CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 maggio 2018, n. 13769
Professionisti – Dottore commercialista – Responsabilità professionale – Incarico di impugnazione di avvisi di accertamento – Ricorsi dichiarati inammissibili per tardiva proposizione – Risarcimento del danno patrimoniale – Esclusione – Risarcimento danno non patrimoniale
Svolgimento del processo
A.P., C.S., V.S. e L.L. evocarono in giudizio V.E., commercialista, deducendo la sua responsabilità professionale per aver negligentemente eseguito l’incarico di proporre, dinanzi alla competente Commissione Tributaria, opposizione agli avvisi di accertamento loro notificati dall’Agenzia delle Entrate di Ostuni per il pagamento della complessiva somma di € 2.185.669,00.
Allegando che i ricorsi erano stati dichiarati inammissibili perché proposti tardivamente, chiesero la condanna del professionista al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da loro subiti.
Autorizzata la chiamata in causa della compagnia di assicurazione dell’E., il Tribunale di Brindisi respinse la domanda in relazione al danno patrimoniale dedotto, accogliendola, invece, in ordine a quello non patrimoniale.
La Corte d’Appello di Lecce ha rigettato l’impugnazione proposta da A.P., C.S. , V.S. e L.L. che ricorrono per la cassazione della sentenza affidandosi a due motivi.
Hanno resistito con controricorso sia V.E. che la U. Spa.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360 n° 5 cpc, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, con riferimento al contenuto degli atti predisposti dall’E..
Lamentano, nelle premesse, che la Corte leccese si era limitata a riesaminare le sentenze della Commissione Provinciale di Brindisi pronunciate in relazione ad altri due ricorsi affidati ad un diverso professionista (aventi per oggetto l’ accertamento relativo alla medesima verifica fiscale e ad analoga contestazione concernente la distribuzione di utili extrabilancio da parte delle due società P. soc. Coop a rl e della V. Srl, di cui S.V. e P.A. erano soci) i quali avevano avuto esito per loro positivo: ma, pur ritenendo che essi costituissero “sicuramente precedenti favorevoli su analoghe istanze di addebito fiscale”, aveva affermato che tali decisioni con fornivano elementi convincenti per formulare un giudizio prognostico rispetto alle azioni che l’E. aveva tardivamente introdotto; e, al riguardo, i ricorrenti censurano la decisione assumendo anche che i giudici d’appello, pur soffermandosi sulla valutazione di tali precedenti, avevano omesso del tutto di analizzare il contenuto dei ricorsi tardivamente presentati dal commercialista e fondati su motivi diversi, con ciò formulando un giudizio prognostico del possibile esito della controversia non attendibile, sul quale era stato basato il rigetto dell’impugnazione.
Il motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza rispetto alla censura sollevata.
La Corte d’Appello, infatti, applicando correttamente i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 22026/2004; Cass. 11548/2013) ha condiviso la valutazione del Tribunale affermando che, pur pacifica la negligenza del professionista (statuizione dalla quale è dipesa la condanna per il danno non patrimoniale), una valutazione prognostica dei ricorsi non consentiva di ritenere che sarebbero stati accolti.
I giudici d’appello, al riguardo, hanno anche puntualizzato, con motivazione approfondita, che non poteva giungersi ad una diversa valutazione, anche tenendo conto dei ricorsi proposti dagli appellanti quasi contestualmente ma affidati ad un diverso commercialista (i quali avevano avuto per loro esito favorevole), in quanto, oltre a mancare la certezza di uniformità dell’orientamento delle varie sezioni della Commissione Tributaria adita, i profili delle violazioni contestate ed oggetto della controversia in esame erano differenti (v. pag. 7 secondo cpv sentenza impugnata).
E tanto premesso, questa Corte rileva, in riferimento alla censura di omesso esame prospettata ed in relazione al preliminare vaglio di ammissibilità del ricorso, che è stato in esso riportato solo un’insignificante stralcio del ricorso alla Commissione Tributaria, incompleto e riferito per lo più alla rubrica del primo motivo ivi proposto (cfr. pag. 11 secondo cpv ): il requisito di cui all’art. 366 n° 6 (cfr. per la stretta attinenza al caso in esame Cass. 16147/2017) non risulta, pertanto, soddisfatto.
Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono ex art. 360 n° 3 e 5 cpc, la violazione degli artt. 1176, 1218 e 2236 cc: contestano il giudizio prognostico formulato dalla Corte leccese, assumendo anche che non era stato considerato che se il commercialista avesse depositato tempestivamente i ricorsi, avrebbe anche avuto la possibilità di presentare, a sostegno delle proprie ragioni, “motivi aggiunti” e di fornire prova contraria delle contestazioni attraverso cui sarebbero aumentate le possibilità di accoglimento.
Il motivo è inammissibile sia perché i ricorrenti chiedono in questa sede una non consentita rivalutazione del merito del giudizio prognostico formulato dalla Corte leccese (invero fondato su rigorose basi logiche e su un argomentato esame delle risultanze processuali), sia perché prospetta un argomento nuovo, specificamente dedotto per la prima volta in sede di legittimità nella quale, come è noto, non può trovare ingresso.
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma Ibis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 12.000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi in favore di ciascun contro ricorrente oltre ad accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma Ibis dello stesso art. 13.
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