Corte di Cassazione ordinanza n. 10886 depositata il 5 aprile 2022
operazioni inesistenti – IVA
Rilevato che:
1. Con sentenza 42/09/2012 depositata in data 11/1/2012 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pesca ra, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 198/3/08 della Commissione tributaria provinciale di Chieti, la quale a sua volta aveva accolto il ricorso della società Gian sante Auto S.r.l. avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA, II. DD., sanzioni e interessi 2004.
2. In particolare la contribuente, esercente l’attività di commercio di autoveicoli nuovi ed usati, era oggetto di accertamento, all’esito del quale venivano contestate operazioni soggettivamente inesistenti, con indebita deduzioni di costi ai fini delle Il. DD. e illegittima detra zione del tributo ai fini IVA, oltre al mancato rispetto del principio di competenza nella contabilizzazione del costo di acquisto di un autoveicolo.
3. Il giudice d’appello confermava la decisione del giudice di prime cure ritenendo, quanto al primo rilievo, di valorizzare la regolare contabilità della società e che le scarne indicazioni nel p.v.c. alla base delle riprese non dimostrassero in modo univoco la consapevolezza da parte della contribuente della frode carosello. Quanto alla seconda ripresa, riteneva che l’autovettura in questione fosse stata regolar mente contabilizzata tra le rimanenze 2004, con conseguente rituale immissione in contabilità nel medesimo anno.
4. Avverso tale decisione l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui replica la contribuente con controricorso, che illustra con memoria.
Ritenuto che:
5. In via preliminare, va esaminata e disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza ex 366 cod. proc. civ. sollevata in controricorso, dal momento che l’Agenzia sintetizza adeguatamente il fatto, gli snodi processuali, le difese delle parti, le parti della sentenza di appello oggetto di ricorso e le ragioni alla base delle censure, e riproduce i pertinenti passaggi della sentenza d’appello impugnata.
6. Con il primo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n.3 cod. civ. – l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.19 del d.P.R. n.633 del 1972, 2697 cod. civ. e 62 primo comma del d.lgs. n.546 del 1992, in relazione all’onere della prova richiesto in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.
Con il secondo motivo – ai sensi dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.19 del d.P.R. n.633 del 1972, 2697 cod. civ. e 62 primo comma del d.lgs. n.546 del 1992, in relazione all’onere della prova richiesto in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, sotto altro profilo, con riferimento all’elemento soggettivo in capo alla contribuente quanto alla frode carosello.
7. Le eccezioni di inammissibilità dei due motivi, sollevata dalla controricorrente, per decisione da parte della CTR in senso conforme alla giurisprudenza di legittimità vanno esaminate unitamente alla deliba zione delle censure.
8. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto con nessi, relativi al riparto e al contenuto dell’onere della prova in mate ria di operazioni soggettivamene inesistenti oltre che alle conseguenze della mancata applicazione del corretto canone, e sono fondati, nei termini che seguono.
9. Si premette che, allorquando siano contestate operazioni come soggettivamente inesistenti, esse nella loro materialità esistono sem pre e, piuttosto, il problema è che esse sono state rese al destinata rio, che le ha effettivamente ricevute, da un soggetto diverso da quel lo che ha effettuato la cessione o la prestazione rappresentata nella fattura (Cass. 5, Sentenza n. 20060 del 07/10/2015, Rv. 636663 – 01).
10. Inoltre, va reiterato che in tal caso l’Amministrazione finanziaria «ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.» (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
11. Nella fattispecie la motivazione della CTR innanzitutto non opera un chiaro riparto dell’onere della prova tra Agenzia e contribuente, nel senso di rimettere in capo all’Agenzia la dimostrazione dell’oggettiva fittizietà del fornitore e della consapevolezza o conoscibilità di tale condizione da parte del committente e, in capo al contribuente, la prova contraria secondo diligenza massima dell’operatore accorto. Inoltre, al fine della dimostrazione del primo aspetto, sulla base dei principi giurisprudenziali che precedono, il giudice d’appello erronea mente dà rilevanza ai dati formali della fatturazione, non essendo questi decisivi, come pure la regolarità dei pagamenti. Al contrario, la CTR non si confronta con altri elementi indiziari astrattamente rilevanti dedotti dall’Agenzia e indicati nel primo motivo di ricorso, ossia l’assenza di organizzazione commerciale da parte della società cedente, l’assenza di patrimonio aziendale, l’essere stati tenuti contatti con le ditte estere ai fini delle importazioni direttamente dalle società commerciali
12. A ciò si aggiunge, sotto il secondo profilo, che il contenuto della prova circa l’elemento soggettivo non è rispondente all’insegnamento giurisprudenziale sopra richiamato, in quanto la CTR astrattamente fa riferimento all’assenza di consapevolezza della contribuente che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, ma, in concreto, non si confronta con gli elementi oggettivi e specifici evidenziati dall’Agen zia, i medesimi di cui sopra si è già dato conto, al fine di valutare non solo se il contribuente fosse a conoscenza della frode, ma anche se avrebbe dovuto esserlo, e non solo usando l’ordinaria diligenza ma la massima esigibile in ragione della qualità professionale ricoperta, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.
13. Non spetta alla Corte la valutazione di tali elementi di prova, disamina riservata al giudice del merito in sede di rinvio. Alla luce di quanto precede logicamente non possono essere accolte le eccezioni di inammissibilità prospettate in controricorso, perché la decisione d’appello non è stata conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità.
14. L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo motivo, con il quale si prospetta anche il vizio motivazionale, sempre con riferimento alla valutazione logica degli elementi di prova addotti dall’Agenzia a sostegno dell’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate, come pure le eccezioni relative.
15. La decisione va dunque cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
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