Corte di Cassazione sentenza n. 10276 depositata il 31 marzo 2022
imposta unica erariale – presupposto territoriale e soggettivo
RILEVATO CHE:
– G.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 28 gennaio 2016, di reiezione dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui gli era stato contestato, unitamente alla G.G., nella qualità di coobbligato solidale, il mancato versamento dell’imposta unica erariale relativa all’attività di raccolta di scommesse per l’anno 2012;
– il giudice di appello, dopo aver dichiarato la cessazione della materia del contendere relativamente all’impuqnazione proposta dalla società, ha disatteso il gravame dell’odierno ricorrente in ragione del fatto che la sua attività, svolta per conto della G.G., comprendeva la raccolta delle scommesse e l’esecuzione dei relativi pagamenti;
– il ricorso è affidato a otto motivi;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
– entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;
– con distinto ricorso, affidato ad un unico motivo, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli impugna la decisione della Commissione regionale relativamente al capo della sentenza che ha dichiarato la cessazione della materia del contendere quanto alla controversia instaurata con la G.G.;:
– avverso tale ricorso né G.G., né G.A. spiegano alcuna attività difensiva;
– l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 p.c.
CONSIDERATO CHE:
– occorre preliminarmente disporre la riunione dei giudizi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza;
– quanto al ricorso di G.A., con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, secondo comma, lett. b), 3 agosto 1988, n. 288, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per aver la Commissione regionale ritenuto sussistente il presupposto territoriale di applicazione dell’imposta, senza verificare dove le scommesse venivano accettate (Austria), ma attribuendo rilevanza unicamente al luogo in cui le stesse venivano raccolte (Italia);
– con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, d.lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, e 1, comma 66, 13 dicembre 2010, n. 220, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per aver la sentenza impugnata ritenuto che il contribuente fosse soggetto passivo di imposta per il solo fatto di provvedere alla raccolta delle scommesse, senza accertare se provvedesse anche all’esercizio delle scommesse con propria organizzazione;
– censura sostanzialmente analoga è formulata con il terzo motivo, con cui il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni di legge, nonché degli artt. 1, d.lgs. n. 504 del 1998, e 3 e 53 , oltre che la motivazione apparente della sentenza sul punto;
– con il sesto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli 1, comma 66, l.n. 220 del 2010, 1 e 3, d.lgs. n. 504 del 1998 e 52 e 56 TFUE, prospettando il contrasto della normativa nazionale in tema di imposta unica sulle scommesse con i principi di libertà di servizi e di divieto di discriminazione dei prestatori in ragione della loro nazionalità, nella parte in cui ritiene che il centro di trasmissione dati sia responsabile solidalmente con il bookmaker estero a differenza del punto vendita che raccoglie le scommesse per conto del concessionario nazionale;
– i motivi, esaminabili congiuntamente,, sono infondati;
– la questione è già stata oggetto di ripetuta e articolata disamina da parte di questa Corte a partire dalla sentenza n. 8757 del 30 marzo 2021 (seguita da numerose altre; tra le tante Cass. 8907- 8911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 9728- 9735/2021 e molte altre ancora), le cui motivazioni sono qui espressamente condivise e richiamate ex art. 118, disp. att., c.p.c., e che, anche in adesione e coerenza con i recenti interventi della Corte costituzionale (cfr. sentenza 23 gennaio 2018, n. 27) e della Corte di Giustizia ( cfr. sentenza 26 febbraio 2020, causa C-788/18), ha affermato i seguenti principi:
– «L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti sicché, dovendosi escludere qualsivoglia restrizione discriminatoria tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, nonché un pregiudizio alla libertà di prestazione di servizi, il centi-o di trasmissione che invii i dati di gioco per conto di allibratore privo di concessione avente sede in altro Stato membro, operando quale suo intermediario allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali titolari di concessione, è soggetto passivo d’imposta a norma dell’art . 1, comma 66, lett. b), l.n. 220 del 2010, in quanto godrebbe, altrimenti, di un’irragionevole esenzione – contrastante col principio di lealtà fiscale – per il solo fatto di porsi al di fuori del sistema conceissorio, funzionale a prevenire infiltrazioni criminali nel settore del gioco»;
– «In tema di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria operante per conto di bookmakers esteri privi di concessione poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria che costituisce il presupposto impositivo, assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, e occupandosi della trasmissione all’allibratore dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate nonché, secondo le procedure e istruzioni fornite dallo stesso, del pagamento delle vincite»;
– le richiamate decisioni, inoltre, hanno altresì precisato, alla stregua di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del 2018, che in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della l.n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore;
– tale sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 3, d.lgs. n. 504 del 1998, e 1, comma 66, lettera b), l.n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, in quanto un quel periodo non si può procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro normative previgente alla n. 220del 2010;
– pertanto, poiché non è in contestazione l’omesso versamento dell’imposta relativa al periodo di imposta 2012, correttamente la Commissione regionale ha ritenuto sussistente i contestati presupposti dell’imposta nei confronti del ricorrente principale;
– con particolare riferimento alla sussistenza del presupposto territoriale, deve aggiungersi che la doglianza contraddittoriamente (visto che si riconosce esplicitamente il ruolo del centro di trasmissione dati) trascura che il concreto esercizio del gioco è attuato tanto dal bookmaker che dal centro di trasmissione dati e che la ratio delle disposizioni in materia di gioco è proprio quella di rendere soggette all’ordinamento nazionale tutte le attività che siano svolte, in qualunque modo, sul territorio dello Stato;
– con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli 10, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., nella l. 15 luglio 2011, n. 111, e 2697 e.e., nonché della motivazione apparente, nella parte in cui la Commissione regionale ha ritenuto corretto il metodo forfettario di quantificazione dell’imposta utilizzato dall’Ufficio quale conseguenza della mancata esibizione dei dati richiesti dai verificatori, benché tali dati non fossero nella sua materiale e giuridica disponibilità, in relazione alla sua veste di mero affiliato di un allibratore estero;
– il motivo è infondato;
– l’art. 24, d.l. n. 98 del 2011, al decimo comma, così recita: «Nel caso di scommesse comunque non affluite al totalizzatore nazionale ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all’imposta unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, l’Ufficio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determina l’imposta dovuta anche utilizzando elementi documentali comunque neperiti, anche se forniti dal contribuente, da cui emerge l’ammontare delle giocate effettuate. In mancanza di tali elementi ovvero quando il contribuente si oppone all’accesso o non dà seguito agli inviti e ai questionari disposti dagli uffici, l’Ufficio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determina induttivamente la base imponibile utilizzando la raccolta media della provincia, ove è ubicato il punto di gioco, dei periodi oggetto di accertamento, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale. Ai fini della determinazione dell’imposta unica l’ufficio applica, nei casi di cui al presente comma, l’aliquota massima prevista per ciascuna tipologia di scommessa dall’articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504»;
– con tale norma il legislatore ha introdotto una fase di liquidazione ufficiosa delle imposte dovute in base alle informazioni residenti nella banca dati in uso all’Amministrazione finanziaria;
– nella specie, in mancanza di documentazione fornita dalla contribuente, la base imponibile è stata determinata induttivamente «utilizzando la raccolta media della provincia, ove è ubicato il punto di gioco, dei periodi oggetto di accertamento, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale», con l’applicazione dell’aliquota massima prevista dall’art. 4, d.lgs. n. 504 del 1998;
– orbene, la Commissione regionale, nel ritenere legittimo l’atto impositivo (anche) nella parte in cui, rilevato che il contribuente, nonostante espresso invito da parte dell’accertatore, non ha fornito il dettaglio delle scommesse raccolte, ha determinato la base imponibile ai sensi dell’art. 24, decimo comma, d.l. n. 89 del 2011, ossia, come previsto dal richiamato art. 4, d.lgs. n. 504 del 1998, sulla base della raccolta media della provincia, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale, nei dodici mesi precedenti, da un lato, ha illustrato il suo iter argomentativo, e, dall’altro, ha fatto corretta applicazione del riferito principio di diritto;
– può aggiungersi che, in presenza di una determinazione presuntiva della base imponibile era onere contribuente fornire elementi contrari intesi a dimostrare che le scommesse erano state in misura inferiore a quella indicata induttivamente dall’Amministrazione, ma non vi è evidenza di una siffatta deduzione;
– con il quinto motivo il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione degli 7, l. 8 agosto 1990, n. 241, e 5, 6, 7, 10, primo comma, 12, secondo e settimo comma, I. 27 luglio 2000, n. 212, per aver la sentenza impugnata ritenuto legittimo l’atto impositivo benché non preceduto dall’invio di una comunicazione relativa al provvedimento che si intendeva emanare e, comunque, da una fase di contraddittorio preventivo;
– il motivo è inammissibile, in quanto muove da un presupposto fattuale, consistente nella mancata ricezione di un invito a contraddire preventivamente all’emissione dell’atto impositivo, che risulta espressamente smentito dalla sentenza di appello, la quale ha accertato l’invio di una siffatta comunicazione e la mancata risposta alla stessa da parte del contribuente;
– orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., , 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);
– con il settimo motivo il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli 1, comma 66, l.n. 220 del 2010, 1 e 3, d.lgs. n. 504 del 1998 e 401, dir. 2006/112/CE, allegando che la normativa italiana si porrebbe in contrasto con il dlvieto di istituzione di tributi con effetto equivalente all’i.v.a.;
– il motivo è infondato;
– il tributo che qui rileva è differente da una imposta sulla cifra di affari per plurime ragioni: riguarda unicamente operazioni relative all’esercizio delle scommesse, irrilevanti a fini IVA; non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA e applicandosi il tributo all’importo scommesso; è calcolata senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa;
– non rilevano quindi i soli fatti consistenti nella proporzionalità, nell’esser riscossa a ogni fase e nella sua traslazione in capo al consumatore, evidenziati in ricorso, anche perché (come con evidente contraddizione logica e giuridica si ammette proprio in ricorso per cassazione) proprio la disciplina IVA che si cita da parte del ricorrente, l’art. 10, secondo comma, d.P.R. 633 del 1972, proclama esenti dal tributo armonizzato le operazioni in parola con ciò evitando il concorrere di due imposte sul medesimo volume d’affari;
– effetto del tutto risolutivo e dirimente ha, sul punto, il chiaro dictum del giudice unionale (Corte Giust,, 24 ottobre 2013, Metropol Spielstàtten Unternehmergesellschaft(haftungsbeschrànkt), secondo il quale in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA «le disposizioni di [tale] direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte (… ) sui giochi e sulle scommesse, ( … ) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari(…)»;
– la formulazione di tale articolo non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari (v., in tal senso, la sentenza dell’8 luglio 1986, Kerrutt);
– secondo la ridetta pronuncia, quindi, l’art. 401 della direttiva, in combinato disposto con l’art. 135, par. 1, lett. i), della stessa, deve essere interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che siffatto ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari;
– inoltre, sempre secondo tal sentenza., l’art. 1, par. 2, prima frase, e l’art. 73 della direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una disposizione o a una prassi nazionale secondo cui, per la gestione di apparecchi per giochi d’azzardo con possibilità di vincita, l’importo dei proventi di cassa di tali apparecchi dopo che è trascorso un determinato periodo di tempo viene considerato come base imponibile;
– con l’ultimo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli 2697 e.e., 6, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, 10, terzo comma, l. n. 212 del 2000, e 8, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione al mancato riconoscimento, sia pure in via implicita, della sussistenza delle condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme impositive asseritamente violate, rilevante ai fini dell’esonero dalle sanzioni;
– il motivo è infondato, atteso che viene in rilievo il periodo successivo alla disposizione interpretativa del 2010, che ha sciolto ogni dubbio in proposito;
– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;
– in ordine al ricorso proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
– che va qualificato quale ricorso incidentale in ossequio al principio dell’unicità del processo di impugnazione contro la stessa sentenza – con l’unico motivo formulato si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli 1, commi 643 e ss., I. 23 dicembre 2014, n. 190, 3, d.lgs. n. 504 del 1998, e 46, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver la Commissione regionale dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione all’originaria impugnazione proposta dalla G.G. a seguito di regolarizzazione della posizione, benché il soggetto che raccoglieva le scommesse per suo conto non avesse aderito alla procedura;
– il motivo è fondato;
– l’art. 1, comma 643, l. n. 190 del 2014 dispone che «In attesa del riordino della materia dei giochi pubblici [ …] a decorrere dal 1° gennaio 2015 ai soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014, che comunque offrono scommesse con vincite in denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in considerazione del fatto che, in tale caso, il giocatore è l’offerente e che il contratto di gioco è pertanto perfezionato in Italia e conseguentemente regolato secondo la legislazione nazionale, è consentito regolarizzare la propria posizione alle seguenti condizioni:
a) non oltre il 31 gennaio 2016 i soggetti inoltrano all’Agenzia delle dogane e dei monopoli … una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione con la domanda di rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell’articolo 88 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, nonché di collegamento al totalizzatore nazionale, con il contestuale versamento mediante modello F24 della somma di euro 10.000, da compensare in sede di versamento anche solo della prima rata di cui alla lettera e); b) le domande sono sottoscritte dal titolare dell’esercizio ovvero del punto di raccolta che offre le scommesse di cui all’alinea …;
c) le domande recano altresì l’esplicito impegno di sottoscrizione presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, non oltre il 29 febbraio 2016, del disciplinare di raccolta delle scommesse …; d) l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, subito dopo la sottoscrizione del disciplinare di raccolta delle scommesse di cui alla lettera c), trasmette alla questura territorialmente competente le domande pervenute, nonché la documentazione allegata dal richiedE nte a comprova dei prescritti requisiti; e) la regolarizzazione fiscale si perfeziona con il versamento dell’imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, 504, e successive modificazioni, dovuta per i periodi d’imposta anteriori a quello del 2016 e per i quali non sia ancora scaduto il termine di decadenza per l’accertamento, determinata con le modalità previste dall’articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ridotta di un terzo e senza applicazione di sanzioni ed interessi, in due rate di pari importo che scadono, rispettivamente, il 31 marzo e il 30 novembre 2016; f) gli atti di accertamento e di irrogazione di sanzioni già notificati entro il 31 dicembre 2014 perdono effetto a condizione che l’imposta versata per la regolarizzazione, con riguardo al periodo d’imposta oggetto degli atti medesimi, non sia di importo inferiore a quello in essi indicato; g) con la presentazione della domanda al titolare dell’esercizio ovvero del punto di raccolta è riconosciuto il diritto, esclusivamente fino alla data di scadenza, nell’anno 2016, delle concessioni di Stato vigenti per la raccolta delle scommesse, di gestire analoga raccolta, anche per conto di uno degli attuali concessionari; h) il titolare dell’esercizio ovvero del punto di raccolta perde il diritto di cui alla lettera g) in caso di mancato rilascio del titolo abilitativo di cui all’articolo 88 del testo unico n. 773 del 1931 ovvero di mancato versamento anche di una sola delle rate di cui alla lettera e). Il provvedimento di diniego della licenza dispone la chiusura dell’esercizio; i) …»;
– tali disposizioni sono, dunque, dirette alla regolarizzazione, a decorrere dal 1° gennaio 2015, della posizione dei “soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014 che comunque offrono scommesse con vincite in denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli” (regolarizzazione da effettuarsi mediante la presentazione non oltre il 31 gennaio 2016 – termine così prorogato dalla legge 28 dicembre 2015 n. 208 art. 1, comma 926 – all’Agenzia delle dogane e dei monopoli di una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione, con successivo versamento del dovuto, nonché di una domanda di rilc1scio di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 88 del t.u. n. 773 del 1931 e di collegamento al totalizzatore nazionale con impegno alla sottoscrizione presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli del disciplinare di raccolta delle scommesse predisposto dall’Agenzia);
– in base alla lett. g) la presentazione della domanda conferisce al titolare dell’esercizio ovvero del punto di raccolta il diritto di gestire analoga raccolta, anche per conto di uno degli attuali concessionari esclusivamente fino alla data di scadenza nell’anno 2016 delle concessioni di Stato vigenti per la raccolta delle scommesse, mentre in base alla lett. h) del comma 643, il titolare dell’esercizio ovvero del punto di raccolta perde il diritto di cui alla lettera g) in caso di mancato rilascio del titolo abilitativo di cui all’articolo 88 del t.u. n. 773 del 1931 ovvero di mancato versamento anche di una sola delle rate di cui alla lettera e) con conseguente chiusura dell’esercizio;
– il comma 644 del medesimo 1 ha, poi, disciplinato la posizione dei “soggetti di cui al comma 643 che non aderiscono al regime di regolarizzazione di cui al medesimo comma 643” ovvero dei soggetti “che, pur avendo aderito a tale regime, ne sono decaduti”;
– riguardo a tali soggetti il comma 644, ferma “l’applicazione di quanto previsto dall’art. 4, comma 4-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 e successive modificazioni” (ossia le sanzioni penali previste per l’esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa), ha imposto una pluralità di obblighi e divieti (in materia di antiriciclaggio, di obblighi di identificazione, di oneri e rnsponsabilità in tema di privacy, di divieto di raccolta per eventi non inseriti nel palinsesto dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e di scommesse che consentono vincite superiori a euro 10.000, in tema di misure di contrasto alla ludopatia, );
– invero, il complesso delle disposizioni introdotte dai citati commi 643 e 644 dell’art. 1, l. n. 190 del 2014, nasce dall’esigenza di porre rimedio a un ampio contenzioso che si era in precedenza generato riguardo alla possibilità di operare in Italia da parte di primari bookmaker e gestori di case di gioco stabiliti in altri paesi dell’Unione che agivano nel mercato italiano tramite l’intermediazione di centri di trasmissione dati, che offrono i loro servizi in locali aperti al pubblico in cui mettono a disposizione degli scommettitori un percor so telematico che consente di accedere al server del bookmaker 1estero, al di fuori, dunque, del collegamento al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli;
– in questa materia la giurisprudenza dell’Unione europea ha chiarito (cfr. Corte Giust, 12 settembre 2013, Biasci) che “l’obiettivo attinente alla lotta contro la criminalità collegata ai giochi d’azzardo è idoneo a giustificare le restrizioni alle libertà fondamentali derivanti da tale normativa, purché tali restrizioni soddisfino il principio di proporzionalità e nella misura in cui i mezzi impiegati siano coerenti e sistematici“;
– la Corte di giustizia ha in tal modo legittimato il sistema della cd. doppia autorizzazione, affermando che gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato al fine di esercitare simili attività, rilevando in sostanza che l’obiettivo della lotta contro la criminalità collegata ai giochi d’azzardo è idoneo a giustificare quelle misure restrittive che soddisfino il principio di proporzionalità;
– ha, altresì, escluso l’obbligo dello Stato, nel cui territorio si intende svolgere l’attività di raccolta delle scommesse, di riconoscere i titoli concessori/autorizzatori rilasciati dallo Stato di stabilimento dell’operatore economico (non esistendo allo stato attuale un obbligo di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni rilasciate dai vari Stati membri), con la conseguenza per cui ”’il fatto che un operatore debba disporre sia di una concessione sia di un’autorizzazione di polizia per poter accedere al mercato di cui trattasi non è, in sé, sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito dal le9islatore nazionale, ossia quello della lotta alla criminalità collegata ai 9iochi d’azzardo”;
– questa impostazione – secondo la quale la disciplina dei giochi d’azzardo incide (anche) sulla materia dell’ordine pubblico, giustificando la vigenza del regime autorizzatorio previsto dagli artt. 86 e 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 – è stata ribadita recentemente dalla Corte costituzionale con la sentenza 27 del 2018;
– orbene, la complessa disciplina di cui al comma 643 dell’art. 1 non persegue l’obbiettivo, come sembra ritenere la società ricorrente, di introdurre nell’ordinamento una nuova ipotesi di condono o di sanatoria fiscale ma di regolarizzare e realizzare l’emersione di attività illecite perché possano proseguire come attività lecite;
– ciò emerge, in primo luogo, dallo stesso disposto del primo periodo della norma che prevede che la regolariizzazione è possibile “ai soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014”; non si tratta di una mera indicazione temporale per la collocazione del requisito della domanda ma della obbiettiva esigenza che il soggetto sia operativo e attivo a quella data; solo costui può beneficiare dell’emersione e, così, proseguire l’attività che diviene lecita;
– tale conclusione è poi avvalorata dall’intero dato normativo che specificamente prevede: la regolarizzazione fiscale per emersione deve essere accompagnata dalla domanda di rilascio del titolo abilitativo nonché di collegamento al totalizzatore nazionale, dall’esplicito impegno di sottoscrivere il disciplinare per la raccolta delle scommesse, dalla trasmissione della domanda alla questura (che rilascerà il titolo), corredata dei requisiti, dal riconoscimento, con la presentazione della domanda, della possibilità di raccogliere le scommesse, dalla perdita di tale diritto se non viene rilasciato il titolo o se viene negato il rilascio della licenza, condizione che comporta “la chiusura dell’esercizio” (il quale, quindi, deve essere in atto); inoltre, i soggetti regolarizzati sono annotati e possono procedere alla contabilizzazione anche se non ancora collegati; per coloro che non presentano domanda o sono decaduti valgono vari obblighi e divieti (limiti giochi e scommesse) e il titolare deve comunque comunicare i propri dati anagrafici e l’esistenza dell’attività e del suo avvio (a pena chiusura esercizio);
– né pare possibile scindere l’attività ciel titolare di rete da quella del centro di trasmissione dati in quanto ove tale centro non sia più attivo non può ritenersi esistente neppure il punto rete e, quindi, non vi alcuna attività idonea a proseguire ulteriormente in termini leciti;
– la regolarizzazione (e l’emersione), in altri termini, mira a consentire lo svolgimento per il futuro (sanando il passato) dell’attività: se l’attività è cessata (o, comunque, non vi è adesione a proseguire l’attività con modalità lecite) non ci può essere alcuna emersione;
– non si tratta, dunque, di sanare il passato in sé e per sé ma di far confluire nelle attività lecite quelle in atto che tali non sono; solamente in relazione a tale primaria esigenza, dunque, la procedura di emersione si accompagna ad una sanatoria (non un condono) degli illeciti fiscali;
– ciò vale anche – e necessariamente – per l’eventuale istanza del solo bookmaker: eliminare la responsabilità del bookmaker con riguardo alle posizioni di tutti i centri di trasmissiione dati non più attivi alla data del 30 dicembre 2014 comporterebb1 un ingiustificato esonero di responsabilità per attività di raccolta illecita di scommesse, comunque effettuata per conto del bookmaker stesso dal centro trasmissione dati non più operante;
– a fronte di ciò si pone l’ulteriore questione della validità e sufficienza della domanda che sia stata presentata dal solo bookmaker a fronte della mancata adesione del centro di trasmissione dati;
– ciò detto, appare necessario sottolineare, sul punto, che la procedura di emersione postula una varietà di condizioni, tutte da soddisfare, ossia che – oltre al pagamento delle somme previste – sia anche presentata contestualmente la domanda di rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 88 del t.u. n. 773 del 1931, poi trasmessa alla questura, la quale, dunque, deve riteirsi riferita al singolo centro di trasmissione dati; tra l’altro, se la licenza non viene chiesta o non è rilasciata è comminata la decadenza ed è impedita ogni regolarizzazione;
– è, poi, previsto il necessario collegamento al totalizzatore nazionale, restando consentita solo in via transitoria la possibilità di operare in sua assenza;
– se ne deve dedurre, quindi, che può ritenersi sufficiente la richiesta del bookmaker sempreché, alla data del 30 ottobre 2014, sia attivo il centro di trasmissione dati, l’istanza di emersione riguardi lo specifico centro in quanto incluso nella rete del bookmaker e siano state adempiute tutte le condizioni richieste (in ispecie, oltre al pagamento, la licenza di polizia del singolo centro di trasmissione dati e il collegamento al totalizzatore nazionale), dovendosi quindi ritenere necessaria anche l’adesione del singolo centro di trasmissione dati, quantomeno per gli adempimenti ad esso pertinenti;
– occorre sottolineare, infine, che ove il contribuente (sia esso il centro di trasmissione dati o il bookmaker) invochi il perfezionamento della procedura, incomberà sullo stesso provare – oltre alla corresponsione delle somme previste – che: 1) a quella data il centro di trasmissione dati era esistente; 2) (per il titolare di rete) il centro di trasmissione dati faceva parte della rete oggetto di ,emersione; 3) la domanda (del titolare di rete) riguardava anche il singolo specifico centro di trasmissione dati; 4) il rilascio della licenza di polizia al centro di trasmissione dati e il collegamento al totalizzatore nazionale;
– la sentenza va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, questa Corte può decidere nel merito, respingendo l’or iginario ricorso della G.G.;
– l’intervento in materia, in epoca successiva alla proposizione del ricorso, delle sentenze della Corte costituzionale (sentenza n. 27 del 2018) e della Corte di Giustizia (26 febbraio 2020, causa C-788/18), giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da G.A.; accoglie il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo del ricorso incidentale accolto e, decidendo nel merito, respinge l’originario ricorso della G.G.; compensa inte9ralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente G.A., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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