CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 10779 depositata il 21 aprile 2023
Tributi – Accertamento con adesione – Dichiarazione dei redditi – Reddito di impresa – Contabilizzazione dei contributi – Conto impianti – Regime di contabilità ordinaria – Rigetto del ricorso
Fatti di causa
1. D.P.P.O., nella qualità di titolare e legale rappresentante dell’omonima ditta individuale, mediante la quale esercitava attività agrituristica, dopo esito negativo di istanza di accertamento con adesione, impugnava innanzi alla CTP di Caltanissetta l’avviso di accertamento n. (Omissis), con cui l’Agenzia delle entrate-Ufficio di (Omissis) contestava un maggior reddito di impresa rispetto al dichiarato, in rettifica della dichiarazione dei redditi presentata per l’a.i. 2004, con riferimento alla concessione di un finanziamento per “promozione dell’adeguamento delle zone rurali-agriturismo”.
1.1. Per quanto in questa sede residualmente interessa, la medesima, come da ricorso introduttivo del giudizio (integralmente riprodotto nel ricorso per cassazione), lamentava che “i rilievi nasc(essero) dalla errata definizione ed interpretazione che l’Ufficio fa dei contributi percepiti dalla ricorrente per la ristrutturazione di un agriturismo. In sede di verifica, dal controllo contabile emergeva che per l’anno 2006 la parte aveva percepito euro 84.350,63 qualificabili, (…) a parere dell’ufficio, in contributi in conto capitale, per la realizzazione di un agriturismo, che non erano stati né contabilizzati né dichiarati, poiché ricondotti dalla ricorrente, come affermato in sede di verifica, (nella nozione di) contributi ‘in conto impiantì e non in conto capitale” (p. 3 del ricorso per cassazione).
2. La CTP accoglieva il ricorso.
3. Proponeva appello l’Ufficio, rilevando, come già in primo grado, la mancata contabilizzazione del contributo in dichiarazione alla stregua di sopravvenienza attiva, senza, inoltre, che la contribuente avesse dato “dimostrazione del metodo seguito per la contabilizzazione” (pg. 3 della sentenza in epigrafe e pg. 12 del ricorso per cassazione).
3.1. La CTR, con la sentenza in epigrafe, accoglieva il gravame, per l’effetto confermando la validità dell’avviso.
Osservava la CTR quanto segue:
– la controversia “scaturisce da una diversa “interpretazione” della natura del contributo”, come contributo in conto impianti, alla stregua di quanto preteso dalla contribuente, anziché come contributo in conto capitale, alla stregua di quanto invece preteso dall’amministrazione;
– la contribuente non ha dato dimostrazione del metodo seguito per la contabilizzazione del contributo;
– “a fronte delle precise e puntuali contestazioni dell’amministrazione finanziaria la parte contribuente si è limitata ad affermazioni labiali e generiche”;
– “(deve) prender(si) atto della mancata contestazione in giudizio delle argomentazioni poste da parte appellante a sostegno della propria domanda”.
4. Propone ricorso per cassazione la contribuente con due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, in persona del Sostituto Dott. A. C., deposita requisitoria in forma telematica addì 30 novembre 2022, con la quale insta per il rigetto del ricorso.
Insiste per l’accoglimento del ricorso la contribuente con memoria addì 9 dicembre 2022.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione della l. n. 413 del 1991, art. 5 e degli artt. 55 ed 88 Tuir.
1.1. La CTR, aderendo alle erronee prospettazioni dell’Agenzia delle entrate, non ha considerato il fatto pacifico tra le parti che la ricorrente soggiace alla disciplina prevista dalla l. n. 413 del 1991, art. 5. Da ciò consegue che il contributo in conto impianti ricevuto per la promozione e l’adeguamento delle zone rurali e delle attività agrituristiche, come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 2/E del 22/01/2010, richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio, è irrilevante ai fini della determinazione del reddito imponibile, che si calcola sulla base di una percentuale (pari al 25%) dei ricavi e non sulla base della deduzione analitica dei costi dai ricavi. Conseguentemente, a differenza di quanto si legge nella sentenza impugnata, il contributo percepito dalla ricorrente non costituisce affatto una sopravvenienza attiva tassabile nell’esercizio in cui è stato incassato ai sensi dell’art. 55, comma 3, lett. c), tuir.
2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e, in genere, dei principi in materia dell’onere della prova; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
2.1. L’accoglimento del primo motivo è assorbente ai fini dell’accoglimento dell’intero ricorso. Ad ogni modo, la sentenza impugnata fa altresì cattivo uso delle norme e dei principi in materia di non contestazione ex art. 115 c.p.c., nel testo modificato dalla l. n. 69 del 2009.
La CTR ha ritenuto generica la contestazione della ricorrente (di cui alle controdeduzioni in appello) “di non aver dimostrato il metodo seguito per la contabilizzazione dei contributi, e ciò – come affermato testualmente dall’allora appellata – “… dato che la parte ha sempre affermato che si trattava di contributi in conto impiant(i) non suscettibili di tassazione”, ove, all’evidenza, alla luce delle difese esplicate in primo ed in secondo grado, la qualificazione in conto impianti derivava e deriva dalla natura e funzione dei contributi (destinati ad un investimento specifico) e la loro non sottoposizione a tassazione dalla affermata (e non contestata) contabilità forfettaria semplificata”. Talché, da un lato, “la contestazione del contribuente non era affatto generica (donde la omessa considerazione del fatto dell’avvenuta contestazione, ai fini del numero 5 dell’art. 360 c.p.c.)”; dall’altro, “la CTR ha fatto, e per diverse ragioni, cattivo uso delle norme dei principi processuali di cui in rubrica (donde il richiamo dei motivi art. 360 c.p.c., n. 3 nonché, tuzioristicamente, del n. 4 (…))”.
3. Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per comunanza di censure, sono inammissibili e comunque manifestamente infondati.
3.1. A differenza di quanto affermasi in ricorso (p. 6: “(…) come è agevole evincere dal superiore ricorso di primo grado (…), veniva espressamente rimarcato dalla ricorrente che, atteso che si tratta di ‘azienda agrituristica con contabilità semplificata (…), essendo qualificabili (…) come ‘in conto impianti’, i contributi ‘de quibus’ sono irrilevanti”), e di quanto reiterasi nella memoria addì 9 dicembre 2022 (p. 3: “Diversamente da quanto ritenuto dal P.M., la circostanza è stata chiaramente dedotta, avendo la ricorrente affermato, in primo grado, che: ‘In definitiva la natura di contributo classificato in “conto impianti” nell’attività di agriturismo con contabilità semplificata forfetaria (ex l. 413/1991, art. 5 è irrilevante'”), non consta la ricorrente aver mai allegato, né in primo né in secondo grado, di essere assoggettata al regime semplificato di cui alla l. n. 413 del 1991, art. 5.
L’evocazione, nel ricorso introduttivo, della risoluzione n. 2/E del 22/01/2010, che, ad avviso della ricorrente, sarebbe stata sufficiente allo scopo, in realtà non lo è affatto. Invero, in detto ricorso, il richiamo alla risoluzione era meramente funzionale all’affermazione dell’aprioristica natura del contributo per cui è causa quale contributo in conto impianti. Per convincersene, sia sufficiente;
– non solo leggere il relativo passaggio, che – premesso essere l’accertamento volto a recuperare a tassazione la “tranche” dei contributi oggetto di giudizio quale reddito d’impresa “sub specie” di sopravvenienza attiva, imponibile ex art. 88 Tuir – così recita: “(…) i contributi percepiti non sono da qualificare quali contributi in conto capitale, ma contributi in conto impianti e pertanto non sono da tassare. Ciò è anche stato affermato dall’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 2/E del 22/01/2010, con la quale è stata fornita, da parte dell’A.E., una consulenza giuridica alle associazioni di categoria, interessate a capire se, da un punto di vista fiscale, i contributi regionali erogati ad aziende agrituristiche possano essere considerati contributi ‘in conto impiantì, o contributi ‘in conto capitale'”;
– ma altresì rilevare che, dopo tale passaggio, ne figura un altro, il quale, citato solo nella prima parte nella memoria di cui innanzi, invece, se letto per intero, è ancora più eloquente del precedente, recitando: “In definitiva la natura del contributo classificato ‘in conto impiantì nell’attività di agriturismo con contabilità semplificata forfetaria (ex l. 413/1991, art. 5) è irrilevante“. La memoria, nella citazione, si ferma qui, ma, come detto, il testo prosegue, subito in appresso soggiungendo: “Per le aziende agrituristiche che optano per la contabilità ordinaria sono rilevanti fiscalmente nel senso che le quote di ammortamento verranno calcolate sulla differenza tra il valore del bene acquistato ed il contributo ottenuto e non mai generano plusvalenze tassabili o sopravvenienze tassabili come invece vuole fare l’Ufficio” (cfr. pp. 4 e 5 del ricorso per cassazione).
Pertanto, non allegato e, “a fortiori”, non dimostrato, anche dinanzi a questa Suprema Corte, mediante idonei richiami ad atti e documenti dei giudizi di merito, da parte della ricorrente, di trovarsi in regime di contabilità forfetaria e di aver introdotto il “thema” nei giudizi di merito, la specificazione finale di cui al periodo da ultimo esaminato (“(…) come invece vuole fare l’Ufficio”) milita, al contrario, nel senso di dare per pacifico il regime di contabilità ordinaria, e non forfetaria, della medesima. Ciò che trova ulteriormente conferma nell’atto di controdeduzioni in appello, in cui “si ribadisce che i contributi (…) devono essere considerati contributi in conto impianti (… e) la conseguenza è che i contributi in conto impiant(i) non generano né sopravvenienze attive né ricavi, bensì rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono. Ciò significa che (… essi) non assumono più autonoma rilevanza ma devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene (…)” (p. 17 del ricorso per cassazione): disciplina, quella teste’ indicata, che la contribuente in appello non avrebbe avuto alcuna ragione di richiamare in caso di contabilità forfetaria, dove i costi non rilevano per definizione.
Un tanto vota “ex se” i motivi all’inammissibilità;
– sia in ragione della considerazione a termine della quale, nel regime di contabilità ordinaria, cui la contribuente ha implicitamente dedotto di appartenere, anche secondo la medesima, i contributi da essa (ma non dalla CTR) ritenuti in conto impianti soggiacciono a contabilizzazione, in quanto, come riconosciuto in ricorso, non fiscalmente irrilevanti (l’effetto di “sterilizzazione” derivando unicamente dal regime di contabilità forfetaria);
– sia, comunque, in ragione dell’inosservanza del costante insegnamento a termini del quale, “in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata” (come pacificamente è nel caso di specie, ove la sentenza impugnata non affronta minimamente la “quaestio” del regime fiscale della contribuente), “il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel ‘thema decidendum’ del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio” (Sez. 2, n. 20694 del 09/08/2018, Rv. 650009-01): oneri – quelli indicati – cui palesemente la contribuente in ricorso si sottrae.
3.2. In aggiunta a quanto precede, i motivi sono altresì inammissibili;
– entrambi, ed in particolare il primo, per non confrontarsi minimamente con l’effettiva “ratio decidendi” sottesa alla sentenza impugnata, che rimarca il dato in sé – non confutato, come subito si vedrà, in ricorso – dell'”omessa contabilizzazione”, essendosi la ricorrente, secondo la CTR, nonostante gli addebiti “puntual(i) e precis(i)” mossi dall’Agenzia delle entrate in ordine alla mancata “dimostrazione del metodo seguito per la contabilizzazione dei contributi percepiti”, “limitata ad affermazioni labiali e generiche”;
– il secondo;
– sia per essere formulato in maniera cumulativa, sul presupposto di una non prevista e non consentita attività suppletiva di questa Suprema Corte nell’individuare le singole censure ed attribuire loro un’autonoma consistenza argomentativa;
— sia per incorrere in difetto di autosufficienza, non rendendo conto (a dispetto della riproduzione pressoché integrale degli atti merito) da quale specifica affermazione – asseritamente contenuta dapprima “nell’ultimo capoverso della parte in diritto” dappoi, nel torno solo di qualche riga, in onnicomprensive “difese esplicate in primo ed in secondo grado” (cfr. p. 26, ultimo paragrafo, del ricorso per cassazione) – risulti l’allegata contestazione degli addebiti riguardanti la mancata contabilizzazione (ciò tanto più in quanto il pur richiamato ultimo paragrafo delle controdeduzioni in appello, di cui a p. 17 del ricorso per cassazione, non contiene altro – come osservato dalla CTR – che asserti autoreferenziali: “L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 2/E del 22/01/2010 (…) ha confermato che i contributi regionali (…) devono essere considerati contributi in conto impianti e, conseguentemente, sono sottoposti alla disciplina fiscale prevista per questi ultimi. Non risponde al vero quanto affermato dall’Ufficio alla pag. 4, ovvero che la parte non è stata in grado (…) di dimostrare il metodo seguito per la contabilizzazione, dato che la parte ha sempre affermato che si (trattava) di contributi in conto impianti non suscettibili di tassazione”);
– sia per non indicare, attraverso richiami puntuali ed autosufficienti, le evidenze istruttorie, versate in atti e pretesamente ignorate dalla CTR, documentanti i “fatti storici” – oltreché, “a priori”, dell’adesione alla contabilità forfetaria, su cui più sopra ci si è già intrattenuti – dell’effettiva contabilizzazione (con un minimo di indicazione di luoghi e poste) del contributo come contributo in conto impianti;
– sia per non allegare in cosa consista la dedotta violazione, da parte della CTR, delle regole che presiedono alla distribuzione degli oneri probatori, incombendo, invece, sulla contribuente l’onere di dimostrare il proprio regime contabile ed altresì la contabilizzazione del contributo quale contributo in conto impianti, viepiù al cospetto della qualificazione dello stesso in conto capitale di cui al bando, qualificazione immediatamente eccepita dall’Agenzia delle entrate con le controdeduzioni in primo grado (pp. 8 e 9 del ricorso per cassazione: “l’Ufficio (…) affermava che il bando pubblico, pubblicato sulla GURS n. 4 del 24 gennaio 2003, denominava come ‘in conto capitale’ il contributo in oggetto, mentre sarebbe onere del contribuente provare che si tratti di contributo ‘in conto impiantì”).
3.3. Fermo quanto precede, entrambi i motivi sono comunque manifestamente infondati.
3.3.1. Anche ammesso, in ipotesi (da disattendersi per quanto innanzi), che la ricorrente avesse allegato la natura forfetaria della propria contabilità, ciò nondimeno non le sarebbe comunque valso a giustificare l’omessa contabilizzazione in sé del contributo, con annessa necessaria evidenza, come correttamente rimarcato dalla CTR, del metodo all’uopo seguito e, quindi, “a priori”, della qualificazione del contributo (in conto impianti) dalla medesima ritenuta (per le ragioni che viepiù – a fronte dell’opposta qualificazione in conto capitale di cui al bando – avrebbe avuto l’onere, invece inadempiuto, di esplicitare in sede procedimentale ed in sede processuale).
3.3.2. Il regime di contabilità forfetaria è infatti neutro rispetto all’unica “quaestio” (ed in tal senso coglie perfettamente nel segno la sottolineatura contenuta nella parte introduttiva delle motivazioni in diritto di cui alla sentenza impugnata) dibattuta in causa, costituita dalla qualificazione del contributo in conto capitale od in conto impianti. Ciò equivale a dire che l’adesione a detto regime non legittima l’omessa contabilizzazione del contributo (con relativa scelta qualificatoria rimessa al contribuente, che se ne assume la responsabilità), né, “a fortiori”, nel caso di effettiva omessa contabilizzazione, comporta l’automatica qualificazione dello stesso come in conto impianti. Anzi, proprio la contabilizzazione del contributo vale ad esplicitarne la fiscale rilevanza (nel caso di contributo in conto capitale) od irrilevanza (nel caso di contributo in conto impianti), consentendo i successivi controlli.
3.3.3. La ragione di quanto precede è duplice.
In primo luogo, la differenza tra le due tipologie di contributo trova ragion d’essere esclusivamente nell’obiettiva finalizzazione delle erogazioni, da riguardarsi di per sé, a prescindere dall’assolvimento o meno (e dalle modalità di assolvimento) dell’obbligo di contabilizzazione da parte del contribuente, giacché – come affermato da costante giurisprudenza di legittimità, esattamente citata dalla CTR – “sono contributi in conto capitale, e, quindi, sopravvenienze attive, quelli erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario, senza che la loro concessione si correli all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali, mentre sono contributi in conto impianti, che confluiscono nel reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibile, quelli destinati all’acquisto di beni” (così da ultimo Sez. 5, n. 21438 del 27/07/2021, Rv. 662081-01);
In secondo luogo, anche le imprese agrituristiche in contabilità forfetaria hanno l’obbligo di trasparentemente contabilizzare i contributi che ricevono, distinguendo, in rigorosa applicazione di detta giurisprudenza, a seconda che si tratti di contributi in conto capitale ovvero in conto impianti, al fine di rendere esplicito il conseguente trattamento fiscale (neutrali essendo i soli contributi in conto impianti, che, afferenti in diminuzione ai costi, esulano “ex se” dalla base imponibile, determinata dalla somma dei ricavi moltiplicata per il coefficiente di redditività).
Detto obbligo discende dall’art. 2217 c.c., secondo cui tutti gli esercenti attività d’impresa – ivi compresi imprese individuali (come nella specie) ed imprenditori agricoli (cui, eventualmente, può ricondursi l’attività agrituristica ex art. 2135, comma 3, c.c., a misura che non la si ritenga “tout court” commerciale ex art. 2195, comma 1, n. 1, c.c.) – sono tenuti alla redazione (secondo criteri di ricostruibilità postuma) del bilancio. Le imprese individuali e le società di persone, sebbene esonerate dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa, e sebbene non vincolate alle specifiche regole di cui all’art. 2423 c.c., sono comunque tenute a predisporre stato patrimoniale e conto economico. Nell’uno o nell’altro, poi, trovano allocazione i contributi in conto capitale o in conto impianti, a seconda dei metodi prescelti.
3.3.4. Tirando le somme di quanto detto sin qui, nella specie, la ricorrente – a fronte di un’indicazione come in conto capitale del contributo percetto siccome riveniente dal bando, indicazione di per sé non vincolante, ma presuntiva della qualificazione del contributo dal punto di vista della P.A. erogante ed invece totalmente pretermessa in ricorso, anche soltanto in prospettiva confutatoria – non offre alcun elemento da cui inferire la “concreta” natura in conto impianti dello stesso, tra cui “anche”, ma non solo, le modalità della sua contabilizzazione, che, se correttamente seguite, avrebbero comunque reso evidenza delle vicende del bene in tesi finanziato, di cui invece nulla è allegato.
Donde non può la ricorrente – con mere asserzioni astratte, non ancorate ad alcun preciso elemento dell’attività d’impresa pretendere di giustificare “ex post”, sul presupposto della pretesa irrilevanza fiscale del contributo, qualificato apoditticamente (senza cioè render conto dell’osservanza dei superiori criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità) come in conto impianti, la sua totale mancata registrazione in contabilità.
4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna D.P.P.O. a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di lite nel grado, liquidate in euro 5.600, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima D.P.P.O., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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