CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 ottobre 2018, n. 27786
Tributi – Accertamento – Riscossione – Imposte sui redditi – Rettifica delle dichiarazioni – Reddito d’impresa
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 253/07/2010, depositata in data 29 novembre 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio, respingeva l’appello proposto dalla Banca Finnat Euramerica s.p.a., in persona del legale rappresentante prò tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore prò tempore, avverso la sentenza n. 284/21/2009 della Commissione tributaria provinciale di Roma, dichiarando, in conferma di quest’ultima, la legittimità dell’avviso di accertamento n. RCB030302029/2005 con il quale l’Ufficio di Roma, a seguito di p.v.c. della Guardia di finanza del 30 novembre 2004, aveva, tra l’altro, ripreso a tassazione nei confronti della Banca Finnat Euramerica s.p.a, ai fini Irpeg e Irap, in relazione all’anno di imposta 2002, costi ritenuti indeducibili pari a euro 120.000,00 per servizi di consulenza prestati dalla società Européenne de Banque du Luxumbourg in relazione al progetto di modifica della forma giuridica della società controllata lussemburghese NMA S.A.
1.1. In punto di fatto, il giudice di appello, ha premesso che: 1) avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio di Roma aveva contestato a carico della Banca Finnat Euramerica s.p.a., tra l’altro, l’indeducibilità, ex art. 75, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, delle spese pari euro 120.000,00 sostenute per servizi di consulenza prestati dalla società Européenne de Banque du Luxumbourg in relazione al progetto di modifica della forma giuridica della società partecipata lussemburghese, la società contribuente aveva fatto ricorso alla CTP di Roma, deducendo l’inerenza dei detti costi, essendo finalizzati ad esclusivo beneficio della società controllante, interessata, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 127bis del TUIR, a conoscere le modalità operative per la trasformazione della controllata da Holding 29 in Soparfi; 2) la CTP di Roma aveva rigettato il ricorso, ritenendo che i costi recuperati a tassazione mancassero del requisito dell’inerenza all’attività svolta dalla società contribuente; 3) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello la banca deducendo la carenza di motivazione della sentenza impugnata e l’infondatezza nel merito della pretesa impositiva, stante l’inerenza dei costi all’attività della contribuente e la finalizzazione degli stessi alla produzione di maggior reddito; 4) aveva controdedotto l’Ufficio chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
1.2. La CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) la sentenza della CTP era adeguatamente motivata, con chiara indicazione delle ragioni giuridiche fondanti la statuizione e con agevole connessione dei fatti di causa alla parte dispositiva; 2) la banca, sulla quale gravava l’onere della prova dell’inerenza dei costi, non aveva documentato, ai sensi dell’art. 75, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, la specifica afferenza dei costi sostenuti per la consulenza professionale ai ricavi, non essendo stato accertato che in mancanza delle dette spese i ricavi sarebbero diminuiti.
2. Avverso la sentenza della CTR, Banca Finnat Euramerica s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate.
3. La Banca Finnat Euramerica s.p.a. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132 c.p.c. e 111 Cost. per avere la CTR, disattendendo il relativo motivo di appello, ritenuto “adeguatamente motivata” la sentenza di primo grado, ancorché la stessa avesse escluso l’inerenza all’attività della banca dei costi sostenuti per la consulenza concernente la trasformazione della forma giuridica della società controllata, senza illustrare il percorso argomentativo seguito e gli elementi utilizzati alla base dell’iter decisionale.
La censura è priva di pregio.
In disparte il profilo di inammissibilità per avere la ricorrente evocato in rubrica il n. 3 in luogo del n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., l’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciarle con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio deciderteli (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili. (Cass., sez. un., n. 23832 del 2004).
Nella specie, dalla sentenza impugnata è chiaramente evincibile il criterio logico che ha guidato la CTR nel proprio convincimento sul giudizio di adeguatezza motivazionale della sentenza di primo grado, ravvisabile nella riscontrata individuazione in quest’ultima delle “ragioni giuridiche” fondanti la statuizione, tali da permettere, altresì, un’agevole connessione dei fatti di causa con la parte dispositiva.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la insufficiente motivazione della sentenza di appello quanto al rigetto del motivo di gravame concernente la dedotta carenza di motivazione della sentenza di primo grado, non avendo la CTR esplicitato le argomentazioni a sostegno del giudizio di sufficienza motivazionale della sentenza della CTP.
Il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. così come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo (ex plurimis, Cass. n. 2805 del 2011 ).
Nella specie la censura è inammissibile, in quanto risulta prospettata come riferita non già ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, ma bensì a “questioni” o “argomentazioni” della sentenza di primo grado che non sarebbero state sufficientemente vagliate dal giudice di appello.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 75, comma 5 (attuale 109, comma 5) del d.P.R. n. 917 del 1986, per avere la CTR erroneamente escluso l’inerenza dei costi sostenuti dalla Banca Finnat per i servizi di consulenza svolti dalla società Européenne de Banque du Luxumbourg in relazione al progetto di modifica della forma giuridica della società partecipata lussemburghese, per difetto di connessione fra costi e ricavi accertati, senza verificare l’attinenza della spesa all’attività di impresa nel suo complesso, anche se connessa ai ricavi solo in modo indiretto.
Ad riguardo, ad avviso della ricorrente, i costi sostenuti dalla banca per la predetta consulenza erano afferenti all’attività di impresa di quest’ultima in quanto: 1) dalla partecipazione societaria derivavano componenti positivi che concorrevano alla formazione del reddito imponibile della società controllante; 2) il parere tecnico circa la modifica della forma giuridica della società controllata (da holding del 29 in Soparfi) era finalizzato a fare evitare alla controllante un aggravio di imposte che sarebbe conseguito dall’applicazione dell’art. 127bis del TUIR alle partecipazioni in società localizzate in territori con regime fiscale privilegiato, possedute al 31 dicembre 2002, quali le società holding costituite in Lussemburgo, ai sensi della legge del Granducato del 31 luglio del 1929 (c.d. holding del 29), tra cui la NMA SA, controllata, a quella data, dalla Banca Finnat. A ciò si aggiungeva la considerazione che la trasformazione della società partecipata in Soparfi non avrebbe comportato, come invece sostenuto dall’Ufficio, un beneficio per quest’ultima nel senso della possibilità di usufruire delle norme convenzionali contro le doppie imposizioni stipulate tra l’Italia e il Lussemburgo ma, bensì, uno svantaggio economico concretantesi nella uscita dal regime fiscale agevolativo e nella sottoposizione alle ordinarie disposizioni previste dall’ordinamento lussemburghese per la determinazione del reddito.
3.2.Il motivo è fondato per quanto di ragione.
3.3. Trattasi, nella specie, di costi sostenuti dalla Banca controllante per servizi di consulenza svolti per suo conto da una società terza (la società Européenne de Banque du Luxumbourg) aventi ad oggetto lo studio per la trasformazione della forma giuridica di una società controllata.
Ai fini della deducibilità dei costi, incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio (nella specie, la Banca Finnat Euramerica s.p.a.), l’onere della prova in ordine all’esistenza dei servizi svolti in suo favore e all’inerenza dei costi sopportati.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente era nel senso di formulare la nozione di inerenza in termini di suscettibilità, anche solo potenziale, di arrecare, direttamente e indirettamente, una utilità all’attività d’impresa, con richiamo all’art. 109 (ex art. 75) TUIR (in termini, ex multis, Cass. n.10914 del 2015).
Questo orientamento, se, da un lato, correlava l’inerenza al rapporto tra costi e attività d’impresa (non riducibile, perciò, ad una relazione necessaria del costo con il reddito o con i ricavi), dall’altro poneva un necessario legame tra il costo e l’attività d’impresa secondo un parametro d’utilità, all’interno di una relazione deterministica che sottende rapporti di causalità; in altri termini, secondo tale tesi, l’utilità doveva essere apprezzata considerando anche la dimensione quantitativa della spesa per cui un costo poteva essere inerente anche solo in parte.
Questa Corte, con un condivisibile orientamento, ha di recente precisato che l’inerenza esprime la riferibilità del costo sostenuto all’attività d’impresa, anche se in via indiretta, potenziale od in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera estranea all’esercizio dell’impresa (giudizio qualitativo oggettivo) e che il principio dell’inerenza, quale vincolo alla deducibilità dei costi, non discende dall’art. 109, comma 5 (ex 75, comma 5) TUIR, concernente, invece, il diverso principio dell’indeducibilità dei costi relativi a ricavi esenti (ferma l’inerenza) cioè la correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili (Cass. n. 450 del 2018).
Ad avviso di tale ultimo condivisibile orientamento, l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro da riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio, afferenti ad un giudizio quantitativo, e deve essere distinta anche dalla nozione di congruità del costo; in questo quadro concettuale, si è precisato che l’evidenziazione di un comportamento antieconomico in relazione all’imposta sui redditi e all’Iva non può giustificarsi identificando la mancanza di inerenza con la sproporzione o l’incongruità dei costi (in tali termini, invece, Cass., n. 10269 del 2017), pur potendo
l’antieconomicità e l’incongruità della spesa essere indici rivelatori del difetto di inerenza (cfr. cass. N. 18904 del 2018).
Nella specie, la CTR non ha fatto buon governo dei suddetti principi, avendo esaurito il giudizio di mancato assolvimento da parte della Banca Finnat dell’onere della prova circa l’inerenza dei costi da questa sostenuti nel rilievo del difetto di una specifica afferenza degli stessi ai ricavi, senza verificare la riferibilità di questi ultimi all’attività d’impresa, anche se in via indiretta, potenziale od in proiezione futura.
4.In conclusione, va accolto il terzo motivo del ricorso, respinti i motivi primo e secondo, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Lazio, che in diversa composizione procederà a nuovo esame del merito.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, disattesi il primo e il secondo;
cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Commissione Tributaria Regionale della Lazio, in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione sentenza n. 16689 depositata il 24 maggio 2022 - In materia di costi c. d. infragruppo, laddove la società capofila di un gruppo di imprese decida di fornire servizi o curare direttamente le attività di interesse comune alle società…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 31081 depositata il 20 ottobre 2022 - In tema di c.d. costi infragruppo l'onere della prova in ordine all'esistenza e all'inerenza dei costi sopportati grava sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22546 depositata il 18 luglio 2022 - In materia di costi c.d. infragruppo laddove la società capofila decida di fornire servizi o curare direttamente le attività di interesse comune alle società del gruppo, ripartendone…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 24901 depositata il 21 agosto 2023 - I costi, per essere ammessi in deduzione, quali componenti negativi del reddito di impresa, debbono soddisfare i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 luglio 2020, n. 14990 - Deducibilità costi in "nero" - In tema di accertamento delle imposte sui redditi ed in merito alla deducibilità di costi di impresa non registrati, l'onere della prova circa l'esistenza ed…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 luglio 2021, n. 19169 - L'indeducibilità sostanziale dei costi opera solo per i costi inerenti l'acquisto di beni e servizi direttamente utilizzati per la commissione di delitti non colposi; sicché non è sufficiente…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…