Corte di Cassazione sentenza n. 10295 depositata il 31 marzo 2022
riscossione – avviso di mora
Ritenuto in fatto
1. La Commissione tributaria regionale (CTR) della Liguria, con sentenza n. 309/12/10, depositata l’11.3.2014, rigettava l’appello proposto dalla società C. H. s.r.l. (oggi C.N. S.r.l.) e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso della contribuente avverso quattro avvisi di mora e due intimazioni di pagamento relativi a diversi tributi comunali. Con il ricorso la contribuente eccepiva la nullità della notifica degli atti impugnati e la non debenza delle somme richieste, in quanto frutto di una mera riproposizione di precedenti identici atti oggetto di impugnazione e, in subordine chiedeva la non applicazione delle sanzioni e degli interessi.
3. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
4. L’Agenzia delle entrate e EQUITALIA NORD s.p.a. hanno depositato controricorso.
5. Il Comune di Genova non si è costituito in giudizio.
6. In prossimità dell’udienza EQUITALIA NORD S.p.a. ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo C.N.. S.r.l. deduce, ex 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e, in particolare, della documentazione prodott a dalla ricorrente in sede di appello, nonché la nullità della sentenza per falsa applicazione degli artt. 57 e 58 d.lgs. n. 546 del 1992.
La contribuente lamenta che tale omissione era stata motivata dalla CTR con il fatto che aveva erroneamente ricompreso nella nozione di eccezioni in senso stretto, non proponibili in sede di appello per la prima volta ex art 57 d.lgs. n. 546 del 1992, i documenti prodotti (sentenze aventi valore di res iudicata tra le parti con le quali i chiesti tributi erano stati tutti in precedenza annullati) che, pertanto, non rientravano nella suindicata nozione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex 360, primo comma, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992.
La contribuente rileva che l’omesso esame della documentazione indicata nel motivo che precede aveva comportato la violazione del principio del ne bis in idem, in quanto gli atti prodromici relativi ai tributi indicati negli atti di riscossione impugnati, erano stati annullati con le sentenze della CTP n. 318/08/06 e della CTR di Genova n. 135/12/07 e n. 68/01/15.
3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ex 360, primo comma, n.3 c.p.c. la violazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 546 del 1992.
La contribuente denuncia che la CTR ha omesso di disporre la richiesta riunione al giudizio avente ad oggetto i medesi atti di mora e ingiunzioni di pagamento e che, peraltro, si era concluso in senso favorevole alla contribuente.
4. Con il quarto motivo viene dedotta, ex art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c. la nullità della sentenza per avere la CTR omesso di integrare il contraddittorio, quanto ai tributi dovuti a titolo di TARSU nei confronti del Comune di Santa Margherita Ligure, i nte territoriale a cui l’imposta era dovuta, ed aver, al contrario disposto la suddetta integrazione a favore del Comune di Genova estraneo al giudizio con conseguente violazione dell’art. 102 p.c.
5. In via preliminare deve essere rigettata l’eccezione di vizio della procura sollevata da EQUITALIA Nord p.a.
Diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, infatti, nel ricorso viene espressamente indicata nell’Avv. Fabrizio Di Maria la persona a cui è conferita la rappresentanza in giudizio (cfr. pag 14 del ricorso) e a cui è riferibile la firma, ritenuta erroneamente dalla controricorrente, non riferibile a I suindicato procuratore.
6. Nel merito, i primi due motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.
Parte ricorrente lamenta il presunto omesso esame della documentazione prodotta dinnanzi alla CTR e afferente a presunti intervenuti giudicati relativi ad atti identici a quelli oggetto del presente giudizio e, conseguentemente, la violazione degli artt. 57 e 58 d.lgs. 546 del 1992, nonché dell’art. 2909 c,,c. e dell’art. 324 c.p.c.
6.1 La censura è, in primo luogo, frutto di una errata lettura della sentenza
La CTR, nella parte in fatto, riporta, quale una delle censure proposte dalla contribuente avverso la sentenza di primo grado, il mancato esame dei giudicati relativi agli atti impugnati. Discende da tale affermazione che già nel corso del giudizio di primo grado la contribuente aveva depositato la documentazione sopra indicata.
Nella parte in diritto la CTR afferma che le è precluso l’esame di eccezioni nuove proposte per la prima volta in appello ex art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Dalla lettura complessiva della sentenza deve, quindi, ricavarsi che il divieto di cui all’art. 57 cit. affermato dalla CTR non può intendersi riferito al deposito delle sentenze, in quanto oggetto di specifica censura della sentenza di primo grado e, dunque, avvenuto in tale sede, non incontrando la deducibilità dell’intervenuto giudicato i limiti di cui agli artt. 57 e 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. n. 16675 del 29/07/2011 Rv. 618903 – 01).
6.2 In secondo luogo va, poi, rilevato che dalla lettura del ricorso solo i primi due giudicati indicati dalla ricorrente (CTP Genova n. 318/08/06 e CTR di Genova 135/12/07) e non il terzo (CTR n. 68/01/15), risultano astrattamente riferibili agli atti oggetto del presente giudizio (cfr. pag 9 del ricorso ove non vi è menzione della sentenza n. 68/01/15),
Il generico riferimento ai dedotti presunti giudicati trova, altresì, ragione nell’omessa allegazione degli stessi da parte del ricorrente e, dunque, nella totale assenza di elementi dai quali evincere la loro stessa esistenza.
Ed invero, se il giudicato esterno è rilevabile d’ufficio (ed anche per la prima volta nel giudizio di legittimità), è necessario che la parte che lo invoca produca copia autentica della sentenza, recante attestazione del passaggio in giudicato (Cass. n. 24067 del 10/11/2006 Rv. 593953 – 01), laddove, con riferimento al processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per analogia /egis, secondo la previsione dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, l’art. 124 disp. att. c.p.c., sicché è necessario che il segretario della commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata, che nei termini di legge non è stata proposta impugnazione.
7. Il terzo motivo non è fondato.
L’art. 29 del d.lgs. n. 546 del 1992 è finalizzata alla economia dei giudizi e a prevenire eventuali contrasti tra giudicati, secondo l’insegnamento degli artt. 273 e 274 c.p.c. In particolare, il comma 2 disciplina l’ipotesi di processi astrattamente soggetti alla riunione pendano innanzi a sezioni diverse della stessa Commissione purché i diversi ricorsi abbiano il medesimo oggetto o siano tra loro connessi. Nel caso in cui la riunione possa determinare un ritardo o rendere più gravosa la loro trattazione, il Collegio può, con ordinanza motivata, disporne la separazione (comma 3).
Questa Corte, con principio condiviso da! Collegio, ha affermato che «I provvedimenti che decidono sulla riunione o sulla separazione delle cause sono atti processuali di carattere meramente preparatorio, privi di contenuto decisorio sulla competenza, e, per altro verso, che la valutazione della opportunità della trattazione congiunta di più cause connesse è rimessa alla discrezionalità del giudice innanzi al quale i procedimenti sono pendenti, con la conseguenza che l’esercizio – o il mancato esercizio – di tale potere è insindacabile in fase di gravame» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24496 del 18/1.1/2014 Rv. 633216 – 01).
Nella fattispecie va, poi, rilevato che il richiamo all’art. 29 cit. deve ritenersi del tutto inconferente, tenuto conto che la richiesta di riunione era riferita a procedimenti conclusi con sentenze coperte da giudicato (CTP Genova n. 318/08/06 e CTR di Genova n. 135/12/07) e, dunque, in epoca antecedente al giudizio di appello di cui alla sentenza in tale sede impugnata (risultando l’atto di appello depositato il 10.6.2010).
8. Il quarto motivo non è fondato.
Le sezioni unite della Corte (Cass., Sez. U, n. 16412 del 25/07/2007 Rv. 598269 – 01)) hanno chiarito che «se l’azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria a mezzo dell’impugnazione dell’avviso di mora è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa; se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito. In ogni caso l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio“. In continuità con tale indirizzo questa Corte ha affermato che ” La contestazione della pretesa tributaria attuata mediante impugnazione dell’iscrizione ipotecaria conseguente ad una cartella di pagamento può essere svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore ed il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di “adiectus solutionis causa”, mentre se l’azione è proposta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, ha l’onere di chiamare in causa l’ente creditore, in quanto non ricorre nei motivi di litisconsorzio necessario, sicchè l’erronea individuazione del legittimato passivo non determina l’inammissibilità della domanda» (Cass. n. 97 del 08/01/2015 Rv. 634119 – 01).
In applicazione di tali principi la dedotta errata individuazione da parte della CTR del Comune di Genova, quale ente impositore, rispetto al Comune di Santa Margherita Ligure non ha comportato alcuna lesione del contraddittorio in ragione della inesistenza, nella fattispecie, di alcun litisconsorzio necessario tra l’ente territoriale e l’agente della riscossione.
9. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte
– Rigetta il ricorso
– Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese di legittimità che liquida, in favore dell’Agenzia delle entrate, in euro 5.000,00 oltre alle spese prenotate a debito e a favore della Equitalia Nord p.a. in complessivi euro 5.500,00 per compensi professionali e euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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