Corte di Cassazione sentenza n. 11346 depositata il 10 maggio 2018

FIDEJUSSIONE – LIMITI – QUANTITATIVI – MORA DEL FIDEIUSSORE – OBBLIGO DI CORRISPONDERE GLI INTERESSI – MISURA – INTERESSI CONVENZIONALI PATTUITI DAL DEBITORE CON IL CREDITORE – APPLICABILITA’ AL FIDEIUSSORE IN MORA – ESCLUSIONE

FATTI DI CAUSA

1. – C.C., M., Ma. e V. proponevano appello contro la sentenza del Tribunale di Napoli con cui erano stati condannati al pagamento della somma di Euro 1.139.323,47, oltre interessi al tasso convenzionale. Era stato infatti emesso un decreto ingiuntivo nei confronti di F.F. per l’importo di Euro 3.500.000,00; la predetta aveva prestato fideiussione per l’esposizione debitoria della società Rimerson s.r.l., la quale, a sua volta, aveva intrattenuto dei rapporti di conto corrente con la Banca di Roma. Il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo e condannato i C., quali eredi di F.F., al pagamento della suindicata somma.

La Corte di appello di Napoli respingeva il gravame con sentenza pubblicata il 17 febbraio 2016.

2. – Contro questa sentenza C.C., M., Ma. e V. hanno proposto un ricorso per cassazione basato su due motivi. Resiste, con controricorso illustrato da memoria, doBank s.r.l., in rappresentanza di Arena NPL One s.r.l..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1224 c.c.. Deducono le ricorrenti che la pronuncia di condanna al pagamento degli interessi convenzionali era affetta da ultrapetizione, in quanto non era stata domandata la corresponsione di tali interessi. Rilevano, inoltre, che la pattuizione relativa a questi ultimi era intervenuta tra la debitrice principale e la banca: era quindi da ritenersi che la pattuizione medesima fosse produttiva di effetti solo tra tali soggetti.

Col secondo motivo le istanti deducono che in ragione dell’accoglimento della prima censura doveva essere escluso l’obbligo, da parte loro, di corrispondere l’importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

2. Deve anzitutto essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla controricorrente. Asserisce quest’ultima che il ricorso sarebbe carente di autosufficienza.

Va osservato, in contrario, che la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali i singoli motivi si fondino può comportare la declaratoria di inammissibilità del ricorso solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887): nella fattispecie l’indicata condizione non è sussistente.

E’ pure da escludere che la questione posta dal primo motivo abbia il carattere della novità: infatti i ricorrenti, con tale censura, hanno contestato la legittimità di un’affermazione contenuta nella sentenza impugnata.

Il ricorso, poi, nei termini che si vengono ad esporre, è fondato.

Il secondo motivo di appello, respinto dalla Corte di Napoli, aveva ad oggetto gli interessi di mora che erano maturati a carico della garante F. (i detti interessi sono stati applicati con decorrenza dal 30 luglio 1993, laddove, come ricordano i ricorrenti odierni, il decreto ingiuntivo nei confronti della detta F. era stato emesso poco prima: il 6 luglio 1993).

La Corte di merito ha affrontato la questione investita dalla suddetta censura ritenendo, nella sostanza, che il fideiussore in mora fosse tenuto a corrispondere gli interessi convenuti con riferimento al contratto garantito: sicché – a suo avviso doveva aversi riguardo alla intercorsa pattuizione dei nominati interessi da parte della debitrice principale e della creditrice. Ha quindi posto a fondamento della decisione che qui interessa il primo comma dell’art. 1224 c.c., secondo cui ove, prima della mora, siano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono da corrispondere nella stessa misura. Tale conclusione è stata sostenuta, in questa sede di legittimità, dalla banca controricorrente, la quale ha infatti richiamato il tasso convenzionalmente determinato nel contratto di conto corrente (e quindi l’interesse così come convenuto tra l’obbligata principale e la banca).

Si osserva, però, che nei confronti del fideiussore in mora nell’adempimento dell’obbligazione di garanzia non trova applicazione la norma di cui all’art. 1224 c.c., comma 1 secondo cui gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura, superiore a quella legale che sia stata convenzionalmente stabilita prima della mora, posto che la pattuizione degli interessi, essendo intervenuta fra il debitore principale e il creditore, è produttiva di effetti esclusivamente fra le parti stipulanti (Cass. 20 settembre 2002, n. 13758): in altri termini, il fideiussore che non adempie alla sua obbligazione di garanzia risponde del proprio ritardo e, con riferimento alla mora dello stesso, è inapplicabile la richiamata prescrizione normativa.

Se è vero, poi, che il fideiussore, entro i limiti dell’importo massimo garantito, ben può rispondere (salvo limitazioni derivanti dal contratto di fideiussione) del debito dell’obbligato per gli interessi convenzionali di mora (art. 1942 c.c.), è altrettanto vero che la pronuncia impugnata non si fonda sull’obbligazione assunta in tal senso dai garanti (i cui contorni non sono stati infatti esplicitati dalla Corte territoriale), ma attribuisce, piuttosto, alla banca creditrice il diritto di esigere, in ragione della mora dei fideiussori, l’interesse pattuito tra essa e la società correntista: il che, come si è detto, non è corretto.

Il secondo motivo rimane assorbito.

3. – La sentenza va pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Napoli anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui è pure devoluta la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.