Corte di Cassazione sentenza n. 10273 depositata il 27 aprile 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – AMIANTO – RICONOSCIMENTO DELLA DERIVAZIONE PROFESSIONALE DELLA MALATTIA TUMORALE AL RETTO PER ESPOSIZIONE A POLVERE DI AMIANTO – CONSULENZA TECNICA – SECONDO CONSULENTE D’UFFICIO E VALUTAZIONE DEL GIUDICE
Rilevato
che M.S., lavoratore portuale, chiese il riconoscimento della derivazione professionale della malattia tumorale al retto per esposizione a polvere di amianto;
che riconosciuta, all’esito di consulenza d’ufficio, la derivazione professionale della suddetta malattia ad opera del Tribunale di Ravenna, la Corte d’appello di Bologna (sentenza del 9.7.2012), investita dall’impugnazione dell’Inail avverso la predetta decisione, rinnovò l’accertamento tecnico e, conformemente alle conclusioni del perito d’ufficio, ritenne non sufficientemente provata sul piano scientifico la correlazione tra la malattia denunziata e l’esposizione all’amianto; che per la cassazione della sentenza propone ricorso M.S. con un motivo;
che resiste con controricorso l’Inail;
Considerato
che con un solo motivo, formulato per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Bologna non ha dato alcuna adeguata e specifica giustificazione della preferenza accordata alla seconda consulenza tecnica d’ufficio, il cui esito è stato acquisito senza l’indicazione delle ragioni per le quali la stessa Corte ha inteso disattendere le conclusioni rassegnate dal perito d’ufficio di primo grado e ad onta delle circostanziate critiche mosse dal consulente di parte alle risultanze della perizia espletata in seconde cure; che il ricorso è fondato;
che, in effetti, a fronte della discordanza tra gli esiti delle perizie svolte nei due gradi di giudizio la Corte bolognese ha deciso di condividere le risultanze cui è pervenuto il perito d’ufficio di seconde cure, sfavorevoli all’assicurato, limitandosi semplicemente ad affermare che le critiche mosse al suo operato dal consulente di parte dovevano essere disattese in quanto si trattava di una contrapposta valutazione nell’ambito delle varie posizioni offerte dalla letteratura epidemiologica in materia e non già di carenze o erroneità riscontrabili nell’operato del c.t.u. officiato;
che da tale motivazione non emergono, tuttavia, a fronte delle circostanziate critiche del consulente di parte, le reali ragioni del dissenso scientifico rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il perito di prime cure e che erano state, invece, condivise dal primo giudice nel momento in cui perveniva all’accoglimento della domanda, per cui si rivelano fondate le doglianze prospettate dall’odierno ricorrente;
che, invero, si è statuito (Cass. Sez. L, n. 19572 del 26/8/2013) che “in tema di consulenza tecnica di ufficio, se lo svolgimento di una prima consulenza non preclude l’affidamento di un’ulteriore indagine a professionista qualificato nella materia al fine di fornire al giudice un ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, è tuttavia necessario che il giudice che intenda uniformasi alle risultanze della seconda consulenza tecnica di ufficio non si limiti ad un’adesione acritica ad esse ma giustifichi la propria preferenza, specificando la ragione per la quale ritiene di discostarsi dalle conclusioni del primo consulente, salvo che queste abbiano formato oggetto di esame critico nell’ambito della nuova relazione peritale con considerazioni non specificamente contestaste dalle parti.” (conf. a Cass. Sez. 2, n. 23063 del 30.10.2009; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 17105/2016);
che si è, altresì, affermato (Cass. Sez. L, n. 4657 del 25/2/2011) che “in sede di giudizio di appello, allorché venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d’ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell’assicurato all’assegno di invalidità ed all’indennità di accompagnamento), l’eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d’ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente.” (in senso ccnf. v. anche Cass. Sez. 1, n. 5148 del 3/3/2011);
che, in definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, la quale nel riesaminare il merito della questione si atterrà ai suddetti principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.
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