CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 maggio 2022, n. 17711
Lavoro – Operatore ecologico – Danneggiamento del mezzo aziendale a seguito di sinistro – Responsabilità del lavoratore – Condotta colposa per violazione degli obblighi di diligenza
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Milano, in riforma di sentenza del Tribunale della stessa città, condannava P.P. al risarcimento del danno pari ad € 24.877,50, oltre interessi legali dal dovuto al saldo, in favore del datore di lavoro A. S.P.A., nonché alla rifusione delle spese di CTU ed alla rifusione delle spese di lite del doppio grado.
2. La controversia trae origine dall’incidente stradale avvenuto il 28/7/2012, allorquando il lavoratore, dipendente A., con inquadramento nel 1° livello e mansioni di operatore ecologico anche con l’ausilio di veicoli, mentre si trovava alla guida di un mezzo aziendale lava-strade, in prossimità di incrocio semaforizzato in Milano, perdeva il controllo del mezzo, che si ribaltava sul fianco destro. La Polizia Locale accertava che il manto stradale non presentava anomalie, era asciutto al momento del sinistro, non erano presenti segni di frenata, la visibilità era buona, il traffico normale, il semaforo regolarmente funzionante. Il lavoratore riportava trauma cranico minore e poli-contusione con prognosi di 20 giorni, e dichiarava di non ricordare nulla dell’incidente. L’azienda municipale, rilevato che il preventivo di spesa per la riparazione dei danni era superiore al valore residuo del veicolo, rendendo così non conveniente la riparazione, poneva la macchina lava-strade definitivamente fuori servizio, previo recupero di alcune parti meccaniche; irrogava la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per 10 giorni; agiva in giudizio per il risarcimento dei danni, quantificati in € 30.286,81 (differenza tra il valore commerciale del mezzo al momento del sinistro, detratto il valore dei pezzi di ricambio riutilizzati) sulla base di rapporto dei propri uffici interni.
3. Il Tribunale respingeva il ricorso dell’azienda, per difetto di prova del danno, in quanto il veicolo incidentato era stato messo definitivamente fuori servizio prima del giudizio e non erano stati chiariti i criteri in base ai quali gli uffici interni della società avevano quantificato il danno.
4. La Corte d’Appello osservava, invece, che la responsabilità del sinistro era da ricondurre a violazione dell’obbligo di diligenza di cui all’art. 2104 c.c. ed all’art. 66 CCNL Federambiente applicato al rapporto, responsabilità di natura contrattuale. La dinamica dell’evento, ossia la perdita di controllo del mezzo da parte dell’autista, non era stata da questi contestata, e dal rapporto della polizia locale erano stati esclusi fattori esterni nella causazione del sinistro. Il sinistro doveva perciò ritenersi avvenuto per imperizia del lavoratore, che non aveva adempiuto all’onere di provare che non gli era imputabile l’inadempimento. La misura del danno veniva quantificata a mezzo di CTU disposta nel secondo grado di giudizio.
5. P.P. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a 2 motivi.
A. S.P.A. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria illustrativa.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2104 c.c., anche in relazione all’art. 66 CCNL Federambiente, per avere la Corte di Appello errato nell’aver fatto conseguire la sua responsabilità nel sinistro da una dichiarazione avente in realtà carattere neutro (la perdita di controllo del mezzo) e nell’avergli imputato di non avere allegato alcun fattore esterno influenzante la dinamica dei fatti. Secondo la prospettiva del ricorrente la perdita del controllo del mezzo è unicamente un dato oggettivo, le sue affermazioni non configurano un’ammissione di responsabilità, né è addebitabile al lavoratore la mancata allegazione di fattori esterni. Da una parte, egli aveva subito un trauma cranico, non gli era stata elevata alcuna contravvenzione, era risultato negativo alla presenza di alcool nel sangue; d’altra parte, la rottamazione del mezzo incidentato prima del giudizio aveva impedito la possibilità di provare eventuali difetti meccanici o di manutenzione del veicolo.
2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 c.c., 115 c.p.c., anche in relazione agli artt. 24, 111 Cost. per l’affermazione della sua responsabilità nella causazione dell’incidente, sebbene la colpa non risultasse provata e con una motivazione generica. Il dato oggettivo della perdita di controllo del mezzo non avrebbe caratteristiche di prova presuntiva, essendo in contrasto con la mancanza di contravvenzioni elevate a carico del lavoratore.
3. I motivi devono essere trattati congiuntamente, in quanto connessi ed entrambi relativi alla questione della valutazione delle prove sulla responsabilità del danneggiamento del mezzo aziendale a seguito del sinistro come operata dalla Corte d’Appello.
4. Essi non sono fondati.
5. In materia, come ricordato dalle parti, Cass. 18375/2006 spiega che, ai fini dell’affermazione della responsabilità del lavoratore verso il datore di lavoro per un evento dannoso verificatosi nel corso dell’espletamento delle mansioni affidategli, è onere del datore di lavoro fornire la prova che l’evento dannoso è da riconnettere ad una condotta colposa del lavoratore per violazione degli obblighi di diligenza, e cioè in rapporto di derivazione causale da tale condotta, mentre, una volta assolto tale onere, il lavoratore è tenuto a provare la non imputabilità a sé dell’inadempimento. (cfr. anche Cass. 13530/2008, che, chiarisce come, in tema di prestazione lavorativa eseguita con un bene affidato dal datore al lavoratore, la diligenza nell’adempimento, rilevando quale modalità con cui la prestazione deve essere svolta, implica che il lavoratore deve utilizzare il bene senza arrecare danni, e che, ove si verifichino, il lavoratore ne risponde, appunto, contrattualmente).
6. Ricordata la ridetta responsabilità contrattuale del lavoratore per l’inadempimento, la Corte di merito ha valutato le prove raccolte sulla base dell’apprezzamento degli elementi di fatto acquisiti agli atti, inclusi gli elementi presuntivi, valorizzando gli accertamenti della polizia locale giudicati maggiormente convincenti rispetto alle ipotesi formulate dal consulente del lavoratore, non riscontrate.
7. Tale ragionamento decisorio non presenta i vizi denunciati riconducibili all’art. 360, comma 3, c.p.c.; non è, infatti, consentita in sede di legittimità, la revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità, cui non spetta procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso un’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (cfr. Cass. 19997/2018).
8. Spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità. Ove non emerga l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalità, visto che la deduzione logica è una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (Cass. 22366/2021; Cass. 5279/2020; Cass. 15276/2021).
9. Esclusa, pertanto, la fondatezza delle contestazioni alla sentenza impugnata svolte da parte ricorrente, perché si risolvono in una critica del convincimento che il giudice di merito si è formato circa l’esame del materiale probatorio ed il giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, e quindi nella richiesta di una inammissibile nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità, il ricorso deve essere respinto.
10. Parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
11.Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 2.500 per compensi, € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 25217 depositata il 24 agosto 2023 - La responsabilità ex art. 2087 cod. civ. è di carattere contrattuale, in quanto il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge (ai sensi dell'art. 1374 cod.…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 44654 depositata il 24 novembre 2022 - La condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, Sentenza n. 21149 depositata il 18 maggio 2023 - La condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivarne…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 23986 depositata il 5 giugno 2023 - La condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 9453 depositata il 6 aprile 2023 - Nel licenziamento per scarso rendimento del lavoratore, rientrante nel tipo del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro - cui spetta l'onere della prova - non può…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 marzo 2022, n. 7058 - L'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ obbligo del collegio sindacale comunicare
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25336 del 28 agosto 2023, interv…
- Dimissioni del lavoratore efficace solo se effettu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27331 depositata il 26 settembre…
- La restituzione ai soci dei versamenti in conto au
La Corte di cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 39139 depositata il 2…
- I versamento eseguiti in conto futuro aumento di c
I versamento eseguiti in conto futuro aumento di capitale ma non «accompagnati d…
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…