Corte di Cassazione sentenza n. 10774 depositata il 4 aprile 2022
azione revocatoria
FATTI DI CAUSA
E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ordinanza qui impugnata per revocazione questa Corte riteneva procedibile il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate in quanto “il ricorrente ha depositato, unitamente al ricorso notificato, anche la sentenza impugnata, facente parte integrante del ricorso e contrassegnata con il timbro della Corte di cassazione, ufficio depositi, in data 22 gennaio 2019”.
E’ noto che l’errore revocatorio consiste nella percezione, in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realtà documentale, in conseguenza della quale il giudice si sia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto o di una dichiarazione che, invece, incontrastabilmente non risulta dai documenti di causa (ex plurimis, Cass. 20 febbraio 2006, n. 3652; Cass. 11 aprile 2001, n. 5369); in particolare l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. – idoneo a costituire motivo di revocazione delle sentenze di Cassazione ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ. – deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; deve infine presentare i caratteri della evidenza ed obiettività (Cass. 28 febbraio 2007, n. 4640).
L’errore revocatorio deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero in una critica del ragionamento del giudice sul piano logico – giuridico (cfr. Cass. 29833 del 2017, in motivazione); si è, quindi, affermato che «in tema di revocazione delle sentenze della Cassazione, è inammissibile il ricorso al rimedio previsto dall’art. 391 bis cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui il dedotto errore riguardi norme giuridiche, atteso che la falsa percezione di queste, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell’ errar iuris”, sia nel caso di obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione)» (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29922 del 29/12/2011).
E’ nota poi anche quella giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14929 del 08/06/2018) l’inammissibilità della revocazione delle decisioni, anche della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., per errore di fatto, qualora lo stesso abbia costituito un punto controverso oggetto della decisione, ricorre solo ove su detto fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, in ragione della quale la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio: ne deriva che non costituisce un punto controverso oggetto di decisione quello rispetto al quale una parte si sia limitata a sollecitare l’esercizio di poteri di controllo officiosi da parte del giudice.
Ritiene in questo caso il Collegio che la questione concernente il deposito della sentenza munita di relata di notificazione da parte dell’Agenzia abbia qui costituito punto controverso sul quale questa Corte ebbe a pronunciare.
Il punto si può dire controverso quando sia, appunto, oggetto di controversia, ossia incerto e per questo dibattuto. È la contestazione di un fatto a renderlo incerto e a farlo divenire giustiziabile; il che comporta l’assoggettamento di esso al dibattito del processo.
Per sciogliere l’incertezza che deriva dalla contestazione proposta da una delle parti, il giudice deve quindi valutare la contestazione stessa stabilendo quindi se essa sia fondata, o no.
Perciò se vi è valutazione del contrasto tra le parti, non può esservi alcuna svista percettiva.
Nel caso in esame, la questione concernente l’esistenza della relata di notificazione della sentenza impugnata è stata oggetto di posizioni contrapposte e risulta quindi dibattuta e per conseguenza controversa. Ciò perché il contribuente, costituendosi con controricorso, contestò espressamente e chiaramente l’esistenza della relata di notificazione nel corpo della sentenza impugnata.
Risulta dagli atti di causa, quindi, che il profilo relativo all’improcedibilità del ricorso dell’Erario sia stato oggetto di eccezione specifica da parte del contribuente, qui ricorrente per revocazione.
Il sig. Canale ha infatti eccepito in controricorso l’improcedibilità in argomento alle pagg. 3 e 4 del proprio atto: si è quindi trattato della contestazione dell’esistenza di un fatto, ossia della negazione dell’esistenza della notificazione della sentenza impugnata, e non della mera sollecitazione di esercizio dei poteri officiosi della Corte per verificare ad esempio se la sentenza in corso di produzione fosse una copia semplice, oppure la stessa copia notificata dalla società.
La pronuncia di procedibilità che è poi conseguita all’esercizio di tale controllo officioso, ha avuto luogo allora non in mancanza di controversia sull’esistenza della relata sul corpo della sentenza ma al contrario si è manifestata proprio a fronte dell’introduzione da parte del controricorrente di una contestazione precisa sul punto.
In altri termini – come da ultimo si esprimono Cass., 2.4.2007, n. 8220, e Cass., 27.3.2007, n. 7469, ibidem – il fatto oggetto dell’errore o «svista» ha qui costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata ha statuito e come tale esso non dà luogo a errore revocatorio.
Inoltre, (Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 12/02/2013, n. 3494) l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., consiste come si è visto unicamente in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione: è allora inammissibile il ricorso per revocazione che suggerisca l’adozione di una soluzione giuridica diversa da quella adottata, come nella specie, relativa a declaratoria di improcedibilità pronunciata ex art. 369, n. 2, cod. proc. civ. per omesso deposito di copia della sentenza munita della relata di notifica.
In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione la configurabilità dell’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., 4, presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull’affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione, nonché posto a fondamento dell’argomentazione logico-giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità (Cass. 31 gennaio 2012, n. 1383). Nella specie – in cui l’ordinanza n. 22119 del 2020 di questa Corte ha accertato, che parte ricorrente, pur assumendo che la sentenza impugnata le era stata notificata, aveva depositato unicamente la copia di tale ultima pronunzia – parte ricorrente in questo giudizio di revocazione, ben lungi dall’assumere che l’affermazione in fatto contenuta nella sentenza revocanda quanto all’assenza, nel fascicolo di essa concludente, della copia a lei notificata della sentenza impugnata costituiva una erronea percezione della realtà non essendo stata detta sentenza con relata di notifica ritualmente e tempestivamente prodotta nel rispetto del precetto dell’art. 369 cod. proc. civ., si duole – in sostanza – al più della interpretazione dell’art. 369 cod. proc. civ. data dalla detta sentenza della quale chiede la revocazione.
È evidente – pertanto – che si è a fronte alla invocazione di quello che al più potrebbe essere forse un error in procedendo; la doglianza come tale non è prospettabile in sede di revocazione ex artt. 391 bis e 395 cod. proc. civ.
Il proposto ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso; liquida le spese in euro 2.800,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.