Corte di Cassazione sentenza n. 10357 depositata il 31 marzo 2022
giudicato esterno – applicazione a diversi periodi di imposta
FATTI DI CAUSA
1. La B.I. s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 27 settembre 2012, che, in accoglimento dell’appello erariale, ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva rettificato la dichiarazione resa dalla P.A.G.S. p.a., nelle more incorporata nella società ricorrente, ai fini dell’i.v.a. per l’anno 2003.
Dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tale atto era stata contestata alla contribuente, con riferimento alla prestazione di servizi di catering ai propri clienti finali, effettuate nell’ambito della più ampia attività di organizzazione di eventi, l’erronea applicazione dell’i.v.a. nella misura agevolata del 10%, anziché in quella ordinaria, sulla parte del corrispettivo fatturato eccedente il costo sostenuto dalla società per l’acquisto di tali servizi dal proprio fornitore (la A.B. s.c. a r.l.).
Per l’esattezza, si riferisce che l’atto impositivo muove dalla qualificazione della prestazione remunerata con la maggiorazione del 10% sul prezzo dei servizi di catering sostenuto quale prestazione accessoria a quella principale di organizzazione di eventi e conduce a ritenerla assoggettata all’aliquota ordinaria dell’i.v.a. prevista per tale ultima prestazione.
2. Il giudice di appello da’ atto che nelle more del giudizio di primo grado l’Amministrazione finanziaria aveva ridotto la sua pretesa, a seguito di accoglimento parziale dell’istanza di autotutela della contribuente, e che la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso di quest’ultima ritenendo che la maggiorazione del 10% del corrispettivo prestato all’A.B. s.c. a r.l. fosse uno sconto e non già un ricavo.
Ha, quindi, accolto il gravame erariale, evidenziando che tale maggiorazione costituiva un corrispettivo per la concessione ai propri clienti del diritto di utilizzare le strutture logistiche per l’evento e per l’onere organizzativo sostenuto.
- Il ricorso è affidato a tredici
- Resiste con controricorso l’Agenzia delle
- La ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 378 p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Occorre preliminarmente esaminare, per motivi di ordine logico giuridico, l’eccezione di giudicato esterno, sollevata dalla società contribuente nella memoria depositata, rappresentato dalle sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, 8434/46/14, depositata il 14 ottobre 2014, e della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 134/35/13, depositata il 22 ottobre 2013, entrambe passate in giudicato successivamente alla proposizione del ricorso in esame, le quali si sono pronunciate a seguito dell’impugnazione da parte della società di analoghi avvis di accertamento, notificati, con riferimento ad altri periodi di imposta (rispettivamente, 2005 e 2006), sulla base di medesimi presupposti impositivi.
Tali presupposti sono stati ravvisati dall’Ufficio, come rilevato in precedenza, nella esecuzione di prestazioni diverse e ulteriori rispetto a quelle aventi ad oggetto i servizi di catering, benché fatturate congiuntamente a quest’ultime, le quali avrebbero costituito prestazioni imponibili ai fini dell’i.v.a., ad aliquota ordinaria e non ridotta, come, invece, riconosciuto per la prestazione dei servizi di catering.
Con la richiamata decisione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, questo giudice, nell’esaminare l’oggetto del contratto in base al quale le prestazioni in oggetto sono state eseguite, ha escluso che questo prevedesse lo svolgimento di prestazioni diverse rispetto a quella della prestazione di servizi di catering e, dunque, non ravvisando l’esistenza della «diversa prestazione» che, secondo l’Ufficio, la contribuente avrebbe eseguito e della quale la maggiorazione del 10% rispetto al costo sostenuto per l’acquisizione dei servizi di catering forniti costituirebbe il corrispettivo.
Orbene, questa Corte, con sentenza n. 13916 resa, a Sezioni Unite, il 16 giugno 2006, ha affermato che qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.
Ha aggiunto che tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente.
In applicazione di tali principi è stato chiarito che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, opera nei (soli) casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (cfr. Cass. 13 dicembre 2018, n. 32254; Cass. 7 settembre 2018, n. 21824; Cass. 11 marzo 2015, n. 4832)
1.1 Una siffatta interpretazione della norma in tema di giudicato risulta coerente con il diritto dell’Unione europea, il quale non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne da cui deriva l’autorità di cosa giudicata di una decisione, con riguardo al medesimo tributo, in relazione ad un diverso periodo di imposta, nemmeno quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione, salvo le ipotesi, assolutamente eccezionali, di discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario ovvero di contrasto con una decisione definitiva della Commissione europea emessa prima della formazione del giudicato (cfr. Cass. 4 marzo 2021, n. 5939; Cass. 28 novembre 2019, 31084).
1.2 Ciò posto, si rileva che nel caso in esame il giudicato invocato ha, nella sostanza, accertato che la contribuente acquisiva i servizi di catering poi resi in favore dei propri clienti in virtù di un contratto con la fornitrice avente durata pluriennale, che tale contratto riconosceva uno sconto del 10% alla contribuente e che la maggiorazione del 10% praticato dalla contribuente sul costo di tali servizi costituisse una modalità per mantenere lo sconto contrattuale riconosciuto dalla fornitrice.
Tali elementi, estendendosi ad una pluralità di annualità, presentano carattere stabile, per cui può concludersi che ricorre in entrambi i giudizi il dato della invarianza nel tempo dei presupposti fattuali e giuridici ostativi all’applicazione della fattispecie impositiva invocata dall’Ufficio, necessario per l’operatività dell’effetto preclusivo del giudicato.
Pertanto, non venendo in rilievo ipotesi eccezionali di incompatibilità con il diritto comunitario che ne imporrebbero la disapplicazione da parte del giudice nazionale, deve ritenersi operante l’efficacia espansiva del giudicato esterno invocata dalla società contribuente quanto alla individuazione dell’oggetto delle prestazioni indicate nelle fatture in contestazione.
1.3 La fondatezza dell’eccezione di giudicato conduce a ritenere privi di rilevanza i motivi di ricorso proposti dalla società.
2. La sentenza va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, questa Corte può decidere nel merito, accogliendo l’originario
3. In considerazione dell’emersione del fatto decisivo per la definizione della controversia solo successivamente alla proposizione del ricorso appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero
P.Q.M.
la Corte, pronunciando sul ricorso principale, lo accoglie; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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