Corte di Cassazione sentenza n. 10300 depositata il 31 marzo 2022

Contenzioso tributario – legittimazione ad agire – società estinta

rilevato che:

dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a E.I. di L.B. e S.R. s.n.c. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno 2007, aveva contestato un maggior reddito non dichiarato  ai fini Iva, Irap e Irpef; avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Ferrara; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale ha accolto  l’appello,  in particolare ha ritenuto che: la ragione della pretesa dell’amministrazione finanziaria consisteva nella contestazione del comportamento abusivo della società, ai sensi dell’art. 37bis, d.P.R. 600/1973, sicchè era necessario il rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, con conseguente configurabilità di un vizio di motivazione dell’avviso di accertamento e assorbimento delle ulteriori questioni;

avverso la pronuncia del giudice del gravame ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a quattro motivi di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a due motivi di censura, illustrato con successiva memoria;

considerato che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 75, cod. proc. civ., e dell’art. 2495, comma secondo, cod. proc. civ., per non avere rilevato l’inammissibilità dell’appello e del ricorso originario in quanto proposti dal legale rappresentante della società cessata e, quindi, in difetto della legittimazione processuale all’impugnazione dell’atto impositivo;

il motivo è fondato;

va evidenziato,  in primo luogo, che il  ricorso principale  è conforme al principio di autosufficienza, essendo chiaramente indicati i fatti sostanziali e processuali della controversia, consentendo a questa Corte di apprezzare i termini delle questioni prospettate;

risulta dal ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, che l’avviso di accertamento è stato emesso nei confronti della società Estex Immobiliare di L.B. e S.R. e C. s.n.c. e notificato  ai soci L.B.  e S.R. con la specifica precisazione che gli stessi erano individuati quali soci della società oramai cessata;

va quindi osservato che, dopo la riforma del diritto societario, all’estinzione della società,  di  persone  o di  capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese,  non  corrisponde  il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla  società estinta, ma si determina un fenomeno  di tipo successorio,  in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma  si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono,  nei  limiti  di  quanto riscosso a seguito della liquidazione  o illimitatamente, a seconda che,  pendente societate, fossero limitatamente  o illimitatamente responsabili  per i  debiti sociali (cfr. Cass., sez. un., 12 marzo 2013, n. 6070);

deve, pertanto, ritenersi valida  la  notifica  effettuata  nei  confronti dei soci dopo la estinzione a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, poichè, analogamente a quanto previsto dal D.P.R. 600 del  1973,  art.  65, comma  4,  per  il  caso  di  morte  del debitore e di notifica effettuata impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con  effetti valevoli  nei confronti degli eredi, essa trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della  citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei con fr ont i della  società  (Cass.  civ.,  n. 31037 del 2017);

sicchè, come si evince dal contenuto dell’avviso di accertamento, riprodotto  da parte ricorrente nel rispetto del principio di specificità, la pretesa è stata fatta valere direttamente nei confronti dei soci a titolo di successione nel debito societario in  considerazione  del chiaro riferimento alla circostanza che la pretesa era ad essi rivolta “nella qualità di socio della cessata  società”,  il che attiene proprio alla pretesa nei confronti dei soci in caso di cancellazione della società;

questa Corte ha quindi più volte precisato che la cancellazione dal registro  delle imprese  di una  società, a  partire dal momento in  cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio, in quanto la stessa è priva, oramai, della capacità di stare in giudizio, con la conseguenza che è ad essa preclusa la possibilità di proporre impugnazione (Cass. Sez. U., n. 6070/2013; (Cass. civ., n. 24853/2018; Cass. civ., n. 26196/2016);

in questo contesto, preme precisare, il precedente orientamento, espresso da questa corte con la pronuncia 17 dicembre 2013, n. 28187, è stato superato dalla più recente giurisprudenza, che ha precisato che non vi è spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato  e ciò proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. civ., n. 9329/2020; Cass. civ., n. 19142/16; v. anche Cass. civ., n. 2444/17, per l’inesistenza del ricorso proposto da  una  società  estinta),  atteso che l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam sin da prima che venisse instaurato il primo grado di giudizio  elimina  in radice ogni possibilità di prosecuzione dell’azione e comporta, a norma dell’art. 382, cod. proc. civ., l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione (Cass. civ., n. 4853 del 2015; Cass. civ., n. 21184 del 2014; Cass. civ., n. 22863 del 2011; Cass. civ., n. 14266 del 2006; Cass. civ., n. 2517 del 2000);

pertanto, la cancellazione  della società  dal registro delle imprese e la conseguente estinzione prima della notifica dell’avviso di accertamento e della instaurazione del giudizio di primo grado determina il difetto della sua capacità processuale ed il difetto di legittimazione a  rappresentarla  dell’ex  legale  rappresentante, sicchè l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam sin  da prima che venga instaurato il primo grado di giudizio, secondo giurisprudenza costante, esclude ogni possibilità di prosecuzione dell’azione limitatamente alla società; (Cass. n. 11046 del 2019; n. 4853 del 11/3/2015; Cass. n. 21188 del 8/10/2014; Cass. n. 22863 del 3/1.1/2011);

ne consegue l’inammissibilità del ricorso originario proposto dalla società nonché del controricorso incidentale proposto nel presente giudizio, e l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso proposti dalla ricorrente, con condanna della controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente 9iudizio, compensate quelle di merito;

si dà atto ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R.  n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della controricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbiti i restanti, dichiara  inammissibile il  ricorso  incidentale,  cassa la sentenza censurata e, decidendo nel merito, dichiara l’inammissibilità del ricorso originario;

compensa le spese di lite dei giudizi di merito, condanna la controricorrente incidentale al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano in complessive euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito;

dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della controricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.