Corte di Cassazione sentenza n. 10354 depositata il 31 marzo 2022

estinzione della società – legittimità processuale

Osserva

A seguito di una verifica fiscale eseguita nei confronti della società T.S. s.r.l. a socio unico” esercente l’attività di riparazione e sostituzione di pneumatici, cessata il 31.12.2005, l’Agenzia  delle Entrate notificava, in data 21.10.2008, al liquidatore della società, C. V., tre avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2003, 2004 e 2005 con cui accertava, per i predetti anni, maggiori imposte Ires, Irap e Iva, irrogando le conseguenti sanzioni.

C. V. impugnava gli atti impositivi “quale liquidatore nonché ultimo legale rappresentante” e “in proprio”.

La  Commissione  Tributaria  Provinciale  di  Bari,  previa   riunione rigettava il ricorso, compensando le spese processuali.

C.V. impugnava la decisione e la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n.29/10/12 depositata  il 26.3.2012, rigettava l’appello sul presupposto della legittimità degli accertamenti contestati come rilevato dai giudici  di  primo  grado  e della genericità dei motivi di appello; accoglieva l’appello incidentale dell’ufficio con riferimento  alla  compensazione  delle  spese processuali che poneva a carico del ricorrente. 

C. V. ricorre per la cassazione della sentenza, con otto motivi.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato.

Motivi delle decisione

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in  relazione  all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.,  la  violazione  e/o  falsa  applicazione dell’art. 2495 e.e.;  lamenta  che la CTR aveva ritenuto la legittimità degli avvisi di accertamento nonostante fossero stati notificati a una società che risultava cancellata dal registro delle imprese in epoca precedente l’emissione di tali atti.

2. con il terzo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 del D.lgs 546/1992  in relazione  all’art.  360, comma  1,  3 c.p.c..

Lamenta che la CTR aveva ritenuto la mancanza di specificità dei motivi di appello senza considerare la natura devolutiva dell’appello tributario

3. con il secondo, quarto, quinto sesto, settimo e ottavo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art.360, comma 1, n. 5 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il

Osserva  il  Collegio  come  sia  incontestato   che  la T.S. s.r.l. sia  stata  cancellata  dal  registro  delle  imprese  in  data 8.1.2006, mentre  gli avvisi  di accertamento  sono  stati notificati  in data 21.10.2008.

Come  è  stato  affermato   dalle   Sezioni   Unite  di  questa   Corte ( 4060/10; 4061/10; 4062/10) – la cancellazione della società  dal registro delle imprese ne determina ipso facto l’estinzione, avendo assunto la formalità della cancellazione a seguito della vicenda riformatrice la medesima efficacia costitutiva che per le società di capitali riveste la formalità dell’iscrizione, e ciò, con un significativo mutamento di rotta rispetto all’orientamento giurisprudenziale prevalente sino ad allora, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo.

Con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese questa Corte ha precisato che il “D.Lgs.  21 novembre  2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società  cancellate  dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.  c.,  comma  2  –  operante  nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica  esclusivamente  ai  casi  in  cui  la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente”  (Cass.  sez.  V,  6743/15,  7923/16, 8140/16; sez. VI-5, 15648/15, 19142/16, 11100/17).

Questa  Corte ha altresì ripetutamente  chiarito, con riferimento  sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società  di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima  della  notifica  dell’avviso  di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di  primo  grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c., della sentenza  impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia  declinatoria di merito” trattandosi di impugnazione “improponibile, poiché l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. V, 5736/16, 20252/15, 21188/14), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto” (Cass. sez. V, n. 4778/17, (arg. a contrario n. 4786/17), n. 2444/17; Cass. sez. Vl-5, n. 19142/16; v. anche, implicitamente, Cass. Sez. U., n. 3452/17, p.to 1.1; cfr. Cass. nn. 23029/17, 4853/15, 21188/14, 22863/11, 14266/06, 2517/00).

Le 55.UU. (6070/13; 6071/13;  6072/13)  hanno  invero ulteriormente chiarito che a seguito dell’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono – il che sacrificherebbe ingiustamente i diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono  ai soci, i quali ne rispondono  nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate. Ne discende che i soci peculiari successori della società, subentrano, altresì, nella legittimazione processuale facente capo all’ente – la cui estinzione è in parte equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art.110 c.p.c – in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovverosia a prescindere  dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (21188/14).

A seguito dell’estinzione della società e della conseguente perdita della capacità processuale nessuna persistente legittimazione può ravvisarsi in capo al liquidatore, poiché l’art. 2495, comma secondo, c.c. consente ai creditori sociali insoddisfatti di agire nei confronti del liquidatore solo “se il mancato pagamento è dipeso da questi“. Come precisato da questa Corte infatti “il liquidatore di una società estinta per cancellazione dal registro delle imprese può ben  essere destinatario di una autonoma azione  risarcitoria,  ma  non  della pretesa attinente al debito sociale“. (7676/12).

Il liquidatore C.V. sin dalla data della instaurazione del giudizio di primo grado non disponeva più di alcuna legittimazione processuale a rappresentare in giudizio le sorti  della  società trattandosi di pretesa attinente al debito sociale, e non già di un’autonoma azione risarcitoria, considerando che la posizione di quest’ultimo non è quella di successore processuale dell’ente estinto.

Il  ricorrente, inoltre,  non era nemmeno socio della società  sicchè lo stesso appare privo di legittimazione sostanziale in proprio e quindi privo di legittimazione ad causam.

Pronunciandosi sul ricorso, dunque, la sentenza deve essere cassata senza rinvio ex art. 382 c.p.c., perché la causa non poteva essere proposta in  primo grado, con assorbimento  della  trattazione del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate con il quale  si  fa valere il difetto di leittimazione sostanziale e  processuale  del ricorrente.

Le spese del giudizio di legittimità vanno dichiarate  irripetibili perché il ricorrente era privo  della  legittimazione ad agire  sin  dal primo grado e le spese di giudizio delle fasi di merito  vanno compensate  in ragione dell’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

Pronunciando sul ricorso cassa la sentenza  impugnata  senza rinvio ex art. 382 c.p.c., assorbita  la  trattazione  del  ricorso incidentale.

Spese del giudizio di legittimità irripetibili.

Spese del giudizio di merito compensate.