CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 11339 depositata il 2 maggio 2023
Tributi – IRPEF – IRAP – IVA – Sottofatturazione – Accertamento sintetico – Reddito di lavoro autonomo – Principio di cassa – Accoglimento
Fatti di causa
Il geometra D.R.A. impugnò l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio di (…) aveva rideterminato il suo reddito per l’anno 2008, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, nonché dell’art. 38, commi 1 e 2, provvedendo al recupero di maggiore IRPEF, IRAP ed IVA; ciò in quanto, da informazioni assunte presso l’Agenzia del Territorio, nonché presso il Comune di (…), era emerso che il professionista aveva svolto, nell’anno 2008, un significativo numero di prestazioni professionali per pratiche catastali ed edilizie, incompatibili con l’esiguo reddito dichiarato, sicché poteva ritenersi che dette prestazioni non fossero state in parte fatturate, o che comunque erano state sottofatturate. La C.T.P. di Crotone accolse il ricorso con sentenza n. 421-2015, annullando l’avviso impugnato, ma la C.T.R. della Calabria accolse l’appello dell’Agenzia delle Entrate con sentenza del 9.1.2020, riformando la prima decisione e osservando, in particolare, che l’avviso impugnato appariva motivato in modo completo e sufficiente; che in tema di accertamento analitico-induttivo, l’Amministrazione può provare i fatti anche ricorrendo a presunzioni semplici, spettando al contribuente la prova contraria; che nella specie sussistevano una serie di indici concordanti ed univoci deponenti per una maggiore capacità contributiva del D.R. (rispetto a quanto dichiarato), quali in primo luogo il numero di pratiche a lui attribuibili, la mancata fatturazione in toto delle prestazioni catastali, nonché la sottofatturazione rispetto ai valori medi di tariffa professionale; che tutti detti elementi non erano stati adeguatamente valutati dalla C.T.P., che aveva basato la propria decisione su altri aspetti, quali l’intervenuta riforma del sistema tariffario, o il fatto che la competenza dei geometri in materia edilizia risulta limitata rispetto a quella propria degli architetti o degli ingegneri, il che non aveva “alcun rilievo nella fattispecie e (…) non compulsa(…) il contenuto dell’accertamento”.
D.R.A. ricorre ora per cassazione, affidandosi a formali sei motivi, illustrati da memoria. L’Agenzia delle Entrate ha depositato un “atto di costituzione”, al solo scopo di eventualmente partecipare alla discussione, come poi avvenuto. Il ricorrente ha chiesto la discussione orale in pubblica udienza, ai sensi del d.l. n. 137/2020 comma 8-bis. Il P.G. ha anche depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1.1 – Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione e/o errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la C.T.R. omesso di esaminare diversi motivi di ricorso che erano stati accolti dal giudice di primo grado, su cui il giudice d’appello – pur riformando la prima decisione – avrebbe dunque dovuto prendere posizione; in particolare, il contribuente aveva eccepito la carenza di motivazione dell’atto impugnato, ed aveva anche dedotto che, in relazione a molti incarichi espletati, aveva incassato, dichiarato e fatturato i compensi in anni diversi da quello accertato.
1.2 – Con il secondo motivo, in subordine, si denuncia la violazione e/o errata applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 7 della l. n. 241 del 1990, art. 3 nonché del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 42 e del d.p.r. n. 633 del 1972, art. 54 in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la C.T.R. rilevato il difetto di motivazione dell’atto impugnato, posto che i maggiori compensi asseritamente percepiti erano stati determinati in via presuntiva e basati sui prezzi medi di cui al tariffario vigente nel 2008, peraltro riferito ai compensi per ingegneri ed architetti e non a quelli per i geometri.
1.3 – Con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o errata applicazione del d.p.r. n. 917 del 1986, art. 54 in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la C.T.R. rilevato che ai fini IRPEF e IRAP, almeno in parte, i compensi contestati erano stati regolarmente fatturati all’atto del pagamento, in annualità precedenti o successive al 2008.
1.4 – Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o errata applicazione del d.p.r. n. 633 del 1972, artt. 21 comma 4, e 6 comma 3, in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la C.T.R. rilevato che anche ai fini IVA, almeno in parte, i compensi contestati erano stati regolarmente fatturati all’atto del pagamento, in annualità precedenti o successive al 2008.
1.5 – Con il quinto motivo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la C.T.R. esaminato il fatto che esso ricorrente aveva provato di aver regolarmente fatturato negli anni precedenti o successivi al 2008, la gran parte degli incarichi contestati.
1.6 – Con il sesto motivo, infine, si lamenta la violazione e/o errata applicazione del d.p.r. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, del D.Lgs. n. 447 del 1997, art. 11 del d.p.r. n. 633 del 1972, art. 54 nonché dell’art. 2729 c.c., in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la C.T.R. considerato che tutte le pratiche in contestazione erano state eseguite da esso ricorrente, benché molte comprendessero attività non espletabili da un geometra, trattandosi di attività riservate agli ingegneri o agli architetti.
2.1.1 – Il primo e il secondo motivo devono esaminarsi congiuntamente, perché connessi.
In proposito, deve anzitutto sgombrarsi il campo dalle doglianze inerenti al preteso difetto di motivazione dell’atto impositivo, come proposte con il primo (in parte) e con il secondo motivo; infatti, non sussiste in primo luogo alcuna omessa pronuncia, perché la C.T.R. ha affermato che “l’avviso di accertamento (…) appare motivato in maniera completa e sufficiente”.
Pertanto, potrebbe al più eventualmente discutersi circa la tenuta della motivazione della sentenza sul punto, perché non rispettosa del c.d. “minimo costituzionale” (v. Cass., sez. Un., n. 8053/2014) ma il contribuente non ha proposto il correlativo mezzo d’impugnazione, sicché – stante la natura vincolata del giudizio di legittimità – non può indugiarsi oltre al riguardo.
2.1.2 – La denunciata e correlativa violazione di norme di diritto è poi insussistente.
E’ stato infatti condivisibilmente affermato, al riguardo, che “In tema di accertamento delle imposte, il d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 comma 1, lett. d) consente l’accertamento induttivo del reddito, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile, in quanto confliggente con regole fondamentali di ragionevolezza, potendo il giudizio di non affidabilità della documentazione fiscale essere determinato dall’abnormità dell’espressione finale. Qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato l’accertamento sintetico sia specificando gli indici di ricchezza sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, il provvedimento di rettifica del reddito è di per sé legittimo, non essendo necessario che sia stato preceduto dal riscontro analitico della congruenza e della verosimiglianza dei singoli cespiti di reddito dichiarati dal contribuente” (Cass. n. 24532/2007).
Pertanto, ritiene la Corte che i profili deficitari denunciati dal ricorrente non attengano al profilo della motivazione dell’atto impositivo, ma alla illegittimità “di merito” dell’atto (ossia, alla sua pretesa infondatezza, che è questione ovviamente diversa, ed infatti investita dai restanti motivi), sicché la doglianza in esame è infondata.
2.2 – Le restanti censure poste dal primo motivo, con cui si lamenta l’omessa pronuncia sulle eccezioni già proposte col ricorso originario e riproposte in appello – quanto alla questione del principio di cassa e al correlativo obbligo di denuncia e di fatturazione gravante sul professionista – sono invece fondate.
In proposito, deve infatti osservarsi che il D.R. ha certamente sollevato la questione in primo grado e ha prodotto la relativa documentazione idonea – a suo dire – a comprovare l’assunto; tuttavia, la C.T.R. non l’ha minimamente presa in considerazione. Non è superfluo evidenziare, al riguardo, che la questione è certamente decisiva, perché se effettivamente l’incasso dei compensi inerenti ai contestati incarichi (quand’anche solo in parte) è effettivamente avvenuto in un anno diverso dal 2008, ciò non può non incidere sul reddito complessivo del contribuente, nonché sul suo volume d’affari, e sul valore netto della produzione, per lo stesso anno 2008. Infatti, è noto che “In materia d’imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi del d.p.r. n. 917 del 1986, art. 50 (attuale art. 54 comma 1; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione” (Cass. n. 24996/2022). Quanto all’IVA, poi, è altrettanto noto che, ai sensi del d.p.r. n. 633 del 1972, art. 6 comma 3, “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”.
Si impone, dunque, l’accoglimento in parte qua del primo motivo, occorrendo che il giudice del rinvio esamini la questione sollevata dal contribuente, effettuando l’accertamento pretermesso dalla C.T.R.
3.1 – Il terzo, quarto e quinto motivo – che investono la medesima questione, sotto diversi e concorrenti profili, benché logicamente subordinati rispetto al profilo teste’ ritenuto fondato – restano conseguentemente assorbiti.
4.1 – Il sesto motivo è infine inammissibile, per difetto di specificità.
Non è revocabile in dubbio che il geometra non possa svolgere le medesime attività dell’ingegnere o dell’architetto, stanti le note limitazioni funzionali della categoria (v., ex multis, Cass. n. 100/2021), sicché appare prima facie scorretto richiamare la tariffa relativa a tali ultime professionalità e applicarla alle attività svolte dal D.R..
Tuttavia, la C.T.R. – contrariamente a quanto assunto dal ricorrente – non ha affatto rigettato la relativa domanda in modo implicito o aspecifico, ma ha testualmente affermato che la questione non ha “alcun rilievo nella fattispecie e (…) non compulsa(…) il contenuto dell’accertamento”.
Anche in questo caso, si può discutere al più sul piano della tenuta motivazionale, perché la superiore affermazione appare effettivamente apodittica, ma una tale censura non è stata proposta dal contribuente. Ne’ l’affermazione stessa è stata efficacemente investita dal mezzo in esame, giacché in esso manca qualsiasi concreto collegamento con i reali accadimenti fattuali sottostanti: la censura, in altre parole, si muove sul crinale astratto della pretesa violazione di legge, il che necessita di una previa ricognizione della fattispecie, che tuttavia il ricorrente, a ben vedere, neanche prospetta, donde il riscontrato difetto di specificità.
5.1 – In definitiva, il primo motivo è accolto per quanto di ragione, il secondo motivo è rigettato, mentre il terzo, quarto e quinto motivo sono assorbiti, e il sesto è inammissibile. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, che procederà all’esame pretermesso e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo per quanto di ragione, rigetta il secondo motivo, dichiara assorbiti il terzo, quarto e quinto motivo, e dichiara inammissibile il sesto. Cassa in relazione, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.