Corte di Cassazione sentenza n. 10351 depositata il 31 marzo 2022

accertamento bancario – presunzioni – onere della prova

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza 117/01/12 del 21/06/2012 la Commissione tributaria regionale della Calabria (di seguito CTR) ha accolto parzialmente l’appello proposto da A. s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia  (di  seguito CTP) n. 132/01/10, la quale aveva respinto il ricorso di A. s.r.l. avverso tre avvisi di accertamento a fini IRPEG, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2001, 2002 e 2003.

1.1 Come si evince anche dalla sentenza della CTR, gli avvisi di accertamento erano stati emessi a seguito di accertamenti bancari, con conseguente determinazione in aumento del reddito d’impresa.

1.2 La CTR accoglieva parzialmente l’appello della società contribuente evidenziando che, nonostante le risultanze degli accertamenti bancari, il maggior reddito della società andava determinato, in applicazione dell’art. 53  ,  avuto  conto  della effettiva capacità reddituale della società, sulla base degli effettivi posti barca locati dalla società e del prezzo unitariamente percepito;

2. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a due

3. A. r.l. resisteva con controricorso, proponeva ricorso incidentale condizionato, affidato a sette motivi, e depositava memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.

4. Con ordinanza resa a seguito dell’udienza camerale del 17/12/2020 la causa veniva rinviata per la trattazione in pubblica

5. A. r.l. depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate deduce contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, proc. civ., in quanto i giudici di appello avrebbero dapprima ritenuto la sussistenza di redditi sottratti ad imposizione in applicazione della presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e, poi, avrebbero rideterminato il reddito quasi induttivamente ignorando le conclusioni precedentemente raggiunte, con ciò ovviando alle lacune istruttorie della società contribuente.

1.1 Con il secondo motivo di ricorso principale si contesta la violazione degli 2697 e 2729 cod. civ. nonché dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando, con riferimento alla medesima questione oggetto del precedente motivo, che sarebbe spettato alla società contribuente l’onere di provare che i versamenti e i prelievi sui conti correnti non siano imputabili a ricavi.

2. Il secondo motivo, il cui esame, involgendo una questione di diritto, ha natura pregiudiziale, è fondato e assorbente del primo

2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 fonda una presunzione relativa circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente, superabile attraverso la prova, da parte del contribuente, che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione  di  utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione {relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità» (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).

2.1.1.   È stato, altresì, evidenziato che «gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 e.e. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze»  (Cass. n.  13112 del 30/06/2020;  Cass. n.  10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017).

2.1.2 Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica  della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 4829 del 11/03/2015; Cass. n. 21303 del 18/09/2013).

2.2 Nel caso di specie, la CTR ha correttamente applicato la presunzione di maggiori ricavi prevista dall’art. 32 del P.R. n. 600 del 1973 per come risultante dagli accertamenti bancari espletati, ma, in parziale accoglimento di uno specifico motivo di ricorso del contribuente e tenendo conto, da un lato, del principio di capacità contributiva e, dall’altro, degli elementi indiziari acquisiti agli atti di causa, ha ritenuto che i maggiori ricavi debbano essere determinati nei limiti della somma di euro 20.160,00 annui, pari all’ammontare massimo delle quote versate per i posti barca nella disponibilità di A. s.r.l.

2.2.1 In buona sostanza, secondo la CTR la pedissequa applicazione della presunzione legale di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 troverebbe un limite nel principio di capacità  contributiva, sicché il contribuente non potrebbe rispondere al fisco se non nei limiti della  sua  effettiva  capacità  reddituale,  limite  specificamente individuato dalla CTR nel ricavo massimo che A. r.l. avrebbe potuto trarre dallo svolgimento della  propria  attività  di  gestione  dei posti barea.

2.3 Una simile interpretazione non è compatibile con l’orientamento giurisprudenziale consolidato che, in ragione della regola dell’inversione dell’onere della prova, dettata al fine di contrastare il fenomeno dei ricavi non dichiarati, pone a carico del contribuente la prova analitica e non indiziaria della circostanza che i versamenti risultino dalla contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati

2.3.1 Invero, la CTR finisce per contrapporre ad una presunzione legale una ulteriore presunzione semplice, concernente l’ammontare massimo dei ricavi percepibili attraverso l’attività esercitata, senza considerare la possibilità di ulteriori entrate da parte dell’impresa e, soprattutto, la mancata analitica giustificazione delle

2.3.2 In definitiva, la  presunzione  legale  posta  dall’art.  32  del d.P.R. n. 600 del 1973, favorendo l’emersione di redditi indebitamente sottratti al fisco, è data proprio al fine di attuare il principio di capacità contributiva che, quindi, del tutto erroneamente la CTR individua come limite applicativo della medesima disposizione.

2.4 Il secondo motivo va, dunque, accolto, con conseguente rimessione al giudice del rinvio per nuovo esame.

3. L’accoglimento del ricorso principale implica l’esame del ricorso incidentale condizionato che, diversamente da quanto evidenziato dal Procuratore Generale, è ammissibile, avuto conto della soccombenza solo parziale della società contribuente nel giudizio di

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale A. s.r.l. deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, evidenziando il difetto di motivazione degli avvisi di accertamento e del prodromico processo verbale di constatazione.

4.1 Il motivo è inammissibile.

4.2 La contestazione del difetto di motivazione degli avvisi di accertamento costituisce una violazione di legge che non può essere censurata ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ.

4.3 Inoltre, non sono stati nemmeno prodotti gli avvisi di accertamento, con conseguente palese difetto di specificità del

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, evidenziandosi che la CTR avrebbe ritenuto la legittimità di una verifica, successiva ad altra già effettuata, in difetto di specifica autorizzazione all’accesso e delle ragioni giustificative della

5.1 Il motivo è inammissibile.

5.2 La CTR ha accertato in fatto, con motivazione non apparente, la sussistenza dell’autorizzazione all’esecuzione della verifica e l’emersione di elementi utili alla sua

5.3 A fronte di un tale accertamento in fatto, il motivo proposto si rivela inammissibile, atteso che – come sottolineato con riferimento al motivo precedente – si censura una violazione di legge (l’assenza di autorizzazione alla verifica e la insussistenza di elementi idonei a supportare il nuovo accertamento) a mezzo la proposizione di un vizio di motivazione, senza tenere conto di quanto acclarato dalla

5.4 Inoltre, la società  contribuente  non trascrive  e allega  l’avviso di accertamento, sicché non è dato sapere in alcun modo  come  lo stesso sia stato motivato e se trattasi di accertamento  conseguente ad un precedente accertamento parziale ovvero  di  accertamento integrativo, con conseguente difetto di specificità del

6. Con il terzo motivo di ricorso incidentale si contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 32, primo comma, n. 6 bis e n. 7,  33,  38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché degli artt. 51, secondo comma, 6 bis, 52 e 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, evidenziandosi la assenza della produzione in atti dell’autorizzazione agli accertamenti bancari, autorizzazione di cui è fatta menzione nel processo verbale di constatazione.

6.1 Il motivo è infondato.

6.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi, non solo perché in relazione ad essa la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, ma anche in quanto la medesima, nonostante il “nomen iuris” adottato, esplica una funzione organizzativa, incidente solo nei rapporti tra uffici, ed ha natura di atto meramente preparatorio, con la conseguenza che non è qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali è previsto, rispettivamente, dall’art. 3, comma 1, della l. n. 241 del 1990 e dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000, un obbligo di motivazione» (Cass. n. 19564 del 24/07/2018; Cass. n. 14026 del 03/08/2012).

6.3 Ne consegue che è sufficiente l’esistenza dell’autorizzazione agli accertamenti bancari, di cui si dà atto nel processo verbale di constatazione, senza che sia necessaria la sua produzione, non dovendo il giudice, ai fini della validità dell’accertamento, verificare la motivazione della stessa.

7. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, della I. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., perché  la durata della verifica avrebbe superato i limiti previsti dalla legge.

7.1 Il motivo è inammissibile.

7.2 Non essendo stati allegati o trascritti né l’avviso di accertamento né il processo verbale di constatazione, non è possibile verificare la fondatezza delle doglianze di parte ricorrente, difettando il motivo della necessaria specificità.

8. Con il quinto motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistito dalla mancanza del presupposto impositivo relativamente all’anno d’imposta 2001.

8.1 Il motivo va disatteso.

8.2  CTR ha esposto con chiarezza le ragioni per le quali ha ritenuto che A. r.l. operasse  già  dall’anno  2001:  a)  l’esistenza di una lettera ai diportisti con la quale si evidenzia l’aumento della superficie demaniale in concessione a far data dal 2002; b)  il subingresso, in data 25/09/2001, ad altra società; c) l’esistenza di numerose operazioni effettuate nel 2001.

8.3 Trattasi di motivazione congrua, logica e niente affatto contraddittoria, fondata sull’esame della documentazione acquisita agli atti di causa, della quale la società contribuente tende ad offrire una diversa interpretazione, chiedendo al giudice di legittimità una inammissibile rivalutazione del merito della controversia.

8.4 Del resto, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).

9. Con il sesto motivo di ricorso A. s.r.l. deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione degli artt. 32, 33, 37. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R.  600 del 1973 e degli artt. 51, 52 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 sotto diversi profili e, in particolare: a) l’imputabilità  dei  conti  correnti bancari oggetto di verifica alla società; b) la violazione del diritto di difesa della società, in quanto non sarebbe stato consentito al legale rappresentante della stessa di esaminare compiutamente i conti correnti intestati a terzi e, quindi, di difendersi nel merito; c) l’inattendibilità dell’accertamento fondato unicamente sulle indagini bancarie; d) l’illegittima imputazione alla società delle operazioni di prelevamento e versamento, evidenziandosi la circostanza che il rilievo sia stato ritenuto assorbito dalla CTR e che non sia stata data alla contribuente la possibilità di difendersi; e) l’illegittima imputazione di operazioni per periodi antecedenti alla costituzione della società e successivi alla verifica; f) l’omesso riconoscimento dei costi relativi ai ricavi induttivamente accertati.

9.1 Il motivo va disatteso sotto tutti i profili.

9.2 Va prima di tutto evidenziato (profili sub a e c) che l’accertamento dell’Amministrazione finanziaria ben può essere fondato unicamente sulle indagini bancarie e, dunque, anche sui conti correnti di soggetti terzi che siano in qualche modo collegati alla società.

9.2.1 Nel caso di specie, oggetto di verifica sono i conti intestati ai soci o al marito del legale rappresentante pro tempore della società; tale intestazione soggettiva implica di per sé (in ragione del vincolo societario o di coniugio), una legittima presunzione  di riconducibilità dei conti ad A. s.r.l., con conseguente inversione dell’onere della prova.

9.2.2. Correttamente, dunque, la CTR ha posto sulla società contribuente l’onere di provare che le movimentazioni bancaria sui menzionati conti correnti intestati a terzi riguardino unicamente  i formali intestatari e non si riferiscano a fatti imponibili (Cass. n. 30098 del 21/11/2018; Cass. n. 15006 del 16/06/2017).

9.3 Sotto il profilo della violazione del diritto di difesa (profili sub be d), A. s.r.l. ha precisato che non si contesta la violazione del preventivo contraddittorio endoprocedimentale, sicché le censure si risolvono nella affermazione per la quale la documentazione relativa ai conti correnti di terzi non sarebbe sufficientemente chiara e comprensibile, sicché la società non sarebbe stata messa in grado di comprendere la natura delle rimesse, anche in ragione del ritenuto assorbimento della censura da parte della CTR.

9.3.1 In realtà, a fronte della indicazione di prelevamenti e versamenti sui conti correnti interessati, grava, come detto, sulla società contribuente l’onere di provare che gli stessi non riguardino fatti imponibili e ogni questione concernente la congruità e la completezza della documentazione prodotta dall’Amministrazione finanziaria attiene alla prova e, dunque, al merito della controversia, non risolvendosi in una violazione di legge rilevante in questa sede.

9.4 Con riferimento al profilo sub e), non si configura alcuna violazione di legge, atteso che la considerazione o meno di alcune rimesse tra i fatti imponibili costituisce questione di fatto.

9.5 Infine, per quanto concerne la mancata considerazione dei costi (profilo sub f), va detto che l’accertamento bancario non rientra nel novero degli accertamenti induttivi, ma in quello degli accertamenti analitici o analitico-presuntivi, sicché ai ricavi accertati non possono essere forfettariamente imputati relativi costi, che vanno specificamente dedotti e provati (Cass. 22868 del 29/09/2017).

10. Con il settimo motivo di ricorso incidentale si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo la CTR esaminato e pronunciato in ordine all’istanza istruttoria di acquisizione della documentazione bancaria su cui è fondato l’accertamento.

10.1 Il motivo è inammissibile.

10.2 L’omessa pronuncia su di una istanza istruttoria volta ad ottenere l’esibizione di documenti non può essere censurata in sede di legittimità, nemmeno con il  vizio  di motivazione  (cfr. Cass.    22196 del 29/10/2010).

11. In conclusione, va accolto il secondo motivo di  ricorso principale, assorbito il primo e rigettato il  ricorso  incidentale condizionato; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Calabria, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente

11.1 Poiché il ricorso incidentale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a  quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, dichiara assorbito il primo motivo di ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,

inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale del contributo unificato previsto per il ricorso incidentale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi dell’art 132, comma 3, cod. proc. civ.