, pertanto, che SI 2000 abbia posto in essere un’operazione elusiva di norme tributarie ed ottenere un vantaggio fiscale (come, invero, sostenuto dalla stessa parte ricorrente), ma la società contribuente si è, in realtà, limitata a porre in essere un comportamento evasivo dell’IVA che avrebbe dovuto versare (o compensare) in relazione all’operazione economica posta in essere.
17.8. A fronte di una simile ricostruzione, non ha alcun senso interrogarsi sull’applicabilità dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 all’IVA, sui conseguenti effetti di natura procedimentale (motivi sesto, settimo e ottavo) e sulla effettiva violazione del divieto di abuso del diritto di matrice unionale, dovendo ritenersi tali questioni assorbite (come affermato dalla CTR) ovvero, più correttamente, inammissibili.
18. Non configurandosi, nella specie, una elusione di norme tributarie ma, unicamente, una evasione d’imposta, sono ugualmente inammissibili i motivi decimo, undicesimo e dodicesimo che presuppongono una diversa qualificazione giuridica della fattispecie in termini di abuso del diritto.
18.1. I motivi residui (tredicesimo e quattordicesimo) denunciano la mancata applicazione, da parte della CTR, della ipotesi di progressione sanzionatoria prevista dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
18.2. Come si evince da un recentissimo arresto di questa Corte (Cass. n. 901 del 16/01/2019), le fattispecie sanzionatone tributarie possono essere raggruppate in tre tipologie fondamentali, e precisamente: a) violazioni sostanziali, consistenti nella omessa o infedele dichiarazione degli elementi rilevanti per dell’imposta; b) violazioni “formali”, non incidenti sulla determinazione dell’imponibile o dell’imposta; c) violazioni “meramente formali”, previste dal comma 5-bis dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, introdotto dall’art. 7, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 32 del 2001, a decorrere dal 20 marzo 2001, che non arrecano alcun pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo (Cass. n. 27211 del 22/12/2014; Cass. 5897 del 8/3/2013; Cass. n. 23352 del 6/10/2017).
18.2.1. Con l’art. 12 d.lgs. 472 del 1997 è possibile fare applicazione del cumulo giuridico sia nel caso di cd. concorso formale (comma 1, prima parte), che si ha quando con una sola azione od omissione si commettono diverse violazioni della medesima disposizione (concorso formale omogeneo), ovvero distinte disposizioni anche relative a tributi diversi (concorso formale eterogeneo), sia nel caso del cd. concorso materiale (comma 1, seconda parte), che si ha quando con più azioni od omissioni si commettono diverse violazioni formali della stessa disposizione (concorso materiale omogeneo), sia, infine, nel caso di violazioni sostanziali che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo (comma 2).
18.2.2. Le violazioni contestate a SI 2000 (omessa fatturazione e dichiarazione infedele) integrano, indiscutibilmente, un pregiudizio per la determinazione dell’imponibile e la liquidazione di un’imposta (l’IVA) a carattere periodico e sono certamente in rapporto di progressione tra loro, perché dall’omessa fatturazione deriva normalmente l’infedeltà della dichiarazione IVA.
18.2.3. Deve, pertanto, trovare applicazione l’art. 12, comma 2, della l. n. 472 del 1997, così come richiesto da parte ricorrente, con conseguente accoglimento del quattordicesimo motivo e rinvio al giudice del merito per la determinazione della sanzione concretamente applicabile.
18.3. Va, invece, rigettato il tredicesimo motivo: avendo la CTR confermato l’impianto sanzionatorio dell’avviso di accertamento e dichiarato pienamente legittimo l’operato dell’Ufficio, deve ritenersi che la questione dell’applicazione del cumulo giuridico sia stata implicitamente rigettata, con conseguente infondatezza della censura di omessa pronuncia.
19. in conclusione, va accolto il quattordicesimo motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in riferimento al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quattordicesimo motivo di ricorso e rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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