Corte di Cassazione sentenza n. 10296 depositata il 31 marzo 2022

imposta di registro – decreti ingiuntivi – crediti finanziari

Ritenuto in fatto

1. La J.   C. s.r.l., società operante nel settore della cartolarizzazione dei crediti, impugnava l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate avente ad oggetto l’applicazione dell’imposta di registro in relazione al decreto ingiuntivo emesso in suo favore e relativo a crediti da questa acquistati pro soluto. In particolare, la J.C. s.r.l. contestava la pretesa applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 3% a fronte di quella in misura fissa prevista dall’art. 40 del d.p.r. n. 131 del 1986 e della  nota  II dell’art 8 della Tariffa parte prima allegata a tale decreto, tenuto conto che la sua attività di impresa doveva essere qualificata quale attività di finanziamento soggetta a IVA, sebbene, nel caso di specie, esente ex art 10, comma primo, d.p.r. n. 633 del 1972.

2. La CTR, con sentenza  n  2678/44/15,  depositata  il  21/03/2016,  in riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva il ricorso della contribuente sul presupposto che le attività negoziali poste in essere da quest’ultima dovevano ritenersi avere natura finanziaria.

3. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico

4. La J.C. r.l. ha depositato controricorso.

5. Con ordinanza del 3.2020 veniva disposto il rinvio a nuovo ruolo della causa al fine di consentire alle parti il deposito di documenti attestanti l’eventuale definizione agevolata della lite intervenuta tra le medesime parti in analoghi giudizi.

6. Con istanza del 10.2020 la contribuente chiedeva la fissazione dell’udienza non avendo aderito alla suddetta definizione agevolata.

Considerato in diritto

1. L’Agenzia delle Entrate deduce, ex art 360, primo comma, n. 3 p.c., la violazione dell’art. 40 del d.p.r. n. 131 del 1986 e dell’art. 8, nota II della Tariffa del medesimo d.p.r.,, avendo la CTR erroneamente ritenuto rilevante l’operazione finanziaria posta a fondamento del decreto ingiuntivo.

Nella specie, infatti, la CTR aveva escluso la tassazione proporzionale in quanto il decreto ingiuntivo traeva ori1gine da crediti soggetti da IVA e relativi a prestazioni di servizi e cessioni di beni poste in essere dalla Casa di Cura V. Q. a favore della ASL Napoli 1, successivamente ceduti alla  società  di  Leasing e factoring “C. F. spa” e, infine, da quest’ultima alla contribuente.

La ricorrente, in particolare, rileva che le prestazioni originali sono diverse dalle obbligazioni di pagamento poste a fondamento del decreto ingiuntivo le quali, pertanto, dovevano essere sottoposte al pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale.

2. Il ricorso non è fondato.

La questione rimessa al Collegio attiene all’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa o proporzionale ai decreti ingiuntivi portanti crediti oggetto di contratto di factoring (nella  specie,  la controricorrente ha chiesto ed ottenuto più decreti ingiuntivi aventi ad oggetto crediti a lei ceduti da altra società in forza di un contratto di factoring).

La disciplina dell’imposta di registro, all’art. 37 del d.p.r. n. 131 del 1986, prevede che «gli atti de/l’autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere,    sono   soggetti    all’imposta    anche se  al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili (…) ». Per  quanto  riguarda      la misura      della tassazione,  i  provvedimenti dell’autorità    giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi che recano la condanna al pagamento  di somme o  valori, oppure  ad altre  prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura, sono ordinariamente soggetti all’imposta di registro in misura proporzionale, con aliquota del 3%, ai sensi dell’art. 8, primo comma, lett. b), Parte I della Tariffa allegata al d.p.r. n. 131 del 1986. Qualora i predetti atti dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad IVA, gli stessi, ai sensi dall’art. 40 del d.p.r. cit., sono soç1getti all’imposta di registro in misura fissa, anziché a quella proporzionale sopraindicata secondo quanto previsto dalla Nota II dell’art. 8 cit., la quale sancisce che «gli atti di cui al comma 1, lettera b) ( ….) non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico». Tale previsione risponde al principio di alternatività tra IVA e imposta di registro sancito dal richiamato art. 40, la cui ratio è quella di evitare che siano assoggettate all’imposta proporzionale di registro operazioni già colpite dall’IVA, disponendo in tal caso la prevalenza di quest’ultima rispetto all’imposta di registro.

Il principio di alternatività tra Iva e imposta di registro si applica anche alle operazioni di finanziamento le quali, ex art. 3, comma 2, n. 3 del d.p.r. n. 633 del 1972, sono qualificabilli come prestazioni di servizi, annoverando tra esse il legislatore «i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro soluto, di crediti, cambiali o assegni (…)». In quanto tali rientrano nel campo di applicazione dell’Iva, anche se sono soggette al particolare regime di esenzione  ai sensi  dell’art.  10, comma 1, n. 1),  dello stesso  d.p.r. n. 633 del 1972.

Consegue  da ciò che i decreti ingiuntivi  emessi a fronte del pagamento di crediti derivanti da operazioni di finanziamento, (soggette a IVA in regime di esenzione) devono essere registrati a tassa fissa (e non con aliquota proporzionale), in base al combinato disposto dell’art. 40 del d.p.r. n. 131 del 1986 e della nota II dell’art. 8 della Parte I della Tariffa (Cass. n. 3316 del 2004).

Questa Corte (Cass. n. 2809 del 2005) ha, poi, affermato, che risulta decisiva ai fini della tassazione la natura  del creditore  (ovvero della banca o società finanziaria), in quanto se quest’ultimo ha la qualità di soggetto  IVA e se  l’adempimento  reclamato è riconducibile  nell’ambito di una fattispecie  che  potenzialmente implichi  l’insorgenza  dell’obbligo di pagare l’IVA, come appunto si verifica per chi conceda un prestito (ai sensi degli artt. 3 e 6 del d.p.r. n. 633 del 1972), il provvedimento giudiziale in oggetto assume la consistenza di condanna ad un pagamento sottoposto all’IVA.

Così riportato il quadro  normativo  di  riferimento  va  osservato  che risulta non contestato che il credito originario era vantato dalla Casa di Cura V. Q. nei confronti della ASL 1 di Napoli; credito che successivamente veniva acquistato dalla C. F. s.p.a. e da questa poi ceduto alla odierna controricorrente J.C. s.r.l., società di cartolarizzazione dei crediti, ex legge n. 130 del 1999 (Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti).

Deve ulteriormente rilevarsi che i decn ti ingiuntivi emessi a favore della J.C. s.r.l. hanno ad oggetto i crediti da questa acquistati in forza del contratto di factoring stipulato con la C. F. s.p.a. avente ad oggetto rapporti commerciali su fattura (inerenti appalto tra Azienda Sanitaria Locale e l’originaria creditrice) assoggettati ad IVA.

Discende da tutto quanto sopra esposto che, diversamente da quanto ritenuto dell’Agenzia, nel caso di specie il rapporto tra la J.C. s.r.l. e la C. F. s.p.a. deve qualificarsi come di finanziamento e non come una mera cessione di crediti assumendo all’uopo rilievo, come affermato dalla stessa CTR, la natura della società odierna controricorrente e il fatto che il credito riportato nei decreti ingiuntivi trae origine da cessioni di beni e prestazioni di servizi che rientrano tra le operazioni soggette alla disciplina IVA, di talchè deve ribadirsi il principio secondo cui in tema di imposta di registro la registrazione del decreto ingiuntivo ottenuto dal creditore per il pagamento di somme assoggettate ad IVA fruisce, in base al principio dell’alternatività sancito dall’art. 40 ciel d.p.r. n. 131 del 1986, dell’applicazione dell’imposta in misura fissa.

In conclusione, il ricorso va respinto e confermata la sentenza impugnata.

3. Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio in ragione della novità della questione.

P.Q.M.

La Corte

  • Rigetta il ricorso
  • Spese compensate