CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 luglio 2020, n. 16463
Dogane – Sanzioni amministrative pecuniarie – Elemento soggettivo – Violazioni – Presuzione di colpa
Fatti di causa
Con sentenza n. 859/3/2017, depositata in data 24.5.2017, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha confermato la sentenza n. 353/2/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Biella che aveva accolto il ricorso proposto in data 16 aprile 2008 dalla A.I. Spa, già E.I. Spa, contro l’atto di contestazione dell’Agenzia delle Dogane di Biella n. 116100722008 del 12 febbraio 2008, con cui, per quanto ancora interessa, erano state contestate le violazioni dell’art. 52, comma 1, del TUA, per avere la società omesso di presentare la dichiarazione annuale di consumo dell’energia elettrica per l’anno 2006 e dell’art. 56, comma 1, del TUA per non avere effettuato alla prescritta scadenza il versamento delle imposte, punita ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997; adempimenti ritenuti dovuti alle rispettive scadenze e quindi sanzionabili, sulla base di una verifica fiscale, benchè nel frattempo, con nota del 17 luglio 2009- successivamente rettificata in data 5 agosto 2010 quanto alla sussistenza del credito -, la Agenzia delle Dogane avesse riconosciuto, su istanza di compensazione presentata dalla contribuente, la esistenza di una posizione creditoria a livello nazionale nei confronti dell’Erario superiore alla esposizione debitoria, con la precisazione che peraltro la contribuente avrebbe dovuto corrispondere gli interessi, la indennità di mora e le sanzioni.
La CTR, rigettando l’appello della Agenzia delle Dogane, premesso che intendeva conformarsi al prevalente orientamento della giurisprudenza tributaria, ha rilevato che l’Area Centrale Gestione Tributi della Agenzia delle Dogane aveva accolto la istanza di compensazione presentata dalla società con provvedimento amministrativo del 17 luglio 2009, per cui, anche se quel provvedimento, con violazione del principio di affidamento, limitava gli effetti della compensazione ai soli fini di consentire il pagamento delle imposte ed anche se successivamente l’Ufficio aveva stralciato alcuni crediti per addizionali, cosicchè la società aveva versato le addizionali provinciali in relazione alle quali sarebbe stata a debito pur essendo poi risultata vittoriosa nel giudizio di rimborso, peraltro, per effetto della compensazione, si era verificata la estinzione del debito tributario fin dal momento della coesistenza delle posizioni debitorie e creditorie con conseguente insussistenza di un debito tributario al quale rapportare le sanzioni. In ogni caso non vi era stata alcuna sottrazione di imposte né lesioni o messa in pericolo del bene tutelato dalle disposizioni sanzionatorie, e tanto meno la volontà di evadere o il tentativo di evasione, il che escludeva pure l’elemento soggettivo occorrente per la applicabilità dell’art. 59 del D. Lgs..504 del 1995.
Contro la sentenza di appello, non notificata, ha presentato ricorso per cassazione la Agenzia delle Dogane, con atto notificato in data 21 giugno 2018, affidato ad un solo motivo.
Resiste con controricorso e successiva memoria la A.I. Spa.
Ragioni della decisione
1. Con un unico motivo la Agenzia delle Dogane denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 55 e 56 del D. Lgs.n. 504 del 1995, vigenti ratione temporis, degli artt. 1241 e segg. del c.c., degli artt. 8 e 10 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 59 comma 1 lett. c) del D. Lgs. n. 504 del 1995 e dell’art. 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cpc.
2. Ad avviso della ricorrente la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto che la compensazione autorizzata quanto all’accisa per la provincia di Biella avesse cancellato automaticamente fin dall’origine tutti i debiti di imposta e addizionale con conseguente illegittimità delle sanzioni, benchè l’art. 55, comma 1, del TUA prescrivesse l’obbligo della dichiarazione entro il giorno 20 del mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce e l’art. 56 prevedesse il pagamento a determinate scadenze, per cui i soggetti obbligati erano tenuti a versare l’imposta alle scadenze previste su base provinciale, mentre la decisione adottata dalla CTR confliggeva con il quadro normativo in materia di accise, poiché aveva ritenuto applicabile sostanzialmente la compensazione civilistica, senza considerare che invece le disposizioni fiscali vi derogavano e che neppure l’art. 8 della legge n. 212 del 2000, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, consentiva la compensazione al di fuori dei casi previsti espressamente. In ogni caso difettavano pure i requisiti della compensazione civilistica, poiché i debiti da compensare devono essere ugualmente liquidi ed esigibili perché possa operare l’effetto estintivo di cui all’art. 1242 del c.c.; il che non sussisteva nel caso in esame, in cui, solo a seguito di complessi controlli che riguardavano la situazione nel 2009 e nel 2010, in virtù del provvedimento della Direzione Regionale della Liguria del 5 agosto del 2010 e, solo dopo tale provvedimento, erano state poste in essere le compensazioni del caso, le quali, non potevano, dunque, avere determinato alcun effetto estintivo anteriore, così come ritenuto dalla giurisprudenza che, in materia di IVA, aveva statuito che la errata utilizzazione della compensazione in sede di versamenti periodici non costituiva una violazione meramente formale in quanto impediva l’incasso alle scadenze previste per cui era sanzionabile ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997. Censurabile era la sentenza impugnata anche laddove aveva incluso nella compensazione i maggiori crediti per addizionali, senza che trovassero alcun riscontro gli asseriti rimborsi che sarebbero stati disposti in diverso giudizio, tanto è vero che la contribuente, prestando acquiescenza al provvedimento del 5 agosto 2010, aveva provveduto al versamento della somma di euro 1.820.995,69 a titolo di addizionale, compresa quella relativa alla Provincia di Biella ed altresì, in data 20 gennaio 2012, al pagamento degli interessi e della indennità di mora.
Nessun affidamento poteva derivare dal provvedimento prot. 93424 del 17 luglio 2009, poiché con esso l’Ufficio aveva espressamente fatto salvo, in relazione agli importi non versati a titolo di accisa e relativa addizionale, il pagamento degli interessi e della indennità di mora, nonché delle sanzioni ai sensi degli artt. 59 del TUA e 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997 e comunque la stessa contribuente aveva giustificato il mancato rispetto degli obblighi fiscali con problemi organizzativi sodi nel 2006 e legati all’avvicendamento del personale responsabile ed aveva poi versato nel 2012 le sanzioni e gli interessi anche sull’importo riferito alla provincia di Biella con comportamento che presupponeva il riconoscimento della tardività dei versamenti. Infine la Agenzia delle Entrate ha impugnato anche il capo della sentenza della CTR del Piemonte con cui era stata ritenuta la inapplicabilità delle sanzioni per insussistenza dell’elemento soggettivo avuto riguardo all’esito del procedimento di compensazione che comportava l’assenza della evasione poiché, in tema di sanzioni amministrative tributarie, era sufficiente la colpa peraltro presunta a carico di colui che abbia consapevolmente e volontariamente posto in essere l’atto vietato.
3. La controricorrente ha opposto che la compensazione era dovuta in quanto la società aveva maturato in sede nazionale un consistente credito da utilizzare in compensazione o da chiedere a rimborso ben prima della maturazione dei debiti in contesa per cui la irregolarità dichiarativa non aveva causato alcuna evasione di imposta e alcun pregiudizio per l’Erario, anche perché i versamenti della accisa e delle addizionale vengono sempre effettuati su un unico capitolo del bilancio erariale, mentre sarebbe stata la società a perdere la possibilità di fare valere il relativo saldo creditorio in caso di omissione della dichiarazione. Era irrilevante che il TUA non prevedesse la compensazione poiché erano applicabili le norme di diritto comune per cui la compensazione opera fin dal momento della coesistenza dei rapporti di debito e credito. Quanto poi alla applicabilità delle sanzioni ha rilevato che, pur essendo legittimamente irrogabili anche solo a titolo di colpa, peraltro tutte le ipotesi i cui al comma 1 dell’art. 59 erano strutturalmente dolose e caratterizzate dal dolo specifico di evasione.
4. Il motivo di ricorso è fondato ed è stato correttamente dedotto sotto il profilo della violazione delle norme sopra indicate come interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte, cui si ritiene di dare continuità in questa sede, in base alla quale la compensazione costituisce una “possibile” modalità di estinzione della obbligazione tributaria solo nei casi espressamente previsti.
5. La sentenza impugnata ha asserito di volersi conformare alla giurisprudenza consolidata, tuttavia, a parte due sentenze di questa Corte, fra l’altro lontane nel tempo (la n. 23787 del 2010 e la n. 22872 del 2006), che non integrano un orientamento di legittimità in contrasto con la interpretazione della norma offerta dalla Agenzia delle Dogane – anche perché entrambe riguardano casi di compensazione in tema di imposte sui redditi avvenuti in applicazione di specifiche disposizioni normative che lo ammettono e, pur affermando, in effetti, il principio per cui la compensazione è un principio immanente nella materia tributaria prima ancora della approvazione dello statuto dei diritti del contribuente, comunque hanno aggiunto che esistevano delle limitazioni transitorie ed hanno poi fatto applicazione della compensazione in presenza di disposizione normative, previste dalla specifica regolamentazione della specifica imposta, che la autorizzavano – tutte le sentenze successive hanno affermato chiari princìpi per cui la compensazione è applicabile solo laddove la disciplina legislativa la preveda espressamente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4246 del 23/02/2007 Rv. 595976 — 01 e successive tutte conformi; da ultimo Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17001 del 09/07/2013 Rv. 627180 — 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10207 del 18/05/2016 Rv. 639988 — 01; Cass. Sez. 5-, Sentenza n. 5131 del 28/02/2017 Rv. 643236 —01).
6. A partire dalla sentenza di questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 4246 del 23/02/2007 Rv. 595976 — 01 è infatti consolidato il principio per cui “L’estensione alla materia tributaria dei principi generali del codice civile in tema di estinzione per compensazione, prevista dall’art. 8 della dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, opera soltanto a decorrere dall’anno d’imposta 2002, previa emanazione di apposita disciplina di attuazione, restando ferma, per il periodo precedente, la regola secondo cui la compensazione è ammessa soltanto nei casi specificamente contemplati“. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12262 del 25/05/2007 Rv. 598272 — 01 ha poi aggiunto “Ciò in quanto in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso ed ogni deduzione è regolata da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno d’imposta 2002″.
7. Le sentenze successive, come si è già detto, sono state, poi, tutte conformi. Da ultimo Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17001 del 09/07/2013 Rv. 627180 — 01 ha confermato testualmente il principio sopra esposto ed ha trovato ulteriore conferma in Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10207 del 18/05/2016 Rv. 639988 — 01 (v. anche Sez. 5, Sentenza n. 27178 del 22/12/2014 Rv. 634250 — 01 e Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 5131 del 28/02/2017 Rv. 643236 — 01 con riguardo alla compensazione in materia di imposte dirette per le quali esistono specifiche disposizioni in relazione alla compensazione anteriori alla emanazione dello statuto del diritto del contribuente).
8. A tale principi non si è attenuta la sentenza impugnata la quale ha erroneamente ritenuto in modo apodittico la esistenza di una giurisprudenza prevalente che ammetterebbe la compensazione in materia tributaria per qualsiasi tipologia di imposta e senza alcun limite, applicando altresì i principi propri della compensazione in modo incongruo, in particolare ritenendo che la compensazione potesse operare e retroagire anche nei casi in cui i controcrediti fossero stati accertati successivamente, il che non è poiché l’art. 1243 c.c. stabilisce i presupposti sostanziali ed oggettivi del credito opposto in compensazione, ossia la liquidità, inclusiva del requisito della certezza, e l’esigibilità (v. per tutte Cass. Sez. U -, Sentenza n. 23225 del 15/11/2016 Rv. 641764 — 02). La compensazione legale non può infatti operare qualora il credito addotto in compensazione sia contestato nell’esistenza o nell’ammontare, ovvero debba ancora essere accertato o riconosciuto, in quanto la contestazione esclude la liquidità del credito medesimo, laddove la legge richiede, affinché la compensazione legale si verifichi, la contestuale presenza dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito, la quale non sussisteva nel caso in esame in cui, solo a seguito di complessi controlli che riguardavano la situazione nel 2009 e nel 2010, il credito è divenuto liquido ed esigibile in virtù del provvedimento della Direzione Regionale della Liguria del 5 agosto del 2010. Tanto è vero che, solo dopo tale provvedimento erano state poste in essere le compensazioni del caso, le quali, non potevano, dunque, avere determinato alcun effetto estintivo anteriore.
9. Nessun affidamento poteva derivare, in favore della contribuente, dal provvedimento della Direzione Regionale della Liguria prot. 93424 del 17 luglio 2009, poiché con esso l’Ufficio aveva espressamente fatto salvo, in relazione agli importi non versati a titolo di accisa e relativa addizionale, il pagamento degli interessi e della indennità di mora, nonché delle sanzioni ai sensi degli artt. 59 del TUA e 13 del D. Lgs. n, 471 del 1997, il che aveva reso edotto il contribuente della esclusione degli effetti della compensazione legale per il periodo pregresso a quello di liquidazione del credito di imposta. Ed in tale ambito appare quindi improprio il richiamo al principio di buona fede invocato dalla contribuente, così come il rilievo che comunque tutte le imposte doganali confluivano in un unico conto nazionale e non in singoli conti provinciali, poiché ciò non ha alcuna incidenza sui presupposti della compensazione.
10. Infine non è condivisibile neppure l’assunto della sentenza impugnata per cui le sanzioni sarebbero state, comunque, erroneamente accertate in assenza dell’elemento del dolo intenzionale che sarebbe stato richiesto per la applicabilità dell’art. 59 del D. Lgs. n. 546 del 1995.
11. L’art. 59 del TUA, nel testo vigente ratione temporis prevede: “1. Indipendentemente dall’applicazione delle pene previste per i fatti costituenti reato, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa o che si è tentato di evadere, non inferiore in ogni caso a lire 500 mila, il fabbricante o l’acquirente di energia elettrica considerato fabbricante ai fini dell’imposizione che: a) attiva l’officina a scopo di produzione di energia elettrica senza essere provvisto della licenza di esercizio; b) manomette o lascia manomettere in qualsiasi modo i congegni applicati o fatti applicare dall’ufficio tecnico di finanza, nonchè i contrassegni, bolli e suggelli applicati da detto ufficio, salvi i casi di assoluta necessità; c) omette o redige in modo incompleto o inesatto le dichiarazioni di cui all’art. 55, commi 1 e 3, non tiene o tiene in modo irregolare le registrazioni di cui all’art. 55, comma 9, ovvero non presenta i registri, i documenti e le bollette a norma dell’art. 58, commi 3 e 4; d) non presenta o presenta incomplete o infedeli le denunce di cui all’art. 53, commi 4 e 5; e) nega o in qualsiasi modo ostacola l’immediato ingresso ai funzionari dell’amministrazione finanziaria addetti al servizio nelle officine o nei locali annessi, ovvero impedisce ad essi l’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 58. 2. E’ punito con la sanzione di cui al comma 1 l’utente che altera il funzionamento dei congegni o manomette i suggelli applicati dai funzionari dell’amministrazione finanziaria o dai fabbricanti per misurazione, per riscontro o per sicurezza, ovvero destina l’energia ammessa all’esenzione ad usi soggetti ad imposta. 3. La sanzione di cui al comma 1 si applica anche a chi sottrae o tenta di sottrarre, in qualsiasi modo, l’energia elettrica al regolare accertamento dell’imposta. 4. Per ogni bolletta rilasciata agli utenti, portante una liquidazione di imposta non dovuta o in misura superiore a quella effettivamente dovuta, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro pari al doppio dell’imposta indebitamente riscossa, con un minimo di lire 24 mila per ogni bolletta infedele. 5. Per ogni altra violazione delle disposizioni del presente titolo e delle relative norme di applicazione, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da lire 500 mila a lire 3 milioni”.
12. Ciò posto in punto normativo, in proposito occorre subito rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, in tema di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, ai fini dell’affermazione di responsabilità del contribuente, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, è sufficiente una condotta cosciente e volontaria, senza che occorra, da parte dell’Amministrazione finanziaria, la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento) o ancora di una volontà di evasione di imposta anche a mero titolo di tentativo, come sostiene la sentenza impugnata, atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso (Cass., Sez. 5, 13.9.2018, n. 22329, Rv. 650506-01).
13. Sul punto è erroneo anche l’argomento riproposto con maggiore completezza con il controricorso dalla contribuente, per cui l’art. 59 del TUA prevederebbe come condotta sanzionabile esclusivamente quella sostenuta dal dolo di evasione, poiché dalla lettura della prima parte della norma, come sopra riportata, emerge invece che il riferimento alla imposta evasa o che si è tentato di evadere riguarda soltanto la quantificazione della somma non versata o non dichiarata e quindi la somma “evasa”, mentre la condotta che interessa nel caso in esame, e cioè quella di cui alla lettera c), è costituita dalla omissione o dalla incompletezza della dichiarazione ai sensi di cui all’art. 55 del TUA, senza altri connotati.
14. In accoglimento del ricorso, si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
15. Per la particolarità delle questioni trattate, appare giusto compensare le spese del giudizio di merito ed anche quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.